Il Gruppo Solvay sta testando la tecnologia blockchain nell’ambito del progetto ChemChain, finanziato dall’Unione Europea, per tracciare i suoi prodotti lungo tutta la catena del valore, con l’intento di facilitare il riciclo dei materiali e l’avvio di progetti di economia circolare
Si pensi che oggi l’industria chimica globale
spende una cifra stimata di 9,5 miliardi all’anno per gestire le informazioni
sulle 150.000 sostanze chimiche distribuite nel mondo. Tuttavia, i sistemi
esistenti sono comunque complessi, non completi e affetti da limiti di
confidenzialità sulle informazioni.
Per
contro, le
aziende oggi sono chiamate a incrementare la condivisione delle informazioni
sulle composizioni chimiche e sul livello di sostenibilità
dei prodotti lungo tutta la supply chain, e le industrie devono trovare un
meccanismo comune e scalabile per scambiarsi le informazioni relative al
prodotto.
Date
anche le crescenti sfide in termini di circolarità e sostenibilità, che
orientano anche lo sviluppo di nuovi requisiti normativi e di attività di
corporate responsibility, gran parte delle aziende dichiarano di aver ricevuto
richieste crescenti per l’inserimento dei dati sulla composizione chimica sui
prodotti.
Questi dati sono necessari ma non sono disponibili lungo la
value chain. Inoltre, un numero sempre
maggiore di clienti compie le sue scelte di acquisto in base al livello di
sostenibilità, dando precedenza ai prodotti con politiche sostenibili
chiaramente definite.
Ecco il contesto al quale intende
rispondere ChemChain, con un’infrastruttura blockchain open source, pensata
per registrare, condividere e tracciare le informazioni legate alla
composizione chimica lungo tutta la supply chain, dal produttore delle materie prime fino al
consumatore finale.
Con ChemChain, le società
produttrici possono conoscere l’origine esatta delle loro materie prime, e i
consumatori analogamente conoscere il materiale con cui il prodotto acquistato
è fatto e qual è il suo livello di riciclabilità o biodegradabilità.
Le
società che si occupano di riciclo possono avere ulteriori informazioni sui
materiali trattati; nel caso questi tornino come materia prima a Solvay, anch’essa sarà in grado di verificare la
loro origine.
«ChemChain
sarà un elemento importante del nostro percorso verso l’economia circolare, e
questa è uno dei maggiori contributi che l’industria chimica può fornire ad un
futuro sostenibile» commenta Sophie Maillet, Digital Hub
Coordinator di Solvay.
Per
il 2030, Solvay intende triplicare le vendite di prodotti basati su risorse rinnovabilio riciclate, portandole al 15% del
fatturato del gruppo.
Con il suo
campo dinamico di 120 dB, il sensore di livello VEGAPULS 64 effettua una misura
di livello affidabile praticamente in qualsiasi tipo di liquido
Il suo ampio
spettro applicativo si estende dai
prodotti acquosi fino agli idrocarburi, e ancora, fino ai gas liquefatti,
indipendentemente dalla costante dielettrica.
Grazie all’ottima focalizzazione del segnale, il sensore di livello garantisce la massima precisione dei risultati di misura anche in caso di impiego in impianti complessi con agitatori o installazioni interne.
Grazie agli attacchi di processo di piccole dimensioni,
si presta all’impiego in serbatoi compatti. Il sensore di livello è ideale per
la misura continua di livello su liquidi nell’industria
chimica, farmaceutica e alimentare, nonché nel settore energetico e del
trattamento delle acque.
Con il suo campo dinamico di 120 dB, il sensore di livello VEGAPULS 64 effettua una misura di livello affidabile
I benefici di VEGAPULS 64
Risultati di misura precisi indipendentemente dalle condizioni di
processo
Elevata disponibilità dell’impianto, in quanto senza usura nè
manutenzione
Funzionamento senza manutenzione grazie al metodo di misura senza
contatto
Lo strumento di misura di livello radar VEGAPULS 64
fornisce valori di misura precisi e in presenza di condizioni di processo
variabili
Quando
si parla di tessuti con caratteristiche particolari, è molto probabile il
coinvolgimento della CHT Germany GmbH. Il produttore
di specialità chimiche fornisce ad esempio addensanti per colori tessili,
impiegati per la stampa di tessuti.
Nello
stabilimento di Dusslingen, vicino a Tubinga, si producono 50.000 tonnellate
all’anno di specialità chimiche per il mercato B2B.
Una
sezione composta da diversi impianti di miscelazione è destinata alla produzione
di prodotti ad alta viscosità.
Ciascuno
dei serbatoi è dotato di tre motori che, con una potenza che raggiunge i 160 kW
e i 1000 giri al minuto, assicurano una miscelazione ottimale.
Nel
corso della lavorazione, gli organi di miscelazione multilivello devono sempre
essere immersi nel liquido.
In
caso contrario, considerata la potenza dei motori, potrebbero crearsi
vibrazioni e oscillazioni di risonanza che a lungo andare danneggerebbero
l’albero o l’intero aggregato.
Ma
come è possibile avere la certezza che gli organi di miscelazione siano sempre
ricoperti dal liquido?
I
miscelatori vengono infatti impiegati in serbatoi alti fino a otto metri e
larghi due metri, in cui, oltre alle condizioni di processo, variano
quotidianamente anche le caratteristiche dei prodotti, come la densità e la viscosità.
In
passato, per evitare il danneggiamento dei miscelatori e l’insorgere di
oscillazioni di risonanza, si procedeva con molta cautela, controllando
ripetutamente il livello manualmente.
La
soluzione adottata inizialmente, ovvero l’installazione di celle di pesatura
sotto ai serbatoi di miscelazione, si è rivelata problematica per varie
ragioni: i prodotti hanno infatti diverse densità e il serbatoio è munito di un rivestimento refrigerante/termico.
Talvolta
questo è riempito solo di vapore, per cui non pesa quasi nulla. Un altro
problema era costituito dal fatto che in passato i serbatoi si trovavano su un
unico livello ed erano circondati da una zona Ex.
Nel
frattempo i serbatoi sono collocati in un altro edificio e occupano più piani.
In
caso di impiego di celle di pesatura, il serbatoio deve essere disaccoppiato
meccanicamente dalle pareti.
La
zona Ex si estenderebbe su diversi piani e pertanto l’intero edificio dovrebbe
essere adeguato alla normativa ATEX, cosa che comporterebbe costi immensi.
La
quasi totalità dei circa 6000 prodotti di CHT è realizzata su misura.
Per
garantire un rifornimento puntuale dei propri clienti e soprattutto un elevato
livello qualitativo, l’azienda necessita di processi produttivi estremamente
razionali ed efficienti.
Pertanto
si è adottata una soluzione per il controllo di processo impiegata
nell’industria manifatturiera, adattandola alle specifiche esigenze dell’industria chimica.
L’obiettivo
era integrare una misura di livello i cui risultati di misura si
ripercuotessero direttamente sulla potenza motrice dei motori dei miscelatori.
Di per sé la misura di livello non era necessaria ai fini della misura delle
scorte o per il dosaggio, poiché per questo presso CHT si impiega una pesatura
negativa delle materie prime richiesta per la protezione dell’impiantistica.
Lo strumento di misura di livello radar VEGAPULS 64
misura in maniera affidabile il livello negli impianti di produzione.
Il lancio del VEGAPULS 64 fu provvidenziale per
l’azienda.
Lo strumento di misura di livello radar esegue la misura
senza contatto e grazie alla straordinaria focalizzazione e all’elevata
dinamica fornisce valori affidabili nonostante depositi, schiuma, installazioni
interne e indipendentemente da oscillazioni della densità.
Nel
complesso la collaborazione con VEGA è stata ottima, anche se inizialmente il
servizio di assistenza di VEGA ha dovuto effettuare numerosi aggiustamenti
prima di poter disporre di una misura stabile. Nel giro di due settimane lo
strumento di misura di livello radar era installato. Nel frattempo
fornisce valori di misura precisi, anche con i miscelatori in funzione, e i
dati sono integrati nel sistema APROL.
Il prossimo 28 Aprile 2021, alle 14.30, su piattaforma Zoom, si terrà l’Evento Digitale Progetto Industria 2021 – Industria di Processo – Automazione e Digitalizzazione
Sarà molto interessante ascoltare Aziende ed Esperti del settore che raccontano il loro approccio nell‘industria di processo in ambito chimico e petrolchimico.
Le soluzioni tecnologiche per rendere i processi industriali sostenibili e migliorarne le performance energetiche e di produzione e controllo.
In linea con il Green Deal Europeo, la produzione industriale sarà sempre più circolare, sostenibile e efficiente. Quali sono le opportunità di business e quali in futuro. Questi tra i temi principali, oltre alla digitalizzazione e automatizzazione del settore chimico, farmaceutico e oil&gas.
I CONCEPT
– processing
– engineering
–
digitalizzazione del processo
– business
intelligence
–
adaptative manufaturing
– l’importanza digitale e
tecnologica in questo settore e in questo periodo
– i
nuovi modelli di business
–
le nuove competenze per l’Industria 4.0
–
il problem solving
–
l’adeguamento alle nuove misure cautelative e nuovi parametri di lavoro (smart
working)
–
novità e strumenti
Sarà molto interessante ascoltare direttamente dalle
aziende, Industrie, PMI e le loro esperienze,
ma soprattutto qual è stato e qual è anche
adesso il loro approccio alla situazione attuale lavorativa, con nuove
soluzioni, strategie, proposte, prodotti e servizi, attraverso una
presentazione mirata e la condivisione in share screening.
MODALITA’: Registrazione su Piattaforma
ZOOM e condivisione sul
portale www.progettoindustria.com, sul canaleYouTube industriavideochannel,
su Linkedin (community di oltre 3.100 contatti qualificati nei settori
coinvolti), e sugli altri profili social.
SPECIFICHE
NEL DETTAGLIO
Automazione
– Analisi e Controllo – Impianti e ingegneria di Processo – Digitalizzazione (servizi e trasformazione
nell’industria) – Bussiness Intelligence eIntelligenza Artificiale
– Industry 4.0 – Ingegneria –
Industria di Processo – Oil& Gas e Movimentazione
Fluidi (pompe e valvole) – Smart Manufacturing – Smart Working
– Software Industriale – Tecnologia & Strumenti.
COMUNICAZIONE
DIGITALE
Comunicazione dell’Evento sul portale attraverso un grande banner in home page, dal quale l’utente potrà accedere direttamente per avere maggiori dettagli sull’evento digitale e sui banner delle aziende, cliccando su ciascuna azienda potrà inoltre trovare (ed eventualmente scaricare) schede di prodotto, video, post, o altro ancora che l’azienda vorrà appunto mettere on line, programmandoci in tempo utile. Verranno inoltre inviate periodicamente delle newsletter al database di oltre 14.000 nominativi qualificati di Progettoindustria.com.
Iscrizione gratuita per partecipare all’Evento online e avere maggiori informazioni scrivendo una mail a promozione@progettoindustria.com
Turck Banner Italia, tra i principali fornitori di sensoristica, illuminatori e segnalatori industriali, sistemi bus e sicurezza, ha presentato la nuova famiglia di nuovi sensori radar compatibili con IO-Link della serie LRS
La nuova famiglia di nuovi sensori radar va a completare il portafoglio delle soluzioni per la misura dei livelli nella gamma da 0,35 a 10 m.
I nuovi dispositivi, con
protezione IP67/69K, sono particolarmente indicati per applicazioni impegnative: ad esempio, nell’automazione industriale dove i sensori ottici o a ultrasuoni non sono particolarmente idonei a
causa di vari fattori d’interferenza quali polvere, vento o luce.
I nuovi sensori radar della famiglia
LRS a radiazione libera offrono anche funzioni di analisi dettagliate che, in
passato, erano possibili solo grazie a sensori radar di alta gamma, utilizzati
spesso nell’industria di processo.
La novità targata Turck Banner
trova ideale applicazione anche in altri campi industriali quali l’ingegneria
meccanica, l’impiantistica, l’industria automobilistica e le industrie
alimentare e farmaceutica.
L’assenza di un’asta metallica di
guida favorisce l’utilizzo in aree a particolari
esigenze igieniche e semplifica la messa in servizio.
Il
touchpad della serie LRS, con pulsanti capacitivi e un cappuccio frontale
traslucido,è basato sullo stesso concetto della piattaforma del sensore Fluid
2.0 di Turck Banner e consente l’emissione di valori di distanza, livello e
volume.
I sensori LRS sono disponibili con
due uscite di commutazione o con un’uscita di commutazione e un’uscita
analogica.
Grazie alla loro interfaccia
IO-Link aggiuntiva e alla preelaborazione intelligente decentralizzata del
segnale, tutte le varianti forniscono una grande quantità di informazioni
aggiuntive per l’elaborazione nelle applicazioni di monitoraggio delle
condizioni in ambiente IIoT.
Ciò significa oltre all’intensità
del segnale, l’inclusione di valori di temperatura, ore di funzionamento o
cicli di commutazione.
Grazie al master IO-Link di Turck
Banner si può monitorare e programmare il radar attraverso il configuratore
IODD senza alcun software aggiuntivo. Lo strumento di configurazione è basato
su browser e visualizza graficamente la curva di misurazione del sensore, oltre
a offrire l’accesso in semplice testo a tutti i parametri rilevanti. Ciò
consente ad esempio di mascherare il segnale di interferenza di un agitatore o
di una griglia o di allinearsi perfettamente con il feedback in tempo reale del
sensore per massimizzare l’affidabilità della misura di livello in applicazioni
impegnative.
I nuovi Turck Banner Radar Monitor
offrono, con i master IO-Link Turck Banner e senza software aggiuntivo, un’efficace
e approfondita funzione di analisi in tempo reale. La logica operativa è
uniforme in tutta la famiglia Fluid 2.0, il campo di misura da 0,35 a 10 m, con
un angolo di apertura stretto, e l’emissione dei valori di livello o volume è
diretta.
La soluzione è particolarmente
conveniente per le applicazioni impegnative grazie alle sue funzioni di analisi
equiparabili a quelle di fascia alta. La nuova soluzione LRS510 rappresenta la
risoluzione dei problemi, quando altre tecnologie di sensori raggiungono i
propri limiti.
La messa in servizio tramite il
Turck Banner Radar Monitor è particolarmente veloce.
I biopolimeri sono
un’alternativa interessante ai polimeri derivati da combustibili fossili e
oggi sono utilizzati principalmente dall’industria degli imballaggi
Tuttavia, il loro comportamento di cristallizzazione
rende più difficile la lavorazione di questi nuovi materiali.
Ecco come l’analisi termica e la reologia forniscono
soluzioni per studiare le proprietà dei materiali rilevanti.
I biopolimeri sono un’alternativa interessante ai polimeri
derivati da combustibili fossili e oggi sono utilizzati principalmente dall’industria degli imballaggi. Mai
prima d’ora l’industria della plastica
è stata guidata dalla sostenibilità come
lo è ora. La crescente pressione da parte della società e della
legislazione grava particolarmente sull’industria degli imballaggi che richiede
alternative più sostenibili.
Cosa sono i biopolimeri
Il termine biopolimeri include polimeri a base biologica, polimeri biodegradabili, che potrebbero
essere a base di olio, nonché la combinazione di entrambi: bio-based e
biodegradabile allo stesso tempo.
I polimeri a base biologica hanno una bassa impronta di carbonio che può essere ulteriormente migliorata
se i materiali vengono riciclati.
Le plastiche biodegradabili
a volte sono criticate, perché spesso non si decompongono nell’ambiente, ma
piuttosto in condizioni molto controllate negli impianti di compostaggio.
Pertanto, materiali come il poliidrossibutirrato-idrossivalerato(PHBV) sono particolarmente
interessanti in quanto sono a base biologica e biodegradabili a temperatura
ambiente.
Per esempio, si decomporrà nel terreno per un periodo che va da
poche settimane a un mese.
Il poliidrossibutirrato (PHB) è
generato da batteri specifici come forma di accumulo di energia.
Il materiale puro ha un’elevata cristallinità fino all’80%, il che
lo rende piuttosto fragile e difficile da lavorare convenzionalmente.
Tuttavia, la copolimerizzazione all’interno dei batteri produce
PHBV con buone proprietà meccaniche.
biopolimeri
Sfida n. 1: cristallizzazione secondaria a temperatura ambiente
Sfortunatamente, queste proprietà cambiano durante la vita utile
dei prodotti fabbricati a causa della continua cristallizzazione e quindi
dell’infragilimento.
Questo accade spesso nell’arco di pochi giorni e rende il
materiale inadatto anche per un utilizzo di breve durata.
Una soluzione è l’aggiunta di altri polimeri o oligomeri che riducono o addirittura ostacolano la
cristallizzazione secondaria a temperatura ambiente. Idealmente, anche il
materiale aggiunto è a base biologica.
Uno di questi plastificanti adatti per PHBV è il polietilenglicole (PEG) [1].
In uno studio condotto presso
l’Università di Birmingham nei laboratori AMCASH e Jenkins, il Dr. Kelly ha studiato la miscibilità di questa miscela. I
ricercatori hanno prodotto varie miscele di PHBV e PEG a basso peso molecolare
e hanno studiato il comportamento del materiale utilizzando un reometro rotazionale NETZSCH Kinexus
Pro + .
Per studiare la miscibilità,
tipicamente gli sweep di frequenza vengono eseguiti in oscillazione ei moduli
di memorizzazione misurati tracciati sui corrispondenti moduli di perdita, su
scale logaritmiche, per ottenere un grafico Han.
Han et al. ha affermato che qualsiasi miscela miscibile
mostrerebbe una linea retta paragonabile al materiale puro e le deviazioni da
quella linea indicano immiscibilità [2].
Tuttavia, le miscele PHBV-PEG studiate qui si degradano durante le
misurazioni e quindi questo metodo non può essere applicato
prontamente. Pertanto, è stata utilizzata una modifica utilizzata per i
sistemi termicamente instabili, proposta per la prima volta da Yamaguchi e
Arakawa [3]. Gli sweep temporali sono stati eseguiti a frequenze
specifiche. Le condizioni di misurazione sono riassunte nella Tabella 1 e
i risultati degli sweep temporali sono mostrati nella Figura 1 per il modulo di
memoria.
Tabella 1: condizioni di misurazione
Modalità
di misurazione
Il
tempo scorre in oscillazione
Geometria
Piastre
parallele da 20 mm
Temperatura
185
° C
Gap
1
mm
Sforzo
0,5%
Frequenze
0,25
– 25 Hz
Tempo
di premelt
Cinque
minuti
Figura 1: Modulo di memoria
misurato in funzione del tempo per frequenze di 0,25, 1, 5 e 25 Hz (dal basso
verso l’alto)
Dopo che le misurazioni e la raccolta dei dati sono state
completate, sia i dati del modulo di memoria che quelli del modulo di perdita
sono stati tracciati rispetto alla frequenza per ogni intervallo di 60
secondi. È stata quindi generata una curva master sovrapponendo i
dati. Queste curve master calcolate sono state utilizzate per calcolare lo
stoccaggio corretto e il modulo di perdita al tempo t 0 e per
generare i grafici Han, Figura 2. Per tutte le miscele studiate, la loro
miscibilità è stata dimostrata da una linea retta paragonabile a quella del
PHBV puro.
Figura 2: Schema del grafico
Han con la classificazione come miscibile e immiscibile a seconda della
linearità dei risultati
Maggiori dettagli sull’analisi e sull’uso dei dati reologici per
calcolare i tassi di degradazione possono essere trovati qui!
Sfida n. 2: lavorabilità in film sottili
In un altro studio condotto presso l’Institut für
Kunststofftechnik dell’Università di Stoccarda da Silvia Kliem,
MSc 3 , il citrato a base biologica è stato studiato come
plastificante da utilizzare nel film soffiaggio. A causa della bassa
viscosità e forza di fusione del PHBV puro, è necessario un additivo
biodegradabile adatto per migliorare la sua processabilità in film
sottili. I ricercatori hanno miscelato il PHBV con diverse quantità di
citrato (5 e 10% in peso) come plastificante, nonché basse quantità di
polilattide (PLA). Un NETZSCH DSC 204 F1 Phoenix ® è stato utilizzato per studiare l’effetto
dell’additivo sul comportamento di cristallizzazione della miscela. Le
condizioni di misurazione sono riassunte nella Tabella 2.
Tabella 2: condizioni di misurazione
Padella
Al,
coperchio forato
Peso
del campione
circa
11 mg
Atmosfera
N 2
Temperatura
Da
-20 ° C a 200 ° C a 10 K / min (1. + 2. riscaldamento e raffreddamento)
Figura 3: misurazioni DSC
dinamiche di miscele PHBV-PLA con (il blu è il 5% in peso, il rosa è il 10% in
peso) e senza il citrato plastificante (verde)
La Figura 3 mostra le curve di riscaldamento e raffreddamento
della miscela PHBV-PLA con e senza citrato. Si può vedere che l’entalpia
di fusione e cristallizzazione è paragonabile per tutte e tre le composizioni
quando normalizzata per il contenuto in peso di citrato (risultati dell’analisi
omessi nel grafico per una migliore chiarezza). I picchi a 175 ° C e 120 °
C sono rispettivamente per la fusione e la cristallizzazione del PHBV. Il
picco molto più piccolo a 150 ° C mostra la fusione del componente PLA. Confrontando
ulteriormente le diverse curve, si può osservare che l’additivo citrato sposta
i picchi di fusione e cristallizzazione a temperature inferiori; nel caso
del 10% in peso di citrato di quasi 4 K. Ciò ha un effetto significativo sulla
degradazione del materiale durante la lavorazione, poiché la temperatura di
estrusione può essere inferiore a causa del plastificante.
Questi risultati di analisi sono stati convalidati da prove di
soffiaggio della pellicola. Mentre le miscele PHBV-PLA senza plastificante
non potevano essere espanse, l’estrusione è stata migliorata con il 5% in peso
di citrato. Solo con il 10% in peso è stato possibile mantenere un
processo di estrusione costante e raggiungere uno spessore del film <25 µm.
Reologia e Analisi Termica adatte per
analizzare biopolimeri
Questi due studi mostrano esempi di plastificanti a base biologica
per PHBV a base biologica per creare un materiale di imballaggio completamente
degradabile.
Si può vedere che entrambi i plastificanti presentano vantaggi per
diverse applicazioni che richiedono lavorazioni diverse come vassoi rispetto ai
film sottili.
Si è scoperto che è possibile applicare sia tecniche reologiche
che termoanalitiche per analizzare
le proprietà dei biopolimeri come PHBV e soprattutto la loro
processabilità.
È particolarmente utile che i metodi reologici e termoanalitici
richiedano quantità minime di materiale rispetto alle prove di lavorazione, ma
possono fornire preziose informazioni sulle loro proprietà.
L’utilizzo delle giuste tecniche aiuterà ad aumentare la nostra
comprensione di questa classe di materiali ancora relativamente nuova e
consentirà il costante miglioramento e la maturità del mercato di cui abbiamo
così urgentemente bisogno.
1 Informazioni su AMCASH presso l’Università di
Birmingham
Il progetto AMCASH, che è un programma FESR parzialmente
finanziato, è coordinato dalla School of Metallurgy & Materials
dell’Università di Birmingham. Il progetto offre alle organizzazioni
regionali di PMI un’assistenza tecnica della durata tipica di 2 giorni,
nell’ambito di progetti relativi alla scienza dei materiali. Scopri di più qui!
2 Informazioni sul laboratorio di
Jenkins presso l’Università di Birmingham
L’attività riguarda principalmente la relazione tra struttura chimica, lavorazione,
microstruttura e le proprietà fisiche dei polimeri
termoplastici (numerosi polimeri, miscele e compositi termoplastici) e,
inoltre, come le proprietà possono essere influenzate da ciascuno di questi
aspetti. S
3 Informazioni
sull’Institut für Kunststofftechnik dell’Università di Stoccarda
L’esperienza dell’Institut für Kunststofftechnik sotto la
direzione del Prof. Dr.-Ing. Chrsitian Bonten comprende l’intero campo
della tecnologia delle materie plastiche: ingegneria dei materiali, tecnologia
di lavorazione (ingegneria meccanica e di processo) e ingegneria del
prodotto.
Fonti
[1] Kelly AC, Fitzgerald AVL,
Jenkins MJ. Controllo del processo di cristallizzazione secondaria in poli
(idrossibutirrato-co-idrossivalerato) attraverso l’incorporazione di poli
(glicole etilenico), degradazione e stabilità del
polimero. 2018; 148: 67-74, https://doi.org/10.1016/j.polymdegradstab.2018.01.003
[2] Yang H, Han CD, Kim
JK. Reologia delle miscele miscibili di poli (metilmetacrilato) con poli
(stirene-co-acrilonitrile) e con poli (vinilidene fluoruro),
Polimero. 1994; 35 (7): 1503-1511
[3] Yamaguchi M, Arakawa K.
Effetto della degradazione termica sulle proprietà reologiche del poli
(3-idrossibutirrato). Euro. Polym. J. 2006; 42 (7): 1479-86
La separazione tra due fluidi a differente densità è un processo
abbastanza frequente nell’industria chimica e petrolchimica, dove in generale
un idrocarburo viene separato dall’acqua (o da una soluzione acquosa) per seguire
poi un processo differente, attraverso l’impiego di una sonda multiparametrica
In passato, per rilevare la posizione
dell’interfaccia acqua/olio sono stati utilizzati sistemi meccanici che
sfruttavano il principio di Archimede, i quali presentavano però la necessità
di frequenti manutenzioni a causa
del movimento di parti meccaniche e imprecisioni anche importanti, qualora ci
fossero variazioni di densità dovute al
cambiamento della temperatura.
Negli anni recenti in questa
specifica misura hanno prevalso sensori capacitivi e radar a onda guidata.
Entrambe queste tecnologie, capacitiva e
radar a onde guidate, presentano delle limitazioni.
Per superarle Endress+Hauser ha studiato e progettato un nuovo
strumento in grado di integrare i benefici di una sonda radar a onda guidata e di una sonda capacitiva:
Levelflex FMP55 Sensor Fusion, dove l’asta che funge da guida d’onda è
allo stesso tempo una vera e propria sonda capacitiva.
La FMP55 è una sonda multiparametrica che in continuo utilizza due principi fisici
differenti per rilevare la misura di interfase.
Quando non è presente emulsione, la
sonda capacitiva viene utilizzata per calcolare con precisione il valore di
costante di elettrica del fluido superiore; se in determinate condizioni
operative si presenta uno strato di emulsione, la FMP55 in automatico rileva la
posizione dell’interfase grazie alla sonda capacitiva e il livello totale con
la guida.
La soluzione Levelflex FMP55 a microimpulsi
guidati con SensorFusion si basa su un sistema che combina il
principio di misura capacitivo ai microimpulsi guidati in un unico dispositivo.
Lo strumento garantisce un rilevamento sicuro del valore misurato anche in
strati di emulsione e contemporaneamente del livello di interfase.
Questo rende Levelflex FMP55
multiparametrico il nuovo standard nella misura di interfase soprattutto nel settore chimico e nell’Oil&Gas.
I più recenti traguardi della ricerca scientifica e le tecnologie emergenti, tra cui intelligenza artificiale, robotica, nanotecnologie e biotecnologie, pongono alcuni interrogativi sull’uso che ne fa l’uomo e sugli scopi di tale utilizzo
Robot umanoidi, nanotecnologie e computazione stanno segnando in modo importante la metodologia della ricerca scientifica, fungendo da strumenti capaci di guidarla e di potenziarla.
Strumenti in cui ingegneria, neuroscienze, genomica, chimica, fisica, matematica e informatica diventano discipline trasversali, applicate ad ambiti diversi, dalla medicina alla sostenibilità ambientale, dalla farmaceutica alla produzione di energia, come spiega Giorgio Metta, scienziato, direttore scientifico dell’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova, nonché “papà” del robot umanoide iCub e professore di robotica cognitiva presso l’Università di Playmouth, nel Regno Unito.
Gli algoritmi e i sistemi di intelligenza artificiale oggi hanno il potere di diffondere e rafforzare stereotipi e pregiudizi di genere, che rischiano di emarginare le donne su scala globale.
Considerando la crescente presenza dell’AI nelle nostre società, questo potrebbe mettere le donne nella condizione di rimanere indietro nella sfera lavorativa, economica, politica e sociale, come sottolinea spesso Darya Majidi, esperta di informatica, AI e trasformazione digitale, imprenditrice con, all’attivo, alcune aziende High Tech in Italia e all’estero, fondatrice della comunità Donne 4.0 e autrice dei libri “Donne 4.0” e “Sorellanza Digitale”.
Vittima e, insieme, carnefice di sè stesso, impaurito dai cambiamenti profondi e rapidi del digitale e, allo stesso tempo, avido nel farne un uso e consumo per fini propri, l’uomo (inteso come essere umano, non come identità d genere), all’interno di tale rapporto, fa mostra di comportamenti, di modi e di scopi, divenuti, in questi ultimi anni, oggetto di una riflessione dal respiro ampio, il cui nocciolo è “che cosa” vogliamo farne di quello che abbiamo creato e come s’intenda farlo.
In questa fase – osserva Luciano Floridi, filosofo, professore di filosofia ed etica dell’informazione all’Università di Oxford, nonché direttore del Digital Ethics Lab presso l’Oxford Internet Institute dello stesso Ateneo – non è più l’innovazione tecnologica in sé ciò che fa la differenza, ma è che cosa ne facciamo di questa innovazione.
Non è alla digital innovation, ma è alla governance, alla “gestione” del digital, che ora dobbiamo guardare. Il focus, oggi, si incentra dall’innovazione alla sua governance, ovvero alla sua gestione, con tutta una serie di questioni aperte da affrontare, che riguardano gli impatti sulla società, la parità di genere, l’educazione, il mondo del lavoro, solo per citarne alcuni. Sono questi i temi di cui si parlerà il prossimo 18 gennaio, alle 17.00, insieme a: Darya Majidi, Luciano Floridi, Giorgio Metta. LIVE DAL NUOVISSIMO CANALE YOUTUBE DI TECH4FUTURE
L’evento organizzato da Tech4Future ha come obiettivo offrire spunti di riflessione su temi di grandissima attualità relativi a problemi complessi e di non facile ed immediata risoluzione, ma che possono trovare spunti ed idee dalla condivisione e dalla divulgazione, come nello spirito che anima la missione di Tech4Future. L’evento è pubblico, aperto a tutti e senza bisogno di registrarsi e lasciare i propri dati. https://www.linkedin.com/events/6751903725079560192/
ABOUT TECH4FUTUREAd inizio 2020 ho fondato Tech4Future, un progetto editoriale con una vocazione molto chiara: divulgare e promuovere la conoscenza delle tecnologie emergenti analizzandone i possibili impatti (rischi e vantaggi) su persone, aziende, società economico-politiche, ambiente… per incentivare, attraverso sano spirito critico, un utilizzo etico, consapevole e responsabile delle tecnologie del futuro.
Nel 1930, nei laboratori
statunitensi della DuPont, il chimico Wallace H. Carothers inventò il nylon,prima fibra sintetica poliammidica a basso
costo, resistente come l’acciaio e delicata come una ragnatela, come celebrava
un popolare slogan di quegli anni
In
principio era la seta, la più fine e preziosa delle fibre naturali, ad essere
utilizzata per produrre le calze “lunghe”, indossate esclusivamente dagli
uomini fino al 1700, perché alle donne era severamente proibito mostrare le
gambe.
Con
il passare del tempo le calze in seta iniziarono a trovare posto anche nei
guardaroba femminili: erano un simbolo di lusso, un sogno inarrivabile per
molte donne, costavano una fortuna ed erano molto delicate.
I
primi tentativi di realizzare un tipo di seta
“artificiale” e più accessibile ebbero una svolta decisiva nel
1924, con l’invenzione del rayon,
una fibra tessile artificiale simile
come consistenza alla seta.
Ma la vera rivoluzione sociale avvenne negli anni ‘30 del ‘900, quando nei laboratori statunitensi della DuPont il chimico Wallace H. Carothers inventò il nylon.
Era la prima fibra sintetica
poliammidica a basso costo, “resistente come l’acciaio e delicata come una
ragnatela”, come celebrava un popolare slogan
di quegli anni.
A
differenza di quanto avviene nelle fibre naturali, il cui
diametro è sempre uguale, regolato dalla funzione biologica del baco
da seta o dalla formazione dei peli nelle pecore, la nuova fibra poteva essere
preparata con diametri variabili a piacere: si potevano ottenere fili sottilissimi adatti per
la fabbricazione di calze da donna, o fili sempre più
grossi adatti ad esempio alla produzione di reti.
La prima vendita di calze avvenne il 24 ottobre
1939 a Wilmington (USA) e fu accolta con un successo fenomenale, che superò di
gran lunga tutte le aspettative dei produttori: 4.000 paia furono vendute in
sole tre ore! E nel corso di quel primo anno di vendite il numero è salito a
ben 64 milioni di paia solo negli Stati Uniti.
Un
vero record, che evidenzia la portata epocale di questa invenzione: se fino a
quel momento le calze in seta erano un privilegio riservato a poche, da quel
giorno ogni donna poteva permettersi di acquistarne un paio.
Durante
la Seconda Guerra Mondiale quasi la totalità della produzione di nylon venne impiegata
in attrezzature militari, per esempio per confezionare il tessuto dei paracadute, le corde per le navi o le divise dei
soldati.
Le
ormai famose calze in nylon erano diventate introvabili! Molte donne ricorsero
però a un trucchetto per dare l’impressione di indossarle: disegnare una linea
con la matita direttamente sul polpaccio per simularne la caratteristica
cucitura sulla parte posteriore. Finita la guerra, ritrovare le calze di
nylon nei negozi fu un segnale di un ritorno alla normalità: le dive
di Hollywood mostravano quanto fossero belle le gambe se si indossavano quelle
calze, che divennero così un accessorio irrinunciabile per le donne di tutto il
mondo.
Dagli spazzolini da denti alle lenze per la
pesca, dal catgut per suture chirurgiche all’abbigliamento tecnico, il
nylon è diventato parte integrante della nostra vita quotidiana e continua ad
esserlo ancora oggi: una scoperta che ha davvero rivoluzionato la società
moderna.
Un’industria indispensabile e da lungo tempo orientata alla sostenibilità:
è il ritratto che emerge dai dati del 26esimo Rapporto Responsible Care, il
programma volontario mondiale che, per la Chimica in Italia, è curato da
Federchimica
“Seppure in un clima di grave preoccupazione e incertezza, ritengo sia
significativo condividere i risultati conseguiti dall’industria chimica in
termini di sostenibilità – ha premesso Paolo Lamberti, Presidente di
Federchimica.
“Anche quest’anno i dati sono molto positivi e incidono sulle prestazioni,
già eccellenti, ottenute nella tutela di salute, sicurezza e ambiente; in tutti
questi ambiti, e non solo, ci posizioniamo ai più alti livelli rispetto alla
media manifatturiera”.
Secondo il Rapporto, l’industria chimica si conferma un comparto virtuoso
nella sicurezza e nella salute dei dipendenti, con un bassissimo numero
di infortuni e malattie professionali che, rispetto alle ore lavorate,
sono diminuiti al ritmo medio annuo rispettivamente del 3,7% e del 5,4%
dal 2010.
Sotto il profilo ambientale, il settore è già in linea con gli
obiettivi dell’Unione europea sui cambiamenti climatici al 2020 e al 2030.
Rispetto al 1990, ha ridotto i gas serra del 54% e l’efficienza energetica è
migliorata del 49% rispetto al 2000. Le emissioni in atmosfera e gli effluenti
negli scarichi idrici si sono drasticamente ridotti del 97% e del 77%.
L’industria chimica è fortemente impegnata nel perseguimento dell’economia
circolare: lo testimonia, ad esempio, la quantità di rifiuti
generati a parità di produzione, diminuita del 7,7% rispetto al 2017; il
riciclo è tra le prime modalità di smaltimento (26,8% in netto aumento) e solo
per il 4,8% si ricorre alla discarica.
“Il nostro impegno, comunque, non si ferma: l’industria chimica continua,
oggi e in futuro, a investire in sostenibilità per confermarsi infrastruttura
tecnologica a favore delle filiere a valle, senza penalizzare, anzi aumentando,
la produttività”.
Nel lockdown di primavera l’industria chimica non ha fermato la produzione
“a riprova – ha commentato Lamberti – di quanto i nostri prodotti siano
essenziali e, in moltissimi casi, decisivi per affrontare la pandemia: forse,
per la prima volta da molto tempo, tutti abbiamo compreso l’indispensabilità
della Chimica per la salute anzitutto, ma anche per il benessere e la qualità della
nostra vita.
“Questa nuova consapevolezza deve essere valorizzata con una politica
industriale strutturata sul medio/lungo periodo, basata su ricerca, sviluppo e
innovazione, che tuteli la competitività delle nostre imprese e di tutti i –
tantissimi – settori manifatturieri che basano la proprie performance di
prodotto sulla qualità innovativa della Chimica”.
“Lo sviluppo sostenibile, di cui l’industria chimica si dimostra pioniera
nei fatti, si confermerà uno dei principali motori di innovazione e cambiamento
del post-Covid: basti pensare alle politiche dell’Unione europea sul Green Deal
oppure al Recovery Fund, che pone tra i requisiti degli stanziamenti la lotta
ai cambiamenti climatici, l’economia circolare, la transizione verso forme di
energia più pulite.
“Il 2021 e gli anni a venire – ha concluso Lamberti – sono difficili da
immaginare oggi: la speranza è poter tornare al più presto a una solida ripresa
economica, che possa anche dare una forte accelerazione verso lo sviluppo
sostenibile e la digitalizzazione. Serve uno sforzo congiunto e un impegno
continuo: l’industria chimica è pronta a fare la propria parte”.
Nel suo intervento conclusivo Franco Bettoni, Presidente INAIL, ha
dichiarato: “L’Istituto crede fortemente nella validità della collaborazione
con Federchimica”.
“Con la sottoscrizione dell’ultimo Protocollo d’intesa, siglato a dicembre
2019, gli impegni presi da INAIL e Federchimica risultano rafforzati attraverso
la realizzazione, entro il 2022, di nuovi progetti di elevato interesse per le
imprese chimiche per diffondere la cultura della prevenzione e della sicurezza
in modo pervasivo.
Le attività dell’Istituto, nell’ambito dell’accordo, continueranno a
puntare su una serie di elementi: analisi statistica; valorizzazione delle
buone pratiche di comportamento affinché non vengano sottovalutati i rischi
lavorativi; raccolta dei dati legati ai “quasi incidenti”; utilizzo delle nuove
tecnologie per migliorare l’individuazione delle cause di pericolo e un
rafforzamento delle iniziative di informazione e formazione”.
“Nella fase post-covid – ha concluso Bettoni – dobbiamo mettere in campo
azioni qualificanti: accompagnare il lavoratore nei percorsi professionali,
porre al centro della cultura aziendale la sicurezza dei lavoratori,
rivitalizzare il dialogo sociale, incentivare una crescita economica rispettosa
dell’ambiente e adottare efficaci strategie di prevenzione per contrastare gli
infortuni sul lavoro”.
Sono intervenuti: Raffaele Cattaneo, Assessore all’Ambiente e Clima Regione Lombardia; Marco Falcinelli, Segretario Generale FILCTEM-CGIL; Filippo Servalli, Presidente Programma Responsible Care Federchimica.
Specializzati nel
fornire soluzioni di compliance chimico
regolatoria per le aziende di tutto il mondo, assicurando la business continuity
L’ obiettivo di NORMACHEMhttps://www.normachem.it è quello di aiutare le aziende di qualsiasi settore industriale negli adempimenti normativi, riuscendo a convertire i diversi obblighi di legge in migliore competitività aziendale.
Partiamo
dal “bisogno” per attivare il cambiamento.
Perché la
chimica ci circonda, è ovunque attorno a noi: governa le innovazioni e le tecnologie più avanzate essendo essa stessa
chiave dell’evoluzione e del cambiamento.
Per questo
motivo dev’essere correttamente gestita
e controllata, per garantire così il futuro dell’uomo e del mondo.
Questo è
lo scopo di Normachem ma anche una precisa responsabilità per garantire il futuro di tutti fornendo soluzioni
ai problemi chimico regolatori focalizzandoci nel mantenere la business continuity dei nostri clienti.
Viene
messa in campo tutta l’esperienza maturata e composta soprattutto da persone
competenti e costantemente aggiornate in grado di conoscere i principi capaci di governare la chimica e le leggi
che la disciplinano.
Normachem consiglia formule, processi e buone pratiche per
garantire ai clienti la miglior soluzione nel mercato di
domani.
Perché il
cambiamento è la chiave del futuro. E per cambiare il mondo, è necessario
conoscere le regole che lo muovono.
CHI E’ NORMACHEM
NORMACHEM è una società di consulenza che si occupa di
valutazione del rischio chimico, REACH, CLP, ADR, salute e sicurezza sui luoghi
di lavoro, ambiente e normative di prodotto.
Normachem ha maturato la propria esperienza a fianco
di aziende, enti di ricerca e istituzioni nazionali e internazionali,
coniugando così l’aspetto di ricerca ed approfondimento normativo con
l’applicazione in ambito produttivo delle disposizioni legislative.