Come monitorare in modo accurato e continuo le
particelle respirabili sospese nell’aria? Negli ambienti industriali sono presenti particelle di carbone,
polvere di silice e polveri da costruzione anche in presenza di carichi
pesanti, polveri di legno, tutte molto dannose per la salute dell’uomo,
ecco perché il monitoraggio polveri in ambiente di lavoro è basilare
Polveri dal
diametro di 10 micron sono inalabili, si depositano lungo
le vie respiratorie, quelle di diametro
2,5 micron sono addirittura respirabili, quindi possono penetrare nei
polmoni fino ad accumularsi nel sangue e raggiungere varie parti del nostro
organismo, è quindi necessario un monitoraggio
polveri efficace e accurato per poter prevenire conseguenze sulla salute umana
assai dannose.
In questo modo oltre a problemi di tipo respiratorio
possono verificarsi problemi anche in altri tessuti del corpo umano.
Oltre alle problematiche più urgenti legate alla
salute e alla sicurezza dei lavoratori,
si aggiungono i danni che l’accumulo di
polveri può causare al funzionamento delle
apparecchiature e delle macchine presenti in ambienti industriali,
provocando surriscaldamento, attriti, intasamento, depositi.
I campionamenti
manuali sporadici non bastano.
La tecnologia oggi ci consente di misurare la quantità di polveri presenti in un ambiente e dare immediata segnalazione qualora tale quantità superi quella consentita. Monitoraggio polveri in ambienti di lavoro.
AIR-XDè una
centralina compatta di nuova generazione che consente di ottenere informazioni
affidabili, continuative ed in tempo reale relative alla concentrazione totale
(TSP) delle polveri sottili nell’ambiente ed anche alla loro classificazione
dimensionale (PM).
AIR-XD è un contatore ottico di
particelle ad elevate prestazioni basato sulla tecnica rifrattometrica: è in grado di garantire un’accuratezza del
+/- 5%, raggiungibile solo in laboratorio, ma soprattutto è un sistema autonomo
con un’esigenza minima di manutenzione, dove ad esempio sono stati eliminati
componenti quali filtri e pompa (sostituiti da un sistema di convezione
naturale a portata autoregolata).
Display e tastiera a
bordo ne semplificano la programmazione; il sistema
funzionalmente autonomo fornisce la visualizzazione locale della concentrazione
e della tipologia delle polveri con uscite analogiche e digitali; inoltre un data-loggermemorizza analisi, eventi e diagnostica scaricabili su PC per
archiviazione o analisi di dettaglio a posteriori.
AIR-XD trova
applicazioni ideali nell’industria dei
metalli, in quella dei minerali e comunque ovunque ci siano polveri sottili
nell’aria ambiente dovute a trasporto, movimentazione o lavorazione.
emissioni, monitoraggio ambienti di lavoro, polverimetro, sicurezza
Nel 2020 si è registrato un abbassamento significativo delle emissioni di anidride carbonica, in buona parte però dovuto ai lockdown generali, la prima parte di una trasformazione digitalenel settore Oil&Gas
Chi opera in settori ad alto impatto ambientale, come l’Oil & Gas, sa bene che la produzione sostenibile passa attraverso lo sviluppo e l’impiego di tecnologie avanzate e non può prescindere da scelte strategiche coraggiose per avviarsi alla trasformazione digitale.
In base a uno studio pubblicato sulla
rivista Nature e condotto da un team internazionale di scienziati, nei primi sei mesi del 2020 le emissioni di
anidride carbonica mondiali sono calate dell’8,8%, che corrisponde a
circa 1,5 miliardi di tonnellate di anidride carbonica in meno rilasciate
nell’atmosfera.
Il mondo però si è rimesso in moto e
ridurre le emissioni nocive rimane obiettivo prioritario per il settore
produttivo, soprattutto per i comparti a maggior impatto ambientale.
L’evoluzione tecnologica degli
ultimi anni ha fornito un grande contributo ai processi produttivi e operativi
nel mondo dell’Oil & Gas. Oggi i
fornitori sono tenuti a rispondere alle nuove esigenze operative legate alle
sfide ambientali. In questo contesto opera anche Emerson, che propone ai clienti del settore
Oil&Gas una chiara visione degli scenari tecnologici più congeniali allo
sviluppo di una produttività altamente sostenibile.
L’Industrial Internet of Things sta attivamente accompagnando la trasformazione digitale degli impianti.
I protocolli
di comunicazione wireless,affidabili,
pervasivi e scalabili, permettono il monitoraggio
degli impianti e della produzione in tutti i suoi aspetti.
I dati raccolti, analizzati con piattaforme software che utilizzano modelli di
analisi sia di tipo fisico sia algoritmi di intelligenza artificiale,
restituiscono direttamente all’utente le informazioni utili nel momento in cui
sono più necessarie, facilitando e ottimizzando il lavoro di chi deve garantire l’efficienza e la produzione.
L’utilizzo delle ultime tecnologie in
termini di dispositivi mobili, dagli
smartphone edai tablet industriali
fino alle soluzioni indossabili di realtà aumentata, permettono una
interazione con gli impianti immediata, efficace come mai prima era stato
possibile.
I dispositivi
di realtà aumentata, inoltre, permettono la collaborazione diretta in audio
e video con gli specialisti, sia interni che esterni, garantendoci così il
pieno supporto mentre continuiamo ad operare a mani libere sul nostro impianto.
A complemento di tutte queste tecnologie
digitali, e con l’obiettivo di migliorare la produttività e la collaborazione grazie a un efficace collegamento
tra persone e tecnologie, Emerson ha lanciato la nuova piattaforma digitale
MyEmerson e i servizi di collaborazione da remoto Connected Services.
MyEmerson è una piattaforma digitaleche
migliora la collaborazione tra i reparti all’interno dell’intera organizzazione
e permette di connettersi in maniera rapida ed efficace, offrendo visibilità
delle informazioni critiche in modo da poter lavorare in modo più efficiente.
La varietà di strumenti inclusi in MyEmerson consente di progettare
rapidamente soluzioni, gestire software e risorse installate, collaborare con
esperti e ottimizzare i processi di approvvigionamento per ottenere
miglioramenti misurabili in termini di velocità e produttività.
MyEmerson, infine, grazie all’accesso immediato alla documentazione dei dispositivi, ai manuali
per le installazioni, agli elenchi dei pezzi di ricambio e ricambi consigliati,
aiuta il personale di impianto a svolgere il proprio lavoro in modo più rapido,
pianificare attività e manutenzioni, tenere sotto controllo e gestire al meglio
il ciclo di vita dei dispositivi.
Per quanto riguarda i Connected
Services,Emerson propone
soluzioni in grado di sfruttare tutti i vantaggi che la trasformazione digitale mette a disposizione, riducendo le tempistiche di intervento, sia per quanto riguarda le
attività di manutenzione periodiche, sia per quanto riguarda la gestione e
manutenzione ottimale degli asset di
processo e di sistema
Le applicazioni di Connected Services
targate Emerson sono già operative nel settore Oil&Gas, in particolare su
impianti offshore e raffinerie in Italia e in Europa.
Si tratta di sistemi di Rotating equipment, ovvero monitoraggio e analisi dati per la
predizione e la protezione dei dispositivi, sistemi di Static equipment, ovvero
monitoraggio da remoto per ridurre i rischi di corrosione ed erosione, Steam
System per il monitoraggio energetico e identificazione perdite, e Sistemi di
controllo, valvole e strumentazione di campo per il monitoraggio da remoto, gli
interventi di manutenzione e calibrazione, l’ottimizzazione e la gestione degli
allarmi
Quando si parla di transizione energetica e di idrogeno verde è bene guardare a Bassano del Grappa (Vicenza), dove si sta costruendo un pezzo di storia dell’idrogeno per uso riscaldamento.
Qui sorge infatti lo stabilimento di Baxi, delegato a livello corporate dal gruppo BDR Thermea (1,8 miliardi di fatturato annuo e 6200 dipendenti) a condurre attività di ricerca e sviluppo proprio sul vettore della transizione energetica.
Baxi punta sulla produzione a impatto zero e sulle
rinnovabili. Lo dimostra l’impianto
fotovoltaico ad alta efficienza di 6.000 metri quadri installato sul tetto
dello stabilimento, capace di generare 992 kW che permettono, a quella che va
considerata una green factory, di
ottenere il 100% dell’energia necessaria per produrre le circa 4.000 caldaie al
giorno.
Una parte di quell’energia è dedicata all’autoproduzione di idrogeno verde,
quello ottenuto dall’acqua tramite
elettrolisi.
Infatti, la società ha attrezzato un locale esterno dedicato ad accogliere le apparecchiature necessarie per il processo di elettrolisi per la trasformazione di energia elettrica in idrogeno. Da qui è nato il progetto presentato da BDR Thermea Group della prima caldaia domestica premiscelata certificata alimentata ad idrogeno, nel 2019- .
Sempre a Bassano del Grappa si testano i prototipi
funzionanti a idrogeno puro e a miscele con gas naturale. Non solo: «da poche
settimane si è affiancato un secondo impianto, che produce sempre idrogeno
verde. Debitamente stoccato nelle batterie di alimentazione, provvede a fornire
il combustibile per le caldaie in test nei nostri laboratori, ma anche a
soddisfare le esigenze di riscaldamento e di produzione di acqua calda dei
nostri uffici», afferma l’Ing. Alberto Favero, direttore generale di Baxi.
Idrogeno per
riscaldamento: è il momento giusto per crederci
Ma quali sono i fattori che hanno portato Baxi a puntare
sull’idrogeno? «Direi diversi e in varie fasi temporali.
Abbiamo interpretato da tempo alcuni trend di mercato internazionale,
decisamente forti in alcuni Paesi. Penso, per esempio, al Regno Unito, dove da
tempo si è cominciato a declinare il concetto di transizione energetica
guardando sì all’elettrico, ma anche al gas miscelato all’idrogeno», spiega lo
stesso Favero. A Leeds hanno avviato sin dal 2017 il progetto H21, finalizzato
a convertire all’uso di idrogeno la rete di riscaldamento cittadina.
Mentre in Italia? «Stiamo raccogliendo un crescente
interesse da varie multiutility, sempre
più convinte sia dall’agenda UE sia dai piani della Germania, che punta decisa
all’idrogeno con un piano che prevede investimenti per circa 50 miliardi per le tecnologie green, circa un quinto
dei quali dedicate all’idrogeno –
sottolinea lo stesso direttore generale Baxi – Inoltre, si sta facendo
sperimentazione anche sul versante dei trasporti».
Il mercato che si apre verso l’idrogeno per
riscaldamento è promettente. «Lo sarà ancor più se, però, in concomitanza, ci
sarà un’apertura in altri settori dove l’impiego dell’idrogeno diventa
un’opzione attraente. Penso, per esempio, al settore dei trasporti, su gomma e
su rotaia. Se si aprirà a un consumo massivo allora si apriranno opportunità di
mercato davvero importanti. L’ideale quindi è che si portino avanti più
progetti pilota in vari ambiti».
Idrogeno per il
riscaldamento: dalla caldaia premiscelata a quella 100% idrogeno
Come specifica il direttore
Ricerca & Sviluppo Antonio Sandro, la società del gruppo
BDR Thermea ha due progetti di cui uno pensato per il breve termine, ovvero
quella della caldaia premiscelata che prevede il blend idrogeno-gas naturale.
In questo caso può essere prevista una miscela anche
fino al 20%. «Il progetto di caldaia al 100% è pensato con un orizzonte più a
lungo termine, ma non così lontano: basandoci su Paesi target dove la
sperimentazione è già avanzata, lavoriamo per un prodotto compatibile con le
attuali tecnologie, ideale sia come installazione ex novo sia soprattutto in
caso di sostituzione dell’esistente.
L’obiettivo è fornire una soluzione che garantisca
efficienza energetica e attenzione alle emissioni».
Il fatto stesso che oggi non vi sia ancora idrogeno,
o comunque non in percentuali significative, non è un problema: la caldaia è
stata pensata per funzionare con gas naturale ma già hydrogen
ready, quindi pronta on demand quando ci saranno le condizioni di
disponibilità d’idrogeno in rete, sia miscelato sia puro.-
Dal punto di vista degli installatori cosa implica
la caldaia premiscelata a idrogeno? «A livello tecnico richiede le stesse
attenzioni di una caldaia tradizionale. È progettata con gli stessi livelli
elevati di sicurezza richiesti oggi dagli impianti a metano. In più prevede,
per esempio, la possibilità di taratura per l’impiego del gas puro o
premiscelato con idrogeno».
Idrogeno per
riscaldamento: orizzonte al 2025
In prospettiva, quando l’idrogeno farà il proprio
ingresso in maniera consistente nel comparto del riscaldamento? «Dipenderà da
nazione a nazione – risponde Favero –. In Paesi come Regno Unito e Paesi Bassi
ci sono già progetti pilota che, nell’arco di due anni, apriranno la via alla
possibilità di installare su più larga scala caldaie 100% idrogeno in edifici
residenziali. Nel complesso, è comunque possibile pensare all’installazione di
caldaie a idrogeno per tutti i nuovi impianti di caldaie a gas entro il 2025».
In effetti, Baxi Heating
UK ha chiesto al governo britannico
di autorizzare l’installazione di questo tipo di caldaie entro quell’anno.
Certo, tanto dipenderà
dalla possibilità di disporre di una significativa fornitura di idrogeno blu (o grigio), in attesa di
contare sull’idrogeno verde.
<<Oggi l’idrogeno
subisce l’effetto di scala: si parla molto di diverse “tonalità”, con
l’idrogeno verde in cima ai desiderata, tuttavia oggi questa tipologia di idrogeno
sconta un prezzo molto alto per la sua produzione, specie rispetto a quello blu
o grigio. L’importante però è cominciare: perché una volta che si coglieranno i
vantaggi – specie in termini di emissioni
ridotte o azzerate, ancor più nel caso del green
hydrogen – non ci saranno più paragoni, nemmeno con
l’energia elettrica, che sappiamo ancora prodotta in buona parte da
combustibili fossili. Inoltre, l’idrogeno gode di un vantaggio significativo:
una volta prodotto, è possibile stoccarlo. E poi può contare sulla possibilità
di essere veicolato tramite rete gas, già esistente e diffusa in maniera
estesa. È necessario, quindi, superare lo scoglio dei costi. Per questo,
ribadisco, è importante estendere la sperimentazione in altri contesti dove vi
siano consumi energetici significativi», conclude il direttore generale.>>
Stagni pieni di sale accumulano e immagazzinano energia solare per un ulteriore utilizzo a basse emissioni per diminuire sempre più l’impatto ambientale
L’industria chimica è alla costante ricerca di soluzioni che
permettano di generare energia senza impattare sull’ambiente, quindi a basse
emissioni.
Un esempio? L’introduzione del concetto di “Solar Pond”
(stagno solare), una tecnologia che utilizza uno stagno di acqua salata per catturare
l’energia solare e immagazzinarla per la conversione in energia termica,
che può essere utilizzata poi per riscaldare edifici o alimentare macchinari
per generare elettricità.
Come funziona? Impostando un gradiente di salinità verticale, con un’alta
concentrazione di sale nello strato inferiore, è possibile creare una zona non
convettiva all’interno dello stagno, che è alla base della sua capacità di
accumulo del calore. Il sistema può raggiungere
temperature di oltre 80 ° C nella parte inferiore e può intrappolare il calore
per un tempo piuttosto lungo, formando una sorta di accumulo di energia
naturale.
L’Unione europea ha obiettivi ambiziosi per affrontare il
cambiamento climatico.
Dovrebbero essere raggiunti
muovendosi verso un’economia a basse emissioni di
carbonio e riducendo al minimo le emissioni di gas a effetto serra.
Il raggiungimento dell’obiettivo
di riduzione dei gas a effetto serra dell’UE
dell’80-95% entro il 2050 significa che la nostra società dovrà rivoluzionare i
materiali, i processi di produzione e i servizi in tutti i settori.
Negli ultimi 30 annil’industria chimica dell’UE ha ridotto
le sue emissioni a gas a effetto serra di oltre il 60%. Usiamo sempre più fonti energetiche abasse emissioni di carbonio e
materie prime alternative per ridurle ulteriormente. Sviluppiamo anche
soluzioni che aiutano altri settori a migliorare
la loro efficienza
energetica.
Secondo la recente analisi di
Accenture sull’economia circolare, le
tecnologie abilitanti fornite dall’industria chimica possono
contribuire a raggiungere un aumento di 20 volte dell’efficienza
energetica da qui al 2030.
Anche se il potenziale è enorme, è
anche chiaro che la spesa in conto capitale richiesta sarà significativa, e un
futuro pulito e a basse emissioni di carbonio si baserà su una collaborazione
diffusa.
La nostra società ha imparato a generare energia da fonti rinnovabili come l’energia eolica e solare per produrre energia senza dare origine ad
emissioni di biossido di carbonio.
Ma l’energia eolica e solare non producono energia 24 ore su 24, quindi il
passo successivo è sviluppare e implementare tecnologie che potrebbero rendere
possibile lo stoccaggio a lungo termine
di tale energia.
Una soluzione potrebbe essere quella di utilizzare il concetto di stagno
solare sviluppato da Solvay. Lo
stagno è pieno di acqua e sale in modo tale che la radiazione del sole penetri
nello strato inferiore, e lo strato medio di sale lo tiene intrappolato lì. Il
fondo dello stagno è coperto da una serie di tubi di scambio di calore,
attraverso i quali l’acqua viene pompata per estrarre il calore. Il calore estratto può quindi essere utilizzato per
riscaldare edifici o per alimentare i motori per generare elettricità.
Solvay utilizza diversi stagni solari nelle sue strutture in Spagna da
diversi anni per ridurre il loro consumo energetico.
Green Deal è uno dei pilastri del mandato di Ursula von der Leyen: un piano europeo per il clima, che punta alla conversione economica, con l’obiettivo di rendere l’Europa “il primo continente a impatto climatico zero del mondo entro il 2050”, con un taglio delle emissioni del 50-55%
Si chiama “Green Deal” ed è il piano con il quale l’Europa punta a dare una direzione più
sostenibile alla propria economia.
È uno dei pilastri piantati dalla
presidente della Commissione Ursula
von der Leyen, che sin dal suo primo
discorso ufficiale ha posto l’obiettivo di rendere l’Europa “il primo continente a impatto climatico zero del mondo entro il
2050”, con un taglio delle emissioni del 50-55%.
I principi del Green Deal
L’impatto zero entro il 2050 è uno dei principi del Green Deal. Ce ne sono altri due: la crescita economica deve essere “dissociata dall’uso delle risorse” e “nessuna persona e nessun luogo” deve essere trascurato.
Per raggiungere i suoi obiettivi, il progetto punta a “trasformare le problematiche climatiche e le sfide ambientali in opportunità in tutti i settori politici, rendendo la transizione equa e inclusiva per tutti”.
Il piano intende “promuovere l’uso efficiente delle risorse passando a un’economia pulita e circolare” e “ripristinare la biodiversità e ridurre l’inquinamento”.
Fondi e risorse per il Green Deal
Il Green Deal prevede azioni concrete: investire in tecnologie rispettose
dell’ambiente, sostenere l’industria nell’innovazione, introdurre forme
di trasporto privato e pubblico più pulite, più
economiche e più sane, decarbonizzare il settore energetico, garantire una
maggiore efficienza energetica degli edifici, collaborare con i partner
internazionali per migliorare gli standard ambientali mondiali.
Il sostegno finanziario e tecnico arriverà dall’Ue, con l’obiettivo di sostenere le persone, le imprese e le regioni “più colpite dal passaggio all’economia verde”. In sostanza, le risorse pioveranno sulle zone più inquinanti, per spingerle a imboccare la strada verde senza incontrare un collasso economico.
È il cosiddetto “meccanismo per una transizione giusta”, che contribuirà a mobilitare almeno 100 miliardi di euro per il periodo 2021-2027. Quelli messi sul tavolo direttamente dall’Europa sono 7,5.
L’importo assegnato all’Italia dovrebbe essere poco oltre i 360 milioni. Che però lievitano a 1,3 miliardi grazie a un co-finanziamento nazionale e a 4,8 miliardi se si considera la stima delle risorse mobilitate.
Il ruolo di Banca Europea ed Horizon
Una serie di correttivi punta a
convogliare risorse verso attività green.
La Banca Europea per gli investimenti aumenterà la quota che riserva ai progetti sostenibili dal 25 al 50% del totale. Horizon, il più sostanzioso programma della Commissione per finanziare innovazione e ricerca, dal 2021 destinerà un terzo delle proprie risorse al sostegno degli sforzi messi in campo dagli Stati per raggiungere i propri obiettivi su clima e ambiente.
Tamara Murusidze, ingegnere responsabile della B.U. Analisi Liquidi del gruppo Tecnova HT, affermata società nell’automazione di processo, racconta l’azienda e le recenti novità
Tecnovanasce nel 1974 grazie a una intuizione
dei fratelli Cavalli, Antonio e Luciano. In quegli anni la società si occupa
della distribuzione in tutta Italia di prodotti specifici, tra i quali misuratori
di portata a turbina e PD
meters. Successivamente, nel 1994 Tecnova ha una nuova Direzione che, alla tradizionale
strumentazione da campo, affianca l’Integrazione di sistemi iniziando così a
realizzare centinaia di sistemi
analitici per fase gas e liquida, sia per le emissioni che per il processo.
Negli anni 2000 a Tecnova HT si aggiunge Tecnova Service, composta solo da
tecnici esperti per tutte le attività in campo, come manutenzione a chiamata
e a contratto, calibrazione e validazione della strumentazione e dei sistemi installati.
Nel 2010 il Gruppo Tecnova si
trasferisce nella sede di Pregnana Milanese. Nel 2019 un passo importante porta
a una joint venture paritetica con il Gruppo
Nanfen di Nanchino (Cina) per la commercializzazione e
la manutenzione del sistema CEMS Type Approved per applicazioni navali denominato S-Keeper 7, vero capolavoro
dell’ingegneria del gruppo.
Numeroso
sono le soluzioni e i servizi che Tecnova HT offre al settore farmaceutico e
delle biotecnologie.
La tecnologia rifrattometrica per
l’analisi della concentrazione nella produzione di API, per esempio,
ha riscosso grande successo da parte dei principali operatori di questo
settore.
Nella fase di downstream, ovvero di separazione
liquido-solido del principio attivo, viene utilizzata spesso la fotometria
NIR, così come nella fase successiva di purificazione del prodotto vengono
utilizzate fotometria UV, fotometria visiva, quindi
misure di assorbanza ottica.
Mentre la preparazione di resine e fluidi biocompatibili è tenuta sotto controllo in continuo
senza campionamenti e senza sprecare prodotto costoso grazie a viscosimetri supercompatti”.
La
divisione analisi liquidi processo, di cui si occupa in particolare
l’ing.Murusidze, è uno dei fiori all’occhiello di Tecnova HT. Si basa
infatti su strumentazione per l’analisi in continuo progettata da società monoprodotto, affermate a
livello mondiale, che investono molto nel campo della Ricerca e Sviluppo
proprio per migliorare le performance analitiche in termini di accuratezza e ripetibilità, ma anche
per semplificare l’installazione e la configurazione di ogni
singolo strumento, ovviamente tutto a vantaggio del cliente finale.
Tecnova HT offre dunque alla sua clientela la
possibilità di testare un’esperienza che va ben oltre la classica vendita, si
tratta infatti di un ciclo
completo di attività che va da un primo studio di fattibilità del
progetto, passando per il site survey,
arrivando quindi alla cura della strumentazione installata grazie al supporto
del partner di fiducia Tecnova Service.
Una tra le ultime interessanti applicazioni di problem solving effettuata
da Tecnova, riguarda una società chimica
di polimeri fluorurati per la quale è stato realizzato uno strumento per
la misura di concentrazione di
fluoro in fase gas. Si tratta di un’applicazione molto importante e
delicata poiché il fluoro è un gas
davvero molto tossico.
Impiegando un fotometro Optek Tecnova
ha risolto il problema al cliente con dei costi d’installazione e ownership veramenre
ridotti. La prima installazione è avvenuta nel 2017, ad oggi l’azienda
prosegue a equipaggiare numerose linee dello stabilimento con le proprie soluzioni,
consentendo così al cliente di avere il controllo di processo e ottimizzare in
continuo il processo produttivo.
La “personalizzazione” offerta da Tecnova HT nel
fornire specifiche soluzioni studiate apposta per specifiche esigenze dei
clienti, oltre ad avere la tecnologia giusta e le competenze, la rende un partner
affidabile e altamente performante.
Tecnovanasce nel 1974 grazie a una intuizione
dei fratelli Cavalli, Antonio e Luciano. In quegli anni la società si occupa
della distribuzione in tutta Italia di prodotti specifici, tra i quali misuratori
di portata a turbina e PD
meters. Successivamente, nel 1994 Tecnova ha una nuova Direzione che, alla tradizionale
strumentazione da campo, affianca l’Integrazione di sistemi iniziando così a
realizzare centinaia di sistemi
analitici per fase gas e liquida, sia per le emissioni che per il processo.
Negli anni 2000 a Tecnova HT si aggiunge Tecnova Service, composta solo da
tecnici esperti per tutte le attività in campo, come manutenzione a chiamata
e a contratto, calibrazione e validazione della strumentazione e dei sistemi installati.
Nel 2010 il Gruppo Tecnova si
trasferisce nella sede di Pregnana Milanese. Nel 2019 un passo importante porta
a una joint venture paritetica con il Gruppo
Nanfen di Nanchino (Cina) per la commercializzazione e
la manutenzione del sistema CEMS Type Approved per applicazioni navali denominato S-Keeper 7, vero capolavoro
dell’ingegneria del gruppo.
Numeroso
sono le soluzioni e i servizi che Tecnova HT offre al settore farmaceutico e
delle biotecnologie.
La tecnologia rifrattometrica per
l’analisi della concentrazione nella produzione di API, per esempio,
ha riscosso grande successo da parte dei principali operatori di questo
settore.
Nella fase di downstream, ovvero di separazione
liquido-solido del principio attivo, viene utilizzata spesso la fotometria
NIR, così come nella fase successiva di purificazione del prodotto vengono
utilizzate fotometria UV, fotometria visiva, quindi
misure di assorbanza ottica.
Mentre la preparazione di resine e fluidi biocompatibili è tenuta sotto controllo in continuo
senza campionamenti e senza sprecare prodotto costoso grazie a viscosimetri supercompatti”.
La
divisione analisi liquidi processo, di cui si occupa in particolare
l’ing.Murusidze, è uno dei fiori all’occhiello di Tecnova HT. Si basa
infatti su strumentazione per l’analisi in continuo progettata da società monoprodotto, affermate a
livello mondiale, che investono molto nel campo della Ricerca e Sviluppo
proprio per migliorare le performance analitiche in termini di accuratezza e ripetibilità, ma anche
per semplificare l’installazione e la configurazione di ogni
singolo strumento, ovviamente tutto a vantaggio del cliente finale.
Tecnova HT offre dunque alla sua clientela la
possibilità di testare un’esperienza che va ben oltre la classica vendita, si
tratta infatti di un ciclo
completo di attività che va da un primo studio di fattibilità del
progetto, passando per il site survey,
arrivando quindi alla cura della strumentazione installata grazie al supporto
del partner di fiducia Tecnova Service.
Una tra le ultime interessanti applicazioni di problem solving effettuata
da Tecnova, riguarda una società chimica
di polimeri fluorurati per la quale è stato realizzato uno strumento per
la misura di concentrazione di
fluoro in fase gas. Si tratta di un’applicazione molto importante e
delicata poiché il fluoro è un gas
davvero molto tossico.
Impiegando un fotometro Optek Tecnova
ha risolto il problema al cliente con dei costi d’installazione e ownership veramenre
ridotti. La prima installazione è avvenuta nel 2017, ad oggi l’azienda
prosegue a equipaggiare numerose linee dello stabilimento con le proprie soluzioni,
consentendo così al cliente di avere il controllo di processo e ottimizzare in
continuo il processo produttivo.
La “personalizzazione” offerta da Tecnova HT nel
fornire specifiche soluzioni studiate apposta per specifiche esigenze dei
clienti, oltre ad avere la tecnologia giusta e le competenze, la rende un partner
affidabile e altamente performante.