FEDERCHIMICA Responsible Care: il bilancio di sostenibilità dell’industria chimica in Italia

rapporo responsible care federchimica

Un’industria indispensabile e da lungo tempo orientata alla sostenibilità: è il ritratto che emerge dai dati del 26esimo Rapporto Responsible Care, il programma volontario mondiale che, per la Chimica in Italia, è curato da Federchimica

“Seppure in un clima di grave preoccupazione e incertezza, ritengo sia significativo condividere i risultati conseguiti dall’industria chimica in termini di sostenibilità – ha premesso Paolo Lamberti, Presidente di Federchimica.

“Anche quest’anno i dati sono molto positivi e incidono sulle prestazioni, già eccellenti, ottenute nella tutela di salute, sicurezza e ambiente; in tutti questi ambiti, e non solo, ci posizioniamo ai più alti livelli rispetto alla media manifatturiera”.

Secondo il Rapporto, l’industria chimica si conferma un comparto virtuoso nella sicurezza e nella salute dei dipendenti, con un bassissimo numero di infortuni e malattie professionali che, rispetto alle ore lavorate, sono diminuiti al ritmo medio annuo rispettivamente del 3,7% e del 5,4% dal 2010.

Sotto il profilo ambientale, il settore è già in linea con gli obiettivi dell’Unione europea sui cambiamenti climatici al 2020 e al 2030. Rispetto al 1990, ha ridotto i gas serra del 54% e l’efficienza energetica è migliorata del 49% rispetto al 2000. Le emissioni in atmosfera e gli effluenti negli scarichi idrici si sono drasticamente ridotti del 97% e del 77%.

L’industria chimica è fortemente impegnata nel perseguimento dell’economia circolare: lo testimonia, ad esempio, la quantità di rifiuti generati a parità di produzione, diminuita del 7,7% rispetto al 2017; il riciclo è tra le prime modalità di smaltimento (26,8% in netto aumento) e solo per il 4,8% si ricorre alla discarica.

“Il nostro impegno, comunque, non si ferma: l’industria chimica continua, oggi e in futuro, a investire in sostenibilità per confermarsi infrastruttura tecnologica a favore delle filiere a valle, senza penalizzare, anzi aumentando, la produttività”.

Nel lockdown di primavera l’industria chimica non ha fermato la produzione “a riprova – ha commentato Lamberti – di quanto i nostri prodotti siano essenziali e, in moltissimi casi, decisivi per affrontare la pandemia: forse, per la prima volta da molto tempo, tutti abbiamo compreso l’indispensabilità della Chimica per la salute anzitutto, ma anche per il benessere e la qualità della nostra vita.

“Questa nuova consapevolezza deve essere valorizzata con una politica industriale strutturata sul medio/lungo periodo, basata su ricerca, sviluppo e innovazione, che tuteli la competitività delle nostre imprese e di tutti i – tantissimi – settori manifatturieri che basano la proprie performance di prodotto sulla qualità innovativa della Chimica”.

“Lo sviluppo sostenibile, di cui l’industria chimica si dimostra pioniera nei fatti, si confermerà uno dei principali motori di innovazione e cambiamento del post-Covid: basti pensare alle politiche dell’Unione europea sul Green Deal oppure al Recovery Fund, che pone tra i requisiti degli stanziamenti la lotta ai cambiamenti climatici, l’economia circolare, la transizione verso forme di energia più pulite.

“Il 2021 e gli anni a venire – ha concluso Lamberti – sono difficili da immaginare oggi: la speranza è poter tornare al più presto a una solida ripresa economica, che possa anche dare una forte accelerazione verso lo sviluppo sostenibile e la digitalizzazione. Serve uno sforzo congiunto e un impegno continuo: l’industria chimica è pronta a fare la propria parte”.

Nel suo intervento conclusivo Franco Bettoni, Presidente INAIL, ha dichiarato: “L’Istituto crede fortemente nella validità della collaborazione con Federchimica”.

“Con la sottoscrizione dell’ultimo Protocollo d’intesa, siglato a dicembre 2019, gli impegni presi da INAIL e Federchimica risultano rafforzati attraverso la realizzazione, entro il 2022, di nuovi progetti di elevato interesse per le imprese chimiche per diffondere la cultura della prevenzione e della sicurezza in modo pervasivo.

Le attività dell’Istituto, nell’ambito dell’accordo, continueranno a puntare su una serie di elementi: analisi statistica; valorizzazione delle buone pratiche di comportamento affinché non vengano sottovalutati i rischi lavorativi; raccolta dei dati legati ai “quasi incidenti”; utilizzo delle nuove tecnologie per migliorare l’individuazione delle cause di pericolo e un rafforzamento delle iniziative di informazione e formazione”.

“Nella fase post-covid – ha concluso Bettoni – dobbiamo mettere in campo azioni qualificanti: accompagnare il lavoratore nei percorsi professionali, porre al centro della cultura aziendale la sicurezza dei lavoratori, rivitalizzare il dialogo sociale, incentivare una crescita economica rispettosa dell’ambiente e adottare efficaci strategie di prevenzione per contrastare gli infortuni sul lavoro”.

Sono intervenuti: Raffaele Cattaneo, Assessore all’Ambiente e Clima Regione Lombardia; Marco Falcinelli, Segretario Generale FILCTEM-CGIL; Filippo Servalli, Presidente Programma Responsible Care Federchimica.

MERCATI SOSTENIBILI: Green Deal europeo: cos’è e cosa prevede

Green Deal Europeo

Green Deal è uno dei pilastri del mandato di Ursula von der Leyen: un piano europeo per il clima, che punta alla conversione economica, con l’obiettivo di rendere l’Europa “il primo continente a impatto climatico zero del mondo entro il 2050”, con un taglio delle emissioni del 50-55%

Si chiama “Green Deal” ed è il piano con il quale l’Europa punta a dare una direzione più sostenibile alla propria economia.

È uno dei pilastri piantati dalla presidente della Commissione Ursula von der Leyen, che sin dal suo primo discorso ufficiale ha posto l’obiettivo di rendere l’Europa “il primo continente a impatto climatico zero del mondo entro il 2050”, con un taglio delle emissioni del 50-55%.

economia circolare

I principi del Green Deal

L’impatto zero entro il 2050 è uno dei principi del Green Deal. Ce ne sono altri due: la crescita economica deve essere “dissociata dall’uso delle risorse” e “nessuna persona e nessun luogo” deve essere trascurato.

Per raggiungere i suoi obiettivi, il progetto punta a “trasformare le problematiche climatiche e le sfide ambientali in opportunità in tutti i settori politici, rendendo la transizione equa e inclusiva per tutti”.

Il piano intende “promuovere l’uso efficiente delle risorse passando a un’economia pulita e circolare” e “ripristinare la biodiversità e ridurre l’inquinamento”.

Fondi e risorse per il Green Deal

Il Green Deal prevede azioni concrete: investire in tecnologie rispettose dell’ambiente, sostenere l’industria nell’innovazione, introdurre forme di trasporto privato e pubblico più pulite, più economiche e più sane, decarbonizzare il settore energetico, garantire una maggiore efficienza energetica degli edifici, collaborare con i partner internazionali per migliorare gli standard ambientali mondiali.

Il sostegno finanziario e tecnico arriverà dall’Ue, con l’obiettivo di sostenere le persone, le imprese e le regioni “più colpite dal passaggio all’economia verde”. In sostanza, le risorse pioveranno sulle zone più inquinanti, per spingerle a imboccare la strada verde senza incontrare un collasso economico. 

È il cosiddetto “meccanismo per una transizione giusta”, che contribuirà a mobilitare almeno 100 miliardi di euro per il periodo 2021-2027. Quelli messi sul tavolo direttamente dall’Europa sono 7,5. 

L’importo assegnato all’Italia dovrebbe essere poco oltre i 360 milioni. Che però lievitano a 1,3 miliardi grazie a un co-finanziamento nazionale e a 4,8 miliardi se si considera la stima delle risorse mobilitate. 

Il ruolo di Banca Europea ed Horizon

Una serie di correttivi punta a convogliare risorse verso attività green.

La Banca Europea per gli investimenti aumenterà la quota che riserva ai progetti sostenibili dal 25 al 50% del totale. Horizon, il più sostanzioso programma della Commissione per finanziare innovazione e ricerca, dal 2021 destinerà un terzo delle proprie risorse al sostegno degli sforzi messi in campo dagli Stati per raggiungere i propri obiettivi su clima e ambiente.  

Industria competitiva, digitale e sostenibile.

Ecco il piano d’azione dell’Europa.

Neutralità climatica, competitività globale e transizione digitale: sono i tre assi portanti della nuova strategia per l’industria europea. Il piano d’azione lanciato dalla Commissione Europea è anche un invito a tutti gli attori del mercato europeo (dalle grandi imprese alle PMI, dalle istituzioni al mondo accademico) a fare squadra per portare il nostro continente ad essere un sistema sempre più sostenibile e competitivo nei confronti dei mercati mondiali, anche alla luce di un contesto geopolitico spesso utilizzato per destabilizzare la competizione.

Una svolta da attuare attraverso soluzioni su misura piuttosto che modelli generici, per poter guidare il cambiamento e non doversi adattare.

Proprio per questo la Commissione Europea promette un nuovo approccio, impegnandosi a collaborare con le stesse realtà imprenditoriali e le parti sociali per affrontare da un nuovo punto di vista il tema della transizione industriale

In particolare, la nuova strategia industriale europea si concentra su tre priorità.

Mantenere la competitività mondiale dell’industria europea: porre le condizioni per far crescere le aziende, aumentare dimensione, impatto e integrazione del mercato unico, implementare continuamente il sistema mondiale di scambio.

Rispettare il Green Deal, con l’obiettivo di diventare entro il 2050 il primo continente climaticamente neutro: favorire la riduzione di emissioni di carbonio attraverso soluzioni clean e nuovi modelli di business

Plasmare il futuro digitale dell’Europa, seguendo il solco tracciato dalla Strategy on Shaping Europe’s Digital Future: aumentare gli investimenti per lo sviluppo tecnologico, in aree come Intelligenza Artificiale, 5G, data e metadata analytics.

Per raggiungere questi traguardi, il piano della Commissione Europea fissa alcune azioni future su cui concentrarsi:

  • Armonizzazione delle tasse e revisione delle norme sulla concorrenza
  • Libero accesso ai mercati globali
  • Decarbonizzazione delle industrie ad alta intensità energetica
  • Un Piano d’Azione per un’industria più pulita a ridotto impatto ambientale
  • Elaborazione di politiche favorevoli all’innovazione tecnologica
  • Riqualificazione delle competenze e sblocco degli investimenti pubblici e privati nella forza lavoro.
  • Condivisione delle risorse sul modello degli Ipcei (i grandi progetti comuni di interesse europeo).

Il Consiglio Europeo per l’Innovazione, che sarà avviato nel 2021, si servirà delle elevate competenze della ricerca europea, individuando le tecnologie di prossima generazione e accelerandone l’applicazione commerciale. Per la Commissione, la collaborazione tra istituzioni regionali, PMI e consumatori nella sperimentazione di strumenti innovativi è assolutamente da incoraggiare, sfruttando le competenze dei vari territori e le specializzazioni. In questo senso i Digital Innovation Hub (istituzione a cui, nella configurazione italiana, si avvicina di più il Competence Center), veri e propri “sportelli” per l’accesso delle aziende ai test tecnologici, sono una buona piattaforma su cui costruire.

Un “patto” per le competenze tecnologiche.

Per stare al passo con le innovazioni tecnologiche che il mondo dell’industria adotterà nei prossimi anni, la formazione sarà di fondamentale importanza per usufruire di una forza lavoro qualificata. L’apprendimento dovrà essere permanente visto che, solo nei prossimi cinque anni, 120 milioni di europei dovranno migliorare o riqualificare le proprie competenze.

In particolare per i lavoratori dell’industria le novità portate da Digitalizzazione, Automazione e Intelligenza Artificiale richiederanno un cambiamento senza precedenti nelle proprie competenze.

Attualmente in Europa, nota la Commissione Europea, vi sono già un milione di posti di lavoro vacanti per gli esperti di tecnologia digitale.

Allo stesso tempo, il 70% delle aziende dichiara di ritardare gli investimenti perché non riesce a trovare le persone con le giuste competenze.

Nella strategia industriale europea è previsto un “Patto per le Competenze” tra imprese, Stati membri e parti sociali per contribuire alla riqualificazione delle competenze e per sbloccare gli investimenti pubblici e privati nella forza lavoro. Il Patto si concentrerà sui settori ad alto potenziale di crescita per l’Europa o su quelli che stanno subendo il cambiamento più significativo.

Anche la European Education sosterrà questi sforzi.

Condivisione delle risorse: il modello degli Ipcei.

Per promuovere la competitività dell’industria, ricorda la Commissione nella sua Strategia Europea, servirà sfruttare i programmi comunitari di finanziamento, fondamentali per sostenere i progetti in un periodo in cui le casse pubbliche sono sotto pressione.

In questo contesto si ricorda l’importanza di strumenti come gli Ipcei (Importanti progetti di interesse comune europeo), veri e propri catalizzatori di investimenti. Si tratta di progetti su produzioni industriali innovative che coinvolgono più di uno Stato membro, cofinanziati dagli Stati stessi e dai fondi Ue, anche fino al 100% dell’investimento. Si tratta di un ottima modalità, conferma la Commissione, per mettere in comune le risorse finanziarie e agire rapidamente. Sulla base dell’esperienza acquisita con i recenti Ipcei, l’organo di governo europeo studierà il modo di combinare gli strumenti nazionali e comunitari per incentivare gli investimenti lungo la catena del valore. Proprio per sfruttare al meglio questo strumento, nel 2021 la Commissione metterà in atto una revisione delle norme in materia di aiuti di Stato per gli Ipcei, volta a chiarire le condizioni alle quali i progetti guidati dagli Stati membri possono avanzare in modo tempestivo e concorrenziale.

L’Europa e l’intelligenza artificiale, plasmare il futuro digitale dell’Europa.

La Commissione Europea presenta le strategie per i dati e l’intelligenza artificiale.

“La nostra società genera volumi impressionanti di dati industriali e pubblici che trasformeranno il nostro modo di produrre, consumare e vivere”, ha dichiarato il Commissario per il Mercato interno, Thierry Breton“Voglio che le imprese europee e le nostre numerosissime PMI abbiano accesso a questi dati e possano creare valore per gli europei, anche sviluppando applicazioni di intelligenza artificiale. L’Europa ha tutto ciò che serve per guidare la corsa ai ‘big data’ e per salvaguardare la propria sovranità tecnologica, la propria leadership industriale e la propria competitività economica a vantaggio dei consumatori europei”.

Nel libro bianco presentato, la Commissione propone un quadro per un’intelligenza artificiale affidabile, basata sull’eccellenza e sulla fiducia.

In partenariato con il settore pubblico e privato, l’obiettivo è mobilitare risorse lungo l’intera catena del valore e creare i giusti incentivi per accelerare la diffusione dell’IA, anche presso le piccole e medie imprese. Preziosa la collaborazione con gli Stati membri e la comunità scientifica, al fine di attirare e trattenere i talenti.

I sistemi di IA possono essere complessi e comportare rischi significativi in determinati contesti, pertanto è essenziale rafforzare la fiducia. Sono necessarie norme chiare per regolamentare i sistemi di IA ad alto rischio senza imporre eccessivi oneri a quelli meno rischiosi. Continuano inoltre ad applicarsi le norme rigorose dell’UE per proteggere i consumatori, far fronte alle pratiche commerciali sleali e proteggere i dati personali e la privacy.

Per i casi ad alto rischio, quali quelli che riguardano la salute, le attività di polizia o i trasporti, i sistemi di IA dovrebbero essere trasparenti, tracciabili e garantire che vi sia una sorveglianza umana. Le autorità dovrebbero poter effettuare verifiche sui dati usati dagli algoritmi e certificarli, così come accade per i cosmetici, le automobili o i giocattoli. Sono necessari dati privi di distorsioni per addestrare i sistemi ad alto rischio a funzionare correttamente, oltre che per garantire il rispetto dei diritti fondamentali, in particolare la non discriminazione. Oggi l’uso del riconoscimento facciale per l’identificazione biometrica remota è in genere vietato e può essere utilizzato solo in casi eccezionali, debitamente giustificati e proporzionati, subordinati a misure di salvaguardia e basati sulla legislazione dell’UE o nazionale; la Commissione intende tuttavia avviare un ampio dibattito in merito alle circostanze che potrebbero eventualmente giustificare tali eccezioni.

Per le applicazioni di IA che presentano un rischio più limitato, la Commissione ipotizza un sistema di etichettatura su base volontaria, a condizione che vengano applicati gli standard più elevati.

Il mercato europeo accoglie tutte le applicazioni di IA, purché siano conformi alle norme dell’UE.

L’Europa e l’economia dei dati

La quantità di dati generati dagli operatori economici e dagli organismi pubblici è in costante aumento. La prossima ondata di dati industriali trasformerà profondamente il modo in cui produciamo, consumiamo e viviamo. Ma il potenziale di tali dati resta in gran parte inutilizzato.

L’Europa è dotata di tutto ciò che serve per diventare un leader in questa nuova economia dei dati: la più solida base industriale del mondo, in cui le PMI sono elementi vitali del tessuto industriale, le tecnologie, le competenze, e da ora, anche una visione chiara.

L’obiettivo della strategia europea per i dati è garantire che l’UE assuma il ruolo di modello e di guida per le società rese più autonome grazie ai dati.

La strategia punta in primo luogo a creare un vero spazio europeo dei dati, un mercato unico per i dati, al fine di sbloccare i dati inutilizzati per consentirne la libera circolazione all’interno dell’Unione europea e in tutti i settori, a vantaggio delle imprese, dei ricercatori e delle pubbliche amministrazioni.

I cittadini, le imprese e le organizzazioni dovrebbero avere la facoltà di adottare decisioni migliori sulla base delle informazioni raccolte grazie ai dati non personali. Tali dati dovrebbero essere accessibili a tutti, soggetti pubblici o privati, start-up o mega imprese.

Per conseguire tutto ciò, la Commissione proporrà in primo luogo di istituire il corretto quadro normativo per la governance dei dati, l’accesso ai dati e il riutilizzo degli stessi tra imprese, tra imprese e pubblica amministrazione e all’interno delle amministrazioni. Ciò comporta la creazione di incentivi per la condivisione di dati e l’istituzione di regole pratiche, eque e chiare in materia di accesso ai dati e uso degli stessi, che siano conformi ai valori e ai diritti europei, quali la protezione dei dati personali, la tutela dei consumatori e la legislazione in materia di concorrenza. Ciò rende inoltre più ampiamente disponibili i dati del settore pubblico, aprendo set di dati di elevato valore in tutta l’UE e permettendone il riutilizzo per l’innovazione di punta.

In secondo luogo, la Commissione intende sostenere lo sviluppo dei sistemi tecnologici e della prossima generazione di infrastrutture, che permetteranno all’UE e a tutti gli operatori di avvalersi delle opportunità offerte dall’economia dei dati: essa parteciperà agli investimenti in progetti europei ad alto impatto per gli spazi europei dei dati e per le infrastrutture cloud affidabili ed efficienti sotto il profilo energetico.

Da ultimo, varerà azioni settoriali specifiche volte alla costruzione degli spazi europei dei dati, ad esempio nell’ambito della produzione industriale, del Green Deal, della mobilità o della salute.

La Commissione si adopererà inoltre per colmare ulteriormente le lacune in termini di competenze digitali dei cittadini europei, studiando soluzioni finalizzate ad attribuire ai cittadini un maggiore controllo su chi può accedere ai loro dati generati automaticamente.

Prossime tappe

La Commissione presenterà nel corso dell’anno una legge sui servizi digitali e un piano d’azione per la democrazia europea, proporrà una revisione del regolamento eIDAS e rafforzerà la cibersicurezza attraverso un’unità congiunta per la cibersicurezza.

L’Europa continuerà inoltre a costruire alleanze con i partner mondiali, facendo leva sul suo potere normativo, sullo sviluppo di capacità, sulla diplomazia e sui finanziamenti al fine di promuovere il modello di digitalizzazione europeo.

La consultazione pubblica sul libro bianco sull’intelligenza artificiale resterà aperta fino al 19 maggio 2020. la Commissione sta inoltre raccogliendo riscontri sulla sua strategia per i dati. Alla luce dei contributi ricevuti, la Commissione intraprenderà ulteriori azioni per sostenere lo sviluppo di un’IA affidabile e di un’economia basata sui dati.