Industria Chimica leader in sostenibilità ambientale

Migliorano tutti i parametri di sostenibilità ambientale.
Lamberti: i giovani studino la chimica per essere protagonisti dello sviluppo sostenibile


Le imprese chimiche in Italia hanno adottato in modo molto efficace i protocolli anti Covid-19: nel 2020 i contagi hanno pesato solo per il 4,6% sul totale degli infortuni nei luoghi di lavoro. In generale, il settore è comunque tra quelli con la più bassa incidenza di infortuni rispetto alle ore lavorate (8,4 per milione ore), migliore del 35% rispetto alla media manifatturiera (12,9 per milione ore). 

Anche nell’anno della pandemia la Chimica conferma la sua posizione di leadership in termini di sicurezza dei lavoratori e, in generale, di sostenibilità.  Lo rileva il 27° Rapporto annuale Responsible Care®, il Programma mondiale volontario di promozione dello sviluppo sostenibile dell’industria chimica, gestito in Italia da Federchimica, presentato oggi.

“Sono dati estremamente significativi, considerato che i nostri impianti hanno lavorato senza sosta durante il lockdown, garantendo al tempo stesso la fornitura di prodotti essenziali per la gestione dell’emergenza sanitaria e per la nostra vita quotidiana e i massimi livelli di protezione dei dipendenti contro il contagio da Covid-19”  ha osservato Paolo Lamberti, Presidente di Federchimica.

“L’impegno dell’Industria chimica  su questo fronte è testimoniato anche dalla proficua collaborazione tra INAIL e Federchimica, che prosegue da 15 anni: il più recente Protocollo, sottoscritto a fine 2019, sta portando risultati estremamente significativi. Federchimica ribadisce il massimo impegno per sviluppare iniziative condivise per supportare le imprese, che, pur messe a dura prova in questi mesi di drammatica emergenza, penso si siano dimostrate all’altezza”. 

Nel complicato contesto della pandemia il settore ha comunque migliorato le prestazioni, già ottime, rispetto a tutti gli indicatori di sostenibilità ambientale: i gas serra si sono ridotti del 62% e l’efficienza energetica è migliorata del 48% rispetto al 1990. Risultati rilevanti, già in linea con gli obiettivi dell’Unione europea al 2030. 

Sempre rispetto al 1990 le emissioni in atmosfera sono diminuite in media di oltre il 95% grazie a miglioramenti di processo e prodotto e a nuove tecnologie per la loro riduzione.
Migliora anche la gestione dei rifiuti: il riciclo è la prima modalità di trattamento ed equivale a quasi il 30% del totale. 

“Sono moltissime le innovazioni tecnologiche che il nostro settore è in grado di fornire per rendere più sostenibili i processi produttivi e i prodotti stessi, con un effetto virtuoso lungo tutte le filiere a valle. Penso al riciclo chimico, inserito nel PNRR come tecnologia strategica per valorizzare le materie plastiche, riutilizzandole” ha ricordato Lamberti.
“È solo uno tra i tanti esempi di come la chimica è, e sarà sempre più, portatrice di soluzioni alle sfide della transizione ecologica e del cambiamento climatico, interpretando le istanze ambientali con serietà e concretezza e andando oltre slogan semplicistici.

I giovani, che stanno dimostrando di avere giustamente a cuore il futuro del Pianeta, dovrebbero considerare percorsi di studio e professionali nella chimica per essere realmente protagonisti del cambiamento, lavorando a favore di una sostenibilità che contempli, oltre alla tutela ambientale, anche lo sviluppo sociale ed economico”. 

Alla manifestazione di presentazione del 27° Rapporto annuale Responsible Care® sono intervenuti: Franco Bettoni, Presidente INAIL; Raffaele Cattaneo, Assessore all’Ambiente e Clima Regione Lombardia; Paolo Pirani, Segretario Generale UILTEC – UIL, in rappresentanza di tutte le Organizzazioni Sindacali.; Filippo Servalli, Presidente Programma Responsible Care Federchimica.

Nel corso dell’evento è stato anche assegnato anche il Premio Responsible Care 2020. 

HANNO VINTO IL PREMIO RESPONSIBLE CARE 2020:

COSMOSOL S.r.l.

Per le innovazioni allo sviluppo di deodoranti aerosol sicuri ed eco-compatibili tramite:

  • la sostituzione dei sali di alluminio dalle formulazioni con  eliminazione del rischio di possibili dermatiti nei soggetti allergici;
  • l’utilizzo dell’azoto come propellente, che rende il prodotto non infiammabile e permette di ridurre drasticamente l’emissione di COV in ambiente domestico, nonché l’utilizzo di bombolette di alluminio di  minori dimensioni e quindi un minore utilizzo di materia prima, una migliore impronta di carbonio durante le fasi di produzione e trasporto, nonché una riduzione della produzione di rifiuti.

L’invenzione di Cosmosol è oggetto di richiesta di brevetto.

L.MANETTI-H.ROBERTS S.p.A 

Per lo sviluppo di packaging sostenibile in ottica di economia circolare di un’ampia gamma di prodotti cosmetici perseguendo obiettivi di riduzione complessiva dell’impatto ambientale e di maggiore circolarità degli imballaggi.
I principali risultati ottenuti hanno riguardato:

  • l’ottimizzazione e la riduzione del peso dell’imballaggio e, conseguentemente, la diminuzione delle materie prime utilizzate;
  • l’utilizzo di imballi prodotti con materie prime riciclate o provenienti da fonti rinnovabili;
  • l’impiego di packaging riciclabili.

L’attività sulla sostenibilità ambientale degli imballaggi si inserisce in un approccio di eco-design a 360° che comprende anche lo sviluppo di formulazioni sempre più eco-compatibili e sicure per il consumatore.
       

SOL S.p.A. 

Per l’applicazione del Protocollo Behaviour Based Safety alle operazioni di verifica pre-riempimento bombole.
SOL ha investito in salute e sicurezza nei luoghi di lavoro portando a compimento un progetto che consiste nell’applicazione del protocollo B-BS (Behaviour based Safety) alle operazioni di verifica pre-riempimento bombole in 37 unità del Gruppo SOL in cui si effettuano operazioni di riempimento di bombole e pacchi di bombole.
In particolare, è stato applicato il protocollo B-BS alle operazioni di verifica pre-riempimento bombole (ad es. controllo filettatura connessioni, controllo stato O-Ring). Sono state inoltre osservate le modalità di movimentazione manuale dei recipienti e l’utilizzo di DPI per la fase di riempimento. 
L’obiettivo principale, ossia  quello di ridurre gli infortuni e gli incidenti, è stato raggiunto attraverso l’analisi e l’eliminazione dei comportamenti non sicuri dei lavoratori, che si sono ridotti considerevolmente durante il periodo di osservazione.

L’economia circolare non teme la crisi

Secondo i dati di Corepla – il Consorzio nazionale per la raccolta, il riciclo e il recupero degli imballaggi in plastica – la differenziata degli imballaggi in plastica è cresciuta anche nel 2020, pieno esempio di economia circolare

A fronte di 1.914.000 tonnellate di imballaggi in plastica immesse sul mercato (di pertinenza Corepla) nel 2020, il sistema in totale è riuscito a recuperarne 1.820.270, che corrisponde al 95%; “un dato che porta l’Italia sul podio dei paesi europei più virtuosi” nell’economia circolare.

Lo scorso anno sono state riciclate 655.393 tonnellate di imballaggi in plastica

Alle cifre della gestione del Consorzio, bisogna aggiungere gli imballaggi in plastica riciclati da operatori industriali indipendenti provenienti dalle attività commerciali e industriali pari a 249.500 tonnellate, per un riciclo complessivo di oltre 900mila tonnellate.

Si tratta – viene spiegato – di un anno in cui “i risultati sono più omogenei tra le regioni”. E anche di “un nuovo record in termini di quantità trattata”, che fa registrare all’Italia “una media di 23,7 chilogrammi pro-capite all’anno”.

A guidare la classifica Valle d’Aosta, Umbria e Sardegna, con oltre 32 kg per abitante. In evidenza il fatto che i risultati della raccolta delle singole regioni si stanno, tra l’altro, sempre più avvicinando al dato medio nazionale, “superando gli enormi divari che fino a tre anni fa caratterizzavano la situazione italiana”.

Il servizio di raccolta e riciclo è “ormai capillare in tutto il Paese: sono 7.436 i Comuni serviti (94%) con il coinvolgimento del 97% dei cittadini. Il valore economico direttamente distribuito dal Consorzio ammonta complessivamente a 771 milioni. Nel 2020 il corrispettivo riconosciuto ai Comuni italiani o ai loro operatori delegati ha raggiunto 391 milioni. Quasi 173 milioni sono stati destinati agli impianti che selezionano gli imballaggi”.

Sono stati recuperati poi anche quegli imballaggi che ancora non possono essere riciclati; Corepla ha avviato a recupero energetico 377.807 tonnellate che sono state utilizzate per produrre energia al posto di combustibili fossili (per il 75% a cementifici, il 43% in Italia e il 32% all’estero, e per il restante 25% a termovalorizzazione).

Un impatto del Covid si registra anche qui. La riduzione dei consumi di materie plastiche nel 2020 è stata infatti “nel complesso relativamente contenuta” per via della “consistente crescita del settore medicale e di quello della disinfezione e detergenza”, e del “deciso rilancio dell’alimentare confezionato”.

Nasce la bio-piattaforma dall’inceneritore di Sesto San Giovanni a Milano  

“I risultati di questo bilancio – osserva Giorgio Quagliuolo, presidente di Corepla – dimostrano i passi avanti che il nostro Paese ha compiuto nell’ambito della organizzazione di un sistema di raccolta e riciclo degli imballaggi in plastica. Siamo convinti che negli anni a venire, anche in funzione dei nuovi piani di rilancio e resilienza e di una politica economica più improntata ai principi della transizione ecologica, sapremo offrire risposte adeguate agli ambiziosi target”.

Il Ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani ha incontrato l’inviato per il clima degli Stati Uniti, John Kerry. Molti i temi sul tavolo delle due delegazioni: i negoziati della Cop26 e gli eventi italiani, la Youth4climate e la pre-Cop, il G20 clima e energia, il piano internazionale e gli impegni nei contesti multilaterali, il Piano nazionale di ripresa e resilienza italiano, e le misure dedicate alla de-carbonizzazione.

“Abbiamo avuto l’onore di avere con noi Kerry – osserva Cingolani – con il nuovo corso degli Usa per la difesa dell’ambiente. Abbiamo parlato di scenari visionari, ma anche del presente e degli impegni che ci aspettano nei prossimi mesi in relazione a G20, Cop26. Abbiamo un’agenda molto fitta e questo credo fermamente sia l’inizio di una collaborazione poderosa tra l’Italia, l’Europa e gli Stati Uniti”.

Il confronto – viene spiegato – era stato “fortemente auspicato” da Kerry che sin dall’inizio del suo mandato ha voluto avere relazioni con i Paesi più attivi sul fronte dell’azione climatica, a partire dall’Italia. La sua “missione” si inquadra all’interno di una “campagna che l’inviato speciale sta portando avanti in tutto il mondo a favore dell’azione climatica”.

Un incontro con Cingolani che per Kerry è “stato molto costruttivo: tutte e due ci troviamo d’accordo sull’urgenza di muoversi rapidamente da qui fino agli incontri di Glasgow a novembre, portando i Paesi al tavolo delle trattative per cercare di fare di più”.

“Quella che stiamo affrontando – rileva Kerry – è una crisi planetaria e bisogna fare presto. Vogliamo che i cittadini, sia in Italia, che in Europa, come negli Stati Uniti, comprendano che questa non è una scelta tra prosperità e un’economia che funziona o meno, ma è un’opportunità enorme; e i ministri, come quello della Transizione ecologica, hanno il compito di ‘trasportare’ il Paese verso un futuro nuovo, migliore e più sicuro, con più posti di lavoro”. E’ in questo modo – dice l’ex vicepresidente Usa – che “possiamo allontanare il rischio di un disastro climatico. Quindi siamo fiduciosi, insieme riusciremo a portare avanti un’opera di persuasione dei nostri colleghi in tutto il mondo; ci saranno numerose occasioni a Glasgow per intraprendere un percorso e mantenere l’innalzamento della temperatura terrestre entro gli 1,5 gradi”.

L’obiettivo comune che ci poniamo è di “mantenere entro 1,5 gradi” l’aumento medio delle temperature globali. Questo significa che “ogni Stato dovrà fare la sua parte e continuare a ridurre le emissioni in atmosfera” nel corso di “questa decade”; infatti – afferma Kerry – “non è abbastanza dire che lo faranno entro il 2050”.

Sia Kerry che Cingolani credono che serva “una strategia a tutto campo e non una soluzione singola” per “risolvere questa crisi; è un approccio multiplo che include diverse risorse come carburanti, fonti energetiche e in particolare richiede di negoziare con l’industria pesante, una componente molto complicata ma estremamente importante”.

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Progetto ChemChain: Solvay e economia circolare

automazione digitale farmaceutica

Il Gruppo Solvay sta testando la tecnologia blockchain nell’ambito del progetto ChemChainfinanziato dall’Unione Europea, per tracciare i suoi prodotti lungo tutta la catena del valore, con l’intento di facilitare il riciclo dei materiali e l’avvio di progetti di economia circolare


Si pensi che oggi l’industria chimica globale spende una cifra stimata di 9,5 miliardi all’anno per gestire le informazioni sulle 150.000 sostanze chimiche distribuite nel mondo. Tuttavia, i sistemi esistenti sono comunque complessi, non completi e affetti da limiti di confidenzialità sulle informazioni.

Per contro, le aziende oggi sono chiamate a incrementare la condivisione delle informazioni sulle composizioni chimiche e sul livello di sostenibilità dei prodotti lungo tutta la supply chain, e le industrie devono trovare un meccanismo comune e scalabile per scambiarsi le informazioni relative al prodotto.

Date anche le crescenti sfide in termini di circolarità e sostenibilità, che orientano anche lo sviluppo di nuovi requisiti normativi e di attività di corporate responsibility, gran parte delle aziende dichiarano di aver ricevuto richieste crescenti per l’inserimento dei dati sulla composizione chimica sui prodotti. 

Questi dati sono necessari ma non sono disponibili lungo la value chain. Inoltre, un numero sempre maggiore di clienti compie le sue scelte di acquisto in base al livello di sostenibilità, dando precedenza ai prodotti con politiche sostenibili chiaramente definite.


Ecco il contesto al quale intende rispondere ChemChain, con un’infrastruttura blockchain open source, pensata per registrare, condividere e tracciare le informazioni legate alla composizione chimica lungo tutta la supply chain, dal produttore delle materie prime fino al consumatore finale.

Con ChemChain, le società produttrici possono conoscere l’origine esatta delle loro materie prime, e i consumatori analogamente conoscere il materiale con cui il prodotto acquistato è fatto e qual è il suo livello di riciclabilità o biodegradabilità.

Le società che si occupano di riciclo possono avere ulteriori informazioni sui materiali trattati; nel caso questi tornino come materia prima a Solvay, anch’essa sarà in grado di verificare la loro origine.

«ChemChain sarà un elemento importante del nostro percorso verso l’economia circolare, e questa è uno dei maggiori contributi che l’industria chimica può fornire ad un futuro sostenibile» commenta Sophie Maillet, Digital Hub Coordinator di Solvay.

Per il 2030, Solvay intende triplicare le vendite di prodotti basati su risorse rinnovabili o riciclate, portandole al 15% del fatturato del gruppo.

BEA Technologies filtrazione per uno sviluppo sostenibile

BEA Technologies è impegnata a studiare soluzioni innovative di filtrazione da applicare alle nuove tecnologie di riciclo e di recupero delle plastiche per uno sviluppo sostenibile

L’emergenza ambientale chiede di elaborare nuovi schemi di sviluppo più sostenibili (in linea con gli obiettivi dell’Agenda ONU 2030) e di essere consapevoli del cambiamento per dare risposte alle richieste di una società sempre più attenta.

Ci sono fattori in evoluzione che oggi stanno cambiando i mercati e le modalità di produzione, influenzando soprattutto le giovani generazioni che vogliono essere parte di questo nuovo percorso.

Tutte le aziende sono chiamate a dare una risposta a queste richieste per rimanere presenti in un mercato a tutti i livelli in termini di sostenibilità ambientale e sociale. Qui risiede il bisogno di ripensare i processi di produzione sia in una prospettiva a breve sia a lungo periodo.

 BEA Technologies S.p.A è impegnata nello studio di soluzioni di filtrazione da applicare ai nuovi processi che sono allo studio per il recupero e il riciclo dei vari tipi di plastica.

La necessità è sempre più quella di ridurre la dispersione della plastica nell’ambiente e nei mari e consentire un recupero e riciclo (almeno un parziale) delle tonnellate di plastica che spesso finiscono negli “inceneritori” oppure nelle discariche.

In questo scenario si è venuto a configurare, già da tempo, un approccio di economia circolare che dovrebbe puntare a un maggior recupero e riciclo di molte materie prime da articoli e manufatti che sono stati usati e che  non sono più funzionali. La circolarità può dare risultati molto interessanti soprattutto se applicata, attraverso un corretto utilizzo di tecniche di raccolta differenziata e selezione, al recupero e riciclaggio di specifici classi e tipi di polimeri come potrebbe essere il PET, usato per lo stampaggio delle bottiglie di plastica, o le fibre sintetiche utilizzate nelle fodere dei capi di abbigliamento, oppure il polistirolo usato nelle vaschette dei prodotti alimentari o anche il polietilene degli imballaggi alimentari.

Recentemente alcuni scienziati impiegati presso le università inglesi hanno scoperto una nuova tecnica per il riciclaggio chimico della plastica riportandola quasi allo stato iniziale. Questo metodo è in sperimentazione per migliorare la qualità della plastica riciclata al fine di renderla ancora adatta allo stampaggio o alla formatura di nuovi prodotti e nuovi imballaggi chimicamente inerti e puliti.

BEA Technologies è coinvolta nelle fasi inziali di questo processo dal momento in cui è necessario separare dalla platica frammentata una quantità di materiali estranei che potrebbero inquinare il prodotto finale da riutilizzare. Dato che le quantità di questi residui inquinanti può essere consistente, occorre assolutamente adottare dei sistemi di filtrazione in grado di pulirsi e rigenerarsi facilmente dopo aver separato e accumulato tutti i residui che devono essere separati dalla plastica destinata a ridiventare “quasi vergine”. 

Il sistema di filtrazione proposto, che è completamente chiuso per evitare il rilascio di eventuali vapori e odori nell’ambiente di lavoro, si basa su più contenitori filtranti collegati in parallelo e con alta capacità di accumulo, in modo da poter iniziare il ciclo di scarico e pulizia di un filtro mantenendo gli altri in linea senza interrompere la filtrazione. I residui separati dalla plastica, che rappresentano soltanto una frazione minore di quella che viene riciclata, vengono scaricati in un sistema di convogliamento che li può scaricare in un compattatore o in un sistema alternativo di stoccaggio. Aspettiamo di vedere questa tecnologia passare dalla fase sperimentale all’applicazione su scala industriale per dare maggiore impulso al riciclo.