STRATUS everRun soluzione software

everRun è una soluzione software altamente versatile, accessibile e disponibile in modo continuo: combinato con i sistemi x86 standard del settore, protegge in modo rapido e semplice i vostri carichi di lavoro e i vostri dati virtualizzati. Stratus everRun semplifica il processo di messa a disposizione delle applicazioni.

La soluzione basata sul software di everRun collega due server tra loro attraverso una piattaforma di virtualizzazione che accoppia macchine virtuali protette per creare un unico ambiente operativo. L’intero ambiente applicativo, inclusi i dati in memoria, viene replicato da everRun, garantendo che le applicazioni continuino a funzionare senza interruzioni o perdite di dati. Se una macchina fisica dovesse fallire, l’applicazione continua a funzionare sull’altra macchina fisica senza interruzioni o perdita di dati. Se un componente hardware si guasta, everRun sostituisce il componente sano del secondo sistema fino a quando il componente guasto non viene riparato o sostituito.

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Georg Fischer: sistema pre-isolato per circuiti frigoriferi secondari

Il caso di studio di Frimac, per rispondere velocemente alle esigenze di realizzazione di un impianto di condizionamento per circuiti frigoriferi secondari per un centro commerciale

Le origini del progetto

Frimac Srl, con sede ad Albano Laziale, nella provincia di Roma, si occupa di installazione di impianti idraulici, di riscaldamento e di condizionamento dell’aria. La sfida per Frimac era quella di trovare una soluzione per realizzare l’impianto per circuiti frigoriferi secondari, il più rapidamente possibile.

Il progetto prevedeva la realizzazione di un impianto di condizionamento per un Centro Commerciale, da ricavare nella struttura di un ristorante chiuso a causa della crisi pandemica.

La sfida per Frimac era quella di trovare una soluzione per realizzare l’impianto il più rapidamente possibile, in modo da consentire l’apertura del centro commerciale nei tempi previsti dalla committenza.

Questo aspetto rappresentava, infatti, una sfida importante per l’azienda, date le scadenze molto stringenti.

Soluzione tecnica selezionata

COOL-FIT 2.0 F si è dimostrato la soluzione ottimale per questo tipo di installazione.

Il cliente era inizialmente orientato verso una soluzione tradizionale di tipo metallico, ma ha subito intuito le potenzialità del sistema GF. COOL-FIT, infatti, si distingue dal metallo per la sua leggerezza e velocità di installazione.

È un sistema di tubazioni in plastica completamente preisolato, ideale per tutti gli impianti di condizionamento e refrigerazione, adatto per installazioni indoor, outdoor e interrate.

Il sistema COOL-FIT, nella sua versione F, ha un rivestimento es[1]terno a bassa propagazione di fiamma con classe di reazione al fuoco B s2 d0, ideale, quindi, per applicazioni per strutture aperte al pubblico. I componenti non sono soggetti a corrosione e ren[1]dono il sistema affidabile ed efficiente. Inoltre, non richiedono l’operazione di post-isolamento; ciò permette di ridurre del 50% il tempo di installazione, velocizzata ulteriormente dall’impiego di giunzioni per elettrofusione.

Miglioramento raggiunto

A lavoro finito COOL-FIT ha consentito di ottimizzare i costi e il tempo a disposizione, permettendo all’azienda di concludere l’installazione velocemente.

Inoltre, il rivestimento esterno di COOL-FIT 2.0 F è in GF-FR ed è ritardante di fiamma e resistente agli urti.

L’isolamento poliuretanico GF-HE a celle chiuse evita la formazione di condensa, assicura l’efficienza energetica dell’impianto con bassi costi di esercizio.

La superficie interna liscia previene la formazione di depositi e garantisce minime perdite di pressione.

Essendo un sistema decisamente più leggero del metallo, COOL-FIT riduce l’esigenza di ausili esterni per il trasporto, che costituiscono un costo aggiuntivo per l’azienda.

L’impianto è stato inoltre mantenuto a vista perché il design del prodotto ha una resa elegante in linea con l’estetica del Mall.

Vantaggi per il cliente

Soluzione tecnica selezionata Soluzioni pre-isolate per il condizionamento in un centro commerciale.

• Velocità e praticità di installazione;

• Affidabilità e qualità elevata;

• Peso ridotto del 65% rispetto alle tubazioni in metallo;

• Installazione rapida;

• Efficienza energetica;

• Impianto esteticamente piacevole.

Misura di temperatura senza contatto

Optris, azienda tedesca specializzata in tecnologie di misura della temperatura senza contatto e rappresentata nel mercato italiano da Luchsinger srl, ha lanciato la prima termocamera industriale Xi. Un dispositivo innovativo, che fonde i vantaggi derivati dalla precisione delle termocamere con quelli legati alla resistenza di un pirometro

Termocamere serie Xi: le specifiche tecniche

La serie Xi, compatta nelle dimensioni, appare subito resistente e adatta alle applicazioni di misura in campo industriale.

Tutti i modelli hanno un diametro di 36 mm e una lunghezza di 100 mm. Il peso che varia dai 216 ai 220 grammi a seconda dell’ottica selezionata.

A differenza delle serie ad alte prestazioni PI, con ottica intercambiabile, i modelli Xi presentano un’ottica fissa con messa a fuoco motorizzata, selezionabile tra diversi campi visivi per adattare lo strumento alla propria applicazione.

Parlando di prestazioni, le termocamere Xi operano in diversi campi di misura che variano da -20 fino a 1.700°C (Xi 400 MT). La risoluzione ottica varia invece dagli 80 x 80 pixel (Xi 80) ai 382 x 288 pixel (Xi 400).

Misura efficace senza riposizionamento

La nuova Xi 410 dispone di una veloce interfaccia Ethernet e può essere alimentata via PoE. Ciò ne facilita l’installazione, anche a grande distanza dal PC di controllo.

La funzione integrata spot finder, per la ricerca automatica del punto caldo o freddo, comune per tutta la serie Xi, viene utilizzata per misurare con efficacia oggetti in movimento senza dover riposizionare la termocamera. Se la connessione di rete viene interrotta o se il PC collegato presenta un problema, la termocamera passa immediatamente in modalità stand-alone per mantenere continuità nella misura e nel rilevamento di anomalie.

Le termocamere Xi dispongono infine di uscite analogiche e digitali. Inoltre, è possibile definire più aree di misura nella ripresa, di cui 9 con uscite analogiche in funzionamento autonomo.

Tutte queste ed altre caratteristiche rendono la serie Xi di Optris uno strumento unico nel panorama delle misure di temperature nel campo dell’automazione industriale.

Ne sono un esempio le numerose applicazioni gestite dai tecnici della Luchsinger srl per risolvere le problematiche di misura dei propri clienti.

Mitsubishi Electric, presenta un “district” per l’automazione industriale

In occasione di SPS Italia 2023, Mitsubishi Electric ha presentato una panoramica completa di tutte le anime che caratterizzano le attività dell’azienda e in particolare un district per l’automazione industriale

https://it.mitsubishielectric.com/it/news/releases/local/2021/0427-a/pdf/210427-a_local_it_it.pdf

All’interno del “district” per l’automazione industriale Mitsubishi Electric, la prima area è dedicata all’Engineering e permette ai visitatori di vivere l’esperienza di progettazione di impianto in tutti i suoi aspetti, attraverso la presentazione delle soluzioni proposte da Mitsubishi Electric: il nuovo software Gemini per la simulazione 3D, il tool di programmazione GX Works 3, il pacchetto RT Visualbox per i robot.

Ampio spazio è stato riservato ai vantaggi della rappresentazione digitale di una linea di produzione e a come il tool di Virtual Commissioning Gemini possa sfruttare il Digital Twin in tutte le fasi di vita dell’impianto. 

L’azienda ha presentato, inoltre, soluzioni di automazione per il Manufacturing, con un’apposita grafica rappresentante una linea di produzione pensata per raccontare al visitatore le caratteristiche di tutti i prodotti e come è possibile integrarli in soluzioni mirate a risolvere esigenze e problematiche specifiche.

In questa area è stato mostrato il nuovo Tool di Data Science di Mitsubishi Electric chiamato MaiLab, presentato ufficialmente al mercato per l’occasione.

MaiLab è uno strumento di data science per il continuo miglioramento della produzione, che digitalizza “l’esperienza e l’intuizione umana” consentendone la facile integrazione nei sistemi di controllo. 

Mitsubishi Electric ha presentato anche un’area per il Process Automation, con un focus sulle soluzioni di supervisione e controllo attraverso la riproduzione di una “control room” e la presentazione di alcuni casi reali. 

Un’altra area è riservata alle proposte di Maintenance, dagli HMI cost-effective, che permettono di rilevare e visualizzare le variabili dell’impianto, alle soluzioni di manutenzione predittiva basate sull’AI, fino alla presentazione del software SCADA Genesis64 che offre funzionalità specifiche per l’industrial e building automation: dalla funzione CFS (Control Field Service) che permette di fare manutenzione da remoto a tutte le applicazioni nel campo dell’Energy management e della supervisione di impianto. 

Rockwell Automation presenta le sue soluzioni a SPS Italia 2023

Questa edizione di SPS sarà per Rockwell Automation l’’occasione per porre l’accento su uno degli aspetti chiave della fabbrica intelligente presentando la propria innovativa offerta di soluzioni per la visualizzazione e la progettazione digitale

Un calendario di 9 workshop organizzati da Rockwell Automation nelle tre giornate di fiera, con un’alternanza di speaker , permetterà ai partecipanti di avere una panoramica completa su FactoryTalk® Design Hub™.

FactoryTalk Design Hub consente una connettività digital thread senza soluzione di continuità tra i suoi strumenti software di progettazione, visualizzazione, digital twin, archiviazione e accesso da remoto che fornisce agli sviluppatori del sistema di controllo l’accesso immediato e on-demand a tutti i progetti di automazione, indipendentemente dalla sede in cui si trovano, per aiutare queste aziende ad accelerare le loro iniziative che vanno dalla trasformazione digitale alla convergenza IT/OT”. L’attenzione si concentrerà su due delle ultime soluzioni introdotte sul mercato: FactoryTalk® Optix™ and FactoryTalk® Twin Studio™.

FactoryTalk Optix, è un HMI in cloud che abilita il lavoro collaborativo in ottica smart factory. Si tratta di una innovativa soluzione multipiattaforma, scalabile e interoperabile che, in ottica SaaS, permette di sviluppare, simulare e distribuire HMI avanzate tenendo traccia delle modifiche e del versioning in modo automatico. FactoryTalk Optix porta le funzionalità HMI a un nuovo livello, tanto che Rockwell Automation lo definisce uno strumento di “visualizzazione per visionari”.

Factory Talk Twin Studio è una soluzione end-to-end di design dell’automazione in cui gli utenti possono progettare, programmare, simulare, emulare e effettuare il virtual commisioning in un unico ambiente cloud, accessibile da qualsiasi luogo utilizzando un browser web. FactoryTalk Twin Studio permette agli utenti di sviluppare in modo migliore e più rapido il loro prossimo progetto muovendosi fluidamente tra le soluzioni di design di Rockwell Automation e collaborando con i membri del team in tempo reale.

I visitatori potranno approfondire il tema della visualizzazione durante un keynote speech, partecipando alle conferenze oltre che dalla possibilità di toccare con mano le soluzioni e di vederle in azione.

Presso lo stand di ASEM (Pad 6. Stand J012), sarà possibile esplorare a fondo le funzionalità offerte dalla piattaforma per la visualizzazione.  L’azienda italiana specializzata nella fornitura di tecnologie digitali per l’automazione è stata acquisita da Rockwell Automation nel 2020. Proprio di fronte ad ASEM, presso lo stand di Technology BSA, distributore autorizzato di Rockwell Automation, sarà possibile vedere in azione, con l’innovativo software di progettazione Emulate3D collegato a iTrak, la tecnologia di movimentazione a carrelli indipendenti di Rockwell Automation, il tutto controllato da un HMI firmato ASEM.

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INVERTER, i 50 anni di CONTROL TECNIQUES

Inverter, convertitori di frequenza, azionamenti a velocità variabile

Comunque li si voglia chiamare, non è possibile oggi immaginare un’applicazione di movimentazione, sollevamento, traslazione, comando di organi motòri che possa fare a meno delle prestazioni, della precisione e dell’efficienza offerte dall’accoppiata motore-inverter.

Ma quando nascono gli inverter e, soprattutto, chi ha aperto la strada al loro sviluppo?

Oggi gli inverter rappresentano un componente essenziale dei sistemi di automazione.

Negli ultimi 50 anni i progressi fatti dall’elettronica e, ultimamente, dal digitale hanno radicalmente mutato il volto di una disciplina che, forse come nessun’altra, può essere considerata l’emblema della moderna meccatronica.

Chi ha qualche dimestichezza con il mondo dei controlli automatici sa bene che cosa si celi dietro quello che, apparentemente, può sembrare uno dei tanti dispositivi elettronici (magari un po’ costoso) che oggi è possibile acquistare su molti shop on-line.

Matematica, fisica, elettronica, meccanica, informatica: dietro a un variable speed drive, per dirla all’anglosassone, c’è un universo così specializzato e multidisciplinare che è quasi difficile renderne un’idea corretta.

L’evoluzione che, da cinquant’anni a questa parte, ha accompagnato la storia di uno dei nomi più noti in questo ambito, quello di Control Techniques.

Nata nel 1973, Control Techniques è una delle pochissime aziende multinazionali che ha fatto del controllo dei motori elettrici la propria unica, grande, esclusiva missione tecnologica.

I cinque decenni che hanno caratterizzato la sua storia, partita nelle verdi campagne del Galles, possono essere considerati l’emblema di tutti i grandi e importanti passi in avanti che la tecnologia degli variable speed drive ha fatto registrare fino ad oggi.

Un’evoluzione che è andata di pari passo con gli sviluppi dell’elettronica, della miniaturizzazione, della tecnologia digitale e, non ultimo, della ricerca di base, con la messa a punto di algoritmi e tecniche di controllo sempre più raffinati e performanti.

Quando e come sono nati gli inverter?

Per rispondere a questa domanda è necessario compiere un salto indietro nel tempo di quasi 150 anni, esattamente agli anni ’80 del XIX secolo. Nel 1885 Galileo Ferraris, illustre ingegnere e professore del Politecnico di Torino, finalizza una serie di studi sull’elettromagnetismo, in particolare sugli effetti indotti dalla corrente alternata, giungendo alla scoperta del campo magnetico rotante quale principio base per la realizzazione di motori elettrici (per l’appunto a induzione) ben più efficienti di quelli in corrente continua messi a punto da Edison.  

Il 1888 è l’anno cruciale. Ferraris espone le sue scoperte all’Accademia delle Scienze di Torino ma, quasi contemporaneamente, dall’altra parte del mondo, un altro scienziato, dal piglio completamente diverso, visionario e un po’ guascone, ma dotato di una genialità indiscutibile, mette a punto il progetto di un rivoluzionario motore che sfrutta la corrente alternata: il suo nome è Nikola Tesla.

Di chi sarà la vera paternità del motore CA? Ebbene, dopo lo scontro tra Meucci e Bell, quasi contemporaneo a quello tra Ferraris e Tesla, la storia sembra ripetersi, identica: Italia vs. Stati Uniti.

Anni dopo, tra coloro che scesero in campo per difendere l’italianità dell’invenzione vi fu addirittura Carlo Emilio Gadda, che tutti conoscono come scrittore ma che, per formazione accademica, fu innanzitutto un ingegnere.

Ebbene, secondo Gadda il merito dell’invenzione va dato a Galileo Ferraris, che avrebbe avuto l’intuizione di come sfruttare le forze generate dal campo elettromagnetico guardando ai giochi di luce e ombra generati dalle colonne dei portici di Torino dove stava passeggiando in un giorno di primavera.

Di tutt’altro avviso il racconto fatto dallo stesso Tesla, che disse di avere avuto un lampo di intuizione durante una camminata in un parco di Budapest avvenuta anni prima, intuizione che finalizzerà poi in un progetto a Strasburgo nel 1882 in qualità di tecnico ricercatore della Edison Europe.

Che Tesla fosse un egocentrico, a volte millantatore, è un fatto risaputo. Ciò che non potremo mai sapere, invece, è a chi può essere oggi assegnato il merito di questa favolosa scoperta che rivoluzionerà per sempre il mondo industriale.

Il motore elettrico, un volano di sviluppo

Rispetto al vapore, l’elettricità presentava numerosi vantaggi come fonte di energia.

Non solo era pulita (ricordiamo che in quel periodo fiorirono le centrali idroelettriche), ma era ben più efficiente, facilmente trasportabile e poteva essere inserita e disinserita in un attimo, con un semplice click, a differenza di quanto invece bisognava fare con un motore endotermico o a vapore.

Lo sviluppo dei motori elettrici fin da subito ha notevolmente incrementato le potenzialità dell’automazione industriale, alimentando macchine e linee di produzione che via via si sono fatte sempre più efficienti.

Quando Henry Ford nel 1913 iniziò a produrre la Model T nello stabilimento di Highland Park, in Michigan, introducendo il modello della catena di montaggio, i motori elettrici ebbero la prima grande occasione di mostrare le loro potenzialità in ottica di sviluppo e progresso.

Lo stabilimento sfornava vetture al ritmo di una ogni 3 minuti: ciò fece sì che manufatti complessi come le autovetture potessero trasformarsi in beni di massa grazie all’automazione, che consentiva di abbattere drasticamente i costi di produzione.

Tuttavia, nonostante le loro indiscutibili potenzialità, i motori in corrente alternata dovranno attendere ancora qualche decennio prima di affermarsi, principalmente a causa della relativa semplicità con i motori in CC potevano essere regolati in tecnica a velocità variabile.

Gestire efficacemente tutti i parametri elettrici che avrebbero permesso ai motori a induzione di compiere il passo decisivo, a quell’epoca era ancora una sfida decisamente complessa e gli sviluppi tecnici per rendere il controllo di coppia e velocità di questi motori semplice come quello delle unità a corrente continua sarebbero maturati solamente una quarantina di anni dopo.

I favolosi anni ‘50

È nel decennio post bellico del secolo scorso che, grazie allo sviluppo dell’elettronica moderna, all’epoca ancora in fase nascente, vennero realizzate le prime unità di controllo motore a tiristori, dispositivi che di fatto, come vedremo, hanno aperto la strada alla nascita degli azionamenti a velocità variabile. Il principio su cui questi dispositivi si basavano era quello della cosiddetta “trasformazione inversa”: la corrente alternata, trifase o monofase, veniva raddrizzata, quindi nuovamente convertita in alternata, ma con diversi valori dei parametri elettrici, in primis di frequenza, per gestire opportunamente il numero dei giri motore.

Erano nati i primi inverter.

Questa tecnologia mostrava tuttavia dei seri limiti, dovuti principalmente alla lentezza di risposta dell’elettronica a tiristori e alla scarsa flessibilità della tecnica di controllo basata sul rapporto V/f. L’evoluzione dell’elettronica e dei componenti a semiconduttore con dinamiche di commutazione nettamente migliorate portano nei successivi anni ’70 alla nascita di inverter con prestazioni superiori, benchè la tecnica di controllo V/f facesse ancora segnare alcuni limiti in termini di precisione e intervallo di controllo della velocità (confinata in un range piuttosto ristretto, sull’ordine di 1:10), nonché di controllo della coppia, ovvero della capacità di regolare in modo stabile il motore al variare dei carichi applicati all’asse.

La vera svolta nel superare queste limitazioni avviene con l’introduzione della tecnica di controllo vettoriale. Frutto di avanzati algoritmi prevalentemente studiati come ricerca di frontiera in Europa, la regolazione della velocità in tecnica vettoriale avveniva non più agendo sul rapporto tensione frequenza, ma controllando l’orientamento del campo elettromagnetico, così che un motore a induzione poteva essere controllato in maniera del tutto analoga a un motore a corrente continua in fatto di semplicità, rendimento e precisione. Tuttavia, a quell’epoca l’elevata potenza di calcolo necessaria per eseguire in tempo reale le complesse elaborazioni vettoriali non è ancora disponibile. I primi prototipi di inverter a controllo vettoriale nascono quindi come esercizi di fattibilità più fini a loro stessi che non come veri e propri prodotti commerciali.

La rivoluzione della microelettronica

Bisogna attendere gli anni ’80 prima che la tecnica di controllo vettoriale si possa concretizzare in prodotti commercialmente validi.

Dai primi ingombranti azionamenti, si passa allo sviluppo di dispositivi sempre più compatti e potenti, nonché intelligenti e capaci di comunicare non più mediante interfacce di segnale, ma avvalendosi di quelle che ben presto si sarebbero affermate come il nuovo e indispensabile strumento per gestire efficacemente la comunicazione industriale: le reti di campo.

La corsa dei produttori di inverter alla ricerca di prestazioni “tout-court” per i loro dispositivi è finalmente partita. Lo sviluppo ora non guarda più solo alle capacità di controllo, ma agli aspetti legati all’efficienza energetica, alla flessibilità, all’universalità di utilizzo, all’apertura ai vari standard di comunicazione, con un occhio anche alla safety e alla logica programmabile.

Negli anni che seguono, gli inverter si trasformano letteralmente in piccoli ma sempre più potenti dispositivi, completi di tutto quanto serve per fare una vera automazione, capaci non solo di regolare i giri motore e controllare con accuratezza la coppia, ma di gestire logiche, profili di accelerazione/decelerazione, la sicurezza in caso di emergenza, comandare più tipologie di motori e al tempo stesso fornire prestazioni particolari per applicazioni specifiche, addirittura recuperare l’energia ridistribuendola agli altri componenti di sistema in tecnica DC-bus.

I successivi anni ’90, sulla spinta di questo fervore, vedono l’avvento di modelli rivoluzionari, come il mitico Unidrive, il primo inverter dalle reali caratteristiche di universalità, in grado di integrare il controllo di più tipi di motori in un unico prodotto, che segnerà indelebilmente la storia moderna di Control Techniques con oltre un milione di dispositivi installati in tutto il mondo.

Le prestazioni dei microprocessori, delle elettroniche FPGA e dei terminali di potenza in tecnologia IGBT rendono oggi gli inverter dei piccoli grandi mostri, in termini sia di capacità di calcolo, e quindi di controllo, che di densità di potenza.

I moderni azionamenti consentono di liberare tutto il potenziale intrinseco dei motori elettrici per realizzare applicazioni di automazione sempre più performanti e raffinate. E non solo.

Un futuro ancora tutto da scoprire

Le nuove frontiere che il digitale sta aprendo influenzeranno ancora nel prossimo futuro lo sviluppo della tecnologia inverter.

Si pensi ad esempio al ruolo dell’intelligenza artificiale, un asset di per sé intangibile, ma che sta diventando sempre più importante e che porterà l’automazione a un nuovo livello, grazie anche al supporto dell’IoT, che renderà gli inverter dei dispositivi sempre più intelligenti anche nel comunicare con le altre componenti di sistema.

Cos’altro riserverà il futuro della tecnologia agli inverter di prossima generazione? Difficile a dirsi.

Si potrebbe forse azzardare a prevedere che saranno le nuove sfide della mobilità elettrica a incidere sui prossimi sviluppi di questa tecnologia, vista la necessità di rendere sempre più sostenibile il nostro vivere quotidiano e di usare in modo efficiente e intelligente le risorse energetiche di cui disponiamo.

A 250 anni di distanza dai cambiamenti apportati dalla rivoluzione industriale, l’automazione può dire di avere percorso davvero moltissima strada. Gran parte della quale, in epoca moderna, porta l’indelebile impronta che gli inverter hanno impresso grazie alla loro continua, eccezionale evoluzione, nonché pe

Riscaldamento e raffrescamento industriale: impianti a pannelli radianti

L’impianto di riscaldamento radiante, a pavimento, soffitto o parete, sfrutta il fenomeno del trasferimento del calore ad irraggiamento, garantendo un elevato livello di comfort negli ambienti climatizzati. Si tratta di una soluzione efficiente che favorisce il risparmio energetico. Ecco i vantaggi e le differenze tra i diversi impianti radianti

Il riscaldamento e il raffrescamento a pavimento sono una soluzione impiantistica per la distribuzione del caldo e del freddo all’interno di un ambiente. Nelle nuove realizzazioni e in caso di ristrutturazione, spesso sostituiscono i vecchi radiatori, assicurando comfort e risparmio energetico.

Gli impianti di riscaldamento e raffrescamento a pannelli radianti sono tra le tecnologie più efficienti nei sistemi di climatizzazione: funzionano per irraggiamento e quindi distribuiscono calore in maniera omogenea; sono sistemi emissivi a bassa temperatura (a differenza dei termosifoni) e questo permette di abbassare i consumi e di aumentare l’efficienza dell’abitazione e la sua classe energetica; trattandosi di sistemi privi di correnti, non generano polveri, garantendo ambienti più salubri, sono silenziosi e sia il caldo che il fresco si percepiscono velocemente; possono essere integrati con impianti già esistenti (pompe di calore, caldaie, sistemi di ventilazione meccanica controllata) e sono idonei a tutti i generi di edifici.

Impianti radianti a pavimento: cosa sono e come funzionano

Un sistema di riscaldamento a pannelli radianti prevede la presenza di un generatore di calore, un fluido termovettore e, appunto, un terminale di emissione del calore.

I sistemi di riscaldamento radianti hanno, in realtà, origini più antiche di quanto si possa pensare. Il principio che sta alla base degli impianti radianti a parete, soffitto o pavimento, infatti, era lo stesso che i romani usavano per riscaldare le abitazioni, grazie ad un camino che riscaldava dell’aria fatta circolare in apposite intercapedini di muri e pavimenti dell’abitazione. Il sistema si è certamente evoluto e oggi sono disponibili sul mercato tecnologie efficienti e adatte alle esigenze più variegate.

Gli impianti a pannelli radianti possono essere collocati sia a soffitto che a parete, ma la soluzione maggiormente diffusa ad oggi è quella dell’impianto radiante a pavimento.

I sistemi radianti a pavimento sono soluzioni impiantistiche particolarmente indicate quando si vuole contare su un sistema di climatizzazione efficiente. L’impianto si compone di tubazioni di piccole dimensioni, disposte a serpentina sull’intera superficie del solaio, per la circolazione del fluido termovettore, che possono essere integrati nel massetto, nell’intonaco o nel cartongesso di un controsoffittoAl di sotto delle serpentine, poi, si posa un pannello isolante, in modo da evitare che il calore emesso dalle tubazioni sia disperso verso il solaio. Per facilitare l’installazione ci sono anche pannelli prefabbricati completi di tutti gli elementi e già predisposti per ospitare le serpentine. Generalmente l’impianto prevede la posa di pannelli radianti che contengono tubi a serpentina.

Si sono diffuse molte soluzioni con spessori altamente ridotti, in modo da permettere l’installazione anche nei casi di ristrutturazione in cui i locali non sono molto alti.

Il funzionamento del sistema di riscaldamento a pannelli radianti si basa sul fenomeno dell’irraggiamento, che permette lo scambio di calore tra corpi solidi senza dover riscaldare l’aria.

Per funzionare, non è necessario che i pannelli radianti raggiungano temperature particolarmente elevate, ma anzi lavorano a basse temperature, mediamente intorno ai 30/35°.

Nella maggior parte dei casi, questo impianto si combina con una pompa di calore, in quanto si massimizzano i benefici in termini energetici, visto che entrambi lavorano in modo efficiente a bassa temperatura. Nulla vieta, comunque, di installare una caldaia a condensazione.

Infine, è bene sapere che quando si parla di pannelli radianti sarebbe opportuno fare una distinzione tra quelli che si compongono come appena descritto, quindi impianti ad acqua a circuito chiuso, e quelli costituiti da resistenze elettriche.

In questo caso, non è necessario combinare un altro generatore per il riscaldamento dell’acqua, anche se il meccanismo di diffusione del calore è lo stesso, basato sul principio dell’irraggiamento.

Anche il raffrescamento, a pavimento

Tra i vantaggi offerti dai sistemi radianti, che oltretutto assicurano una diffusione uniforme del calore e massimo comfort, c’è anche la possibilità di utilizzare il medesimo impianto sia per il riscaldamento, che per il raffrescamento.

Si tratta di un’alternativa ai classici condizionatori e funziona sempre grazie al principio dell’irraggiamento. In modalità raffrescamento, nelle serpentine scorre liquido refrigerato, in questo caso solo grazie alla pompa di calore installata. Di conseguenza, il corpo caldo che cede calore è proprio l’ambiente da raffrescare.

È importante sapere che per far funzionare il sistema radiante sia in modalità riscaldamento, che raffrescamento, è necessario progettare adeguatamente il sistema fin dal principio, scegliendo materiali adeguati e predisponendo in modo corretto tutti i componenti, inclusi i collettori.

I vantaggi dei sistemi radianti a pavimento

Il risparmio energetico, ormai, è uno dei temi principali quando si parla di nuove costruzioni e di ristrutturazioni. I pannelli radianti a parete, pavimento o soffitto permettono, appunto, di ridurre i consumi energetici necessari a scaldare un ambiente, perché il fluido termovettore (ad esempio l’acqua) che circola al loro interno deve essere portato a soli 30-35°, contro i 70° di un tradizionale radiatore. In sostanza, il lavoro svolto dalla caldaia o dalla pompa di calore è inferiore.

Alcuni dei vantaggi dei sistemi radianti a pavimento sono già stati anticipati, tra cui l’elevata efficienza energetica e la possibilità di gestire con un unico impianto il riscaldamento e il raffrescamento domestico.

Volendo riassumere gli altri, il primo da citare è sicuramente legato alla silenziosità di questi sistemi, che non generano alcun tipo di rumore durante il loro funzionamento.

Inoltre, i pannelli radianti assicurano un comfort interno percepito maggiore grazie al loro meccanismo di funzionamento basato sull’irraggiamento, che è lo stesso fenomeno con cui anche il sole scambia calore alla terra, che fa risultare la sensazione molto naturale e piacevole, evitando le correnti d’aria e i punti freddi comuni nei sistemi di riscaldamento tradizionali. Ancora, lavorando a basse temperature, gli impianti radianti permettono di evitare grandi differenze termiche nell’ambiente e spiacevoli correnti d’aria.

Questi impianti richiedono pochissima manutenzione, hanno una durata notevole nel tempo e possono essere utilizzati in combinazione con fonti di energia rinnovabili, come il solare termico, per ridurre i costi energetici.

Infine, un altro vantaggio che, anche se può sembrare meno importante, non è comunque da sottovalutare.

Scegliere dei pannelli radianti a parete, soffitto o pavimento significa anche eliminare dalla propria casa qualsiasi tipo di dispositivo a vista necessario per riscaldare o raffreddare.

Con il sistema di riscaldamento radiante è possibile dire addio a termosifoni, splitter, ventilconvettori e quanto altro usato per climatizzare gli ambienti, spesso antiestetici.

Tra gli svantaggi, invece, ci sono i costi elevati di installazione, la riduzione dell’altezza dei locali, la necessità di mantenere l’impianto acceso in modo costante e il fatto che, a fronte di un danno a una tubatura, è necessario un intervento invasivo per il ripristino del sistema.

Quanto costa un impianto radiante

La realizzazione di un impianto radiante a pavimento ha costi che variano a seconda della dimensione degli ambienti che si dovranno climatizzare e della tecnologia scelta. La spesa include i costi per l’acquisto dell’impianto, ma anche per la manodopera necessaria alla posa e installazione. Incide sul prezzo, poi, l’acquisto del generatore di calore, nel caso si debba sostituire la caldaia esistente e installare un nuovo impianto. Per dare un riferimento, comunque, è possibile dire che un sistema radiante ha un costo che oscilla dai 60 ai 100 euro al metro quadro circa.

Impianto radiante a pavimento

L’impianto radiante a pavimento è adatto un po’ in tutte le situazioni ed è la soluzione più diffusa. Un’attenta riflessione deve essere fatta nel caso in cui si decida di posare una pavimentazione che abbia un certo potere isolante e che potrebbe ostacolare la diffusione del calore.

L’impianto radiante a pavimento prevede l’installazione di specifici pannelli in cui alloggiano le tubazioni, generalmente in materiale plastico, sotto le quali viene molto spesso posato uno strato isolante, così da ridurre le dispersioni di calore indesiderate.

Uponor Minitec è una soluzione per il riscaldamento e raffrescamento radiante a basso spessore che assicura bassa inerzia ed alta efficienza energetica. Il pannello si può posare direttamente su soletta o pavimentazione esistente grazie allo strato adesivo del pannello bugnato. Lo spessore minimo totale comprensivo di livellina sopra i tubi è di soli 15 mm. Il sistema garantisce ottimo isolamento termico e acustico grazie a specifici pacchetti sviluppati ad hoc: un panello isolante XPS, disponibile in due spessori (10 – 20 mm), assicura l’isolamento termico, mentre quello acustico è fornito da un tappetino per l’abbattimento del rumore da calpestio. E’ disponibile anche un pacchetto comprensivo di pannello isolante XPS e tappetino acustico che unisce le proprietà di bassa inerzia e spessore a quelle di isolamento.

Sopra i pannelli c’è un massetto e infine il pavimento. I costi di installazione sono più elevati rispetto a quelli richiesti per un sistema tradizionale. Inoltre, per agevolare l’installazione di impianti radianti nelle ristrutturazioni, oggi sul mercato sono disponibili impianti a basso spessore. In questi casi è possibile predisporre l’intero sistema, incluso il massetto, in meno di 5 cm.

Riscaldamento radiante a parete

Il riscaldamento a parete a pannelli radianti funziona allo stesso modo di quello a pavimento, ma anziché a pavimento, si utilizza un pannello radiante a parete. Le tubazioni possono essere anche in rame e quindi il riscaldamento avviene più velocemente.

Generalmente si scelgono gli impianti a pannelli radianti a parete, quando la superficie calpestabile del pavimento non è adeguata per generare il calore necessario a riscaldare l’ambiente. Questa tipologia di impianto è, infatti, adatta ad ambienti con particolari vincoli sul pavimento o è spesso utilizzata in ambienti molto grandi come uffici ed open space, dove non sarebbe conveniente né efficace intervenire su tutta la pavimentazione.

Uponor Renovis è un sistema a secco e a bassa temperatura in cartongesso con integrati i circuiti radianti per il riscaldamento e raffrescamento radiante a soffitto/parete. Semplice da installare senza che sia necessario fare lavori di demolizione, permette di effettuare interventi di ristrutturazione continuando a usufruire dell’edificio.

Gli impianti radianti a parete non presentano limiti o difetti rispetto agli impianti di riscaldamento a pavimento, se non il fatto che richiedono una particolare attenzione quando si decide per qualche motivo, di bucare la parete. Un vantaggio in più degli impianti radianti a parete, invece, è che la resa in raffrescamento è molto elevata, paragonabile a quella in riscaldamento.

Riscaldamento a pannelli radianti a soffitto

Il riscaldamento radiante a soffitto viene installato all’interno di un controsoffitto e ha il grande vantaggio di liberare completamente pavimento e pareti. Come gli impianti radianti a parete, anche questa soluzione offre risposte maggiormente reattive rispetto al sistema a pavimento ed è adatto a tutte le tipologie di edificio. Viene spesso scelto anche per edifici come ospedali e capannoni.

pannelli radianti a soffitto possono essere utilizzati anche per il raffrescamento e sono di facile installazione, richiedendo quindi anche costi inferiori per la loro posa. Il sistema può presentare dei limiti quando la struttura dell’edificio presenta determinate caratteristiche, ad esempio un’altezza eccessiva tra pavimento e soffitto.

Tecnologie e detrazioni fiscali per pannelli radianti, intervista all’Ing. Clara Peretti, Segretario Generale Q-RAD

Rispetto a detrazioni e utilizzo dei sistemi a pannelli radianti, abbiamo chiesto qualche chiarimento all’Ing. Clara Peretti, Segretario Generale Q-RAD, Consorzio Italiano senza scopo di lucro Produttori Sistemi Radianti di Qualità, che promuove la cultura del riscaldamento e raffrescamento radiante come strumento per aumentare il comfort e il risparmio energetico.

Quali sono le detrazioni fiscali previste per l’installazione di un impianto di riscaldamento/raffrescamento a pannelli radianti?

Le detrazioni fiscali per i sistemi radianti per il 2023 possono essere richieste per gli interventi di efficienza energetica, per gli interventi di ristrutturazione edilizia oppure per gli interventi sulla sismica. Sono quindi agevolabili al 50% e al 65% in funzione della tipologia di intervento e di immobile che ne fa domanda.

Per quanto riguarda il superbonus, la cui aliquota con la nuova Legge di Bilancio è passata dal 110% al 90% con requisiti più restrittivi per richiederlo (a parte per i condomini che abbiano presentato la CILAS entro il 31 dicembre), i sistemi impiantistici sono inseriti in quanto strettamente collegati all’efficienza energetica. Sono infatti incentivate con Superbonus alcune delle tecnologie che garantiscono risparmio energetico riducendo così i consumi e le emissioni di CO2.

Il tema degli impianti è articolato, in quanto spesso il sistema è composto da molteplici componenti che necessariamente devono essere coordinati. Rappresenta tale complessità il mondo dei sistemi radianti. I sistemi radianti rientrano nel superbonus quando abbinati ad uno degli interventi trainanti di riqualificazione energetica degli edifici individuata dal decreto, come ad esempio l’installazione di una caldaia a condensazione oppure una pompa di calore oppure l’allaccio al teleriscaldamento o abbinati a caldaie a biomassa. I sistemi a pannelli radianti rappresentano la miglior scelta impiantistica perché integrano in un unico terminale riscaldamento e raffrescamento al fine di raggiunger i più elevati risparmi sia energetici che economici.

I sistemi radianti si possono installare con qualsiasi tipo di pavimentazione?

Ceramica, marmo, legno, moquette, pavimenti continui… moltissime sono le tipologie di materiali per le pavimentazioni. Una importante premessa riguarda l’approccio da utilizzare quando si sta valutando quale tipo di pavimentazione utilizzare.

Due sono le possibilità, spesso da integrare:

  • Fare riferimento alle normative del settore (ad esempio per la posa di parquet, rivestimenti ceramici ecc.)
  • Fare riferimento alle indicazioni delle aziende produttrici.

Molto spesso infatti per tipologie particolari di sistemi radianti (come ad esempio i sistemi a basso spessore descritti nella nuova versione della norma UNI EN 1264:2021) oltre alle indicazioni generali riportate nella norma si deve fare riferimento alle indicazioni di progetto e di posa fornite dal produttore di sistemi radianti, dei produttori dello strato di supporto (massetti) e della pavimentazione.

È fondamentale inoltre ricordare che “di norma su un impianto di riscaldamento e raffrescamento radiante è possibile posare qualsiasi tipo di pavimentazione.” È infatti possibile abbinare ad un sistema radiante a pavimento qualsiasi tipo di rivestimento, ma sono necessari alcuni requisiti generali che devono essere rispettati.

Ne è un esempio la resistenza termica: la resistenza termica della pavimentazione (incluso lo stato per la posa, come ad esempio un materassino flottante per il parquet) non deve superare il valore di 0.15 m2K/W (secondo UNI EN 1264 e UNI EN ISO 11855).

Quali sono i vantaggi dei sistemi radianti rispetto a quelli tradizionali?

I vantaggi dei sistemi a pannelli radianti possono essere riassunti in 10 principali punti, ma oltre a questi ve ne sono anche altri, che ogni anno si aggiungono grazie alla rapida risposte delle aziende nel soddisfare la richiesta del mercato.

  • 1) Garantiscono comfort termico, uniformità di temperatura e assenza di correnti d’aria
  • 2) Sono gli unici sistemi di emissione a bassa differenza di temperatura
  • 3) Sono integrabili con pompe di calore e con caldaie efficienti nonché altri generatori che utilizzano fonti rinnovabili
  • 4) Si abbinano con i sistemi di VMC garantendo un’elevata qualità dell’aria indoor
  • 5) Sono adattabili a tutti i generi di edificio: dalla chiesa al museo
  • 6) Aumentano il valore dell’immobile
  • 7) Migliorano la classe energetica
  • 8) Riducono i consumi anche senza riqualificare l’involucro
  • 9) Con un unico impianto si può riscaldare e raffrescare
  • 10) Eliminano per sempre problemi di muffa e di condensa

Gli impianti di raffrescamento e riscaldamento radiante si adattano a diverse tipologie di edifici e si sono affermati come un vero e proprio camaleonte tecnologico. Possono essere utilizzati negli edifici residenziali così come nelle palazzine uffici fino a impianti sportivi come palestre o piscine, edifici per il culto, costruzioni di valore storico-artistico e siti produttivi.

Un’adattabilità a tutte le costruzioni che conferma l’affidabilità degli impianti di raffrescamento e riscaldamento radiante sia per gli edifici nuovi che per le riqualificazioni del patrimonio esistente.

I sistemi radianti sono poi in grado di integrare la temperatura in base a quella dell’ambiente da climatizzare offendo un’elevata qualità degli ambienti indoor unita a una notevole efficienza energetica.

Quanto consuma un impianto radiante?

Il tema dei consumi energetici è oggi ancora più attuale alla luce degli incrementi dei costi di gas e di elettricità. Il consumo di un sistema radiante è strettamente correlato a tutti i componenti ad esso correlati, sia di impianto che di involucro.

Al fine di valutare il consumo è possibile utilizzare la metodologia proposta nella norma UNI/TR 11619:2016 descrive il calcolo dell’indice di efficienza definito RSEE (Radiant System Energy Efficiency), che rappresenta un indicatore complessivo che coinvolge la stratigrafia, i componenti del sistema radiante, le logiche di regolazione e gli ausiliari.

Attraverso un semplice calcolo è possibile confrontare diverse tipologie di sistemi radianti, a pavimento, parete e soffitto.

Tuttavia risulta molto più interessante valutare sistemi di emissione differenti, confrontando ad esempio i sistemi radianti con i radiatori, con i ventilconvettori oppure ancora con i sistemi ad aria.

Fonte/contributo: www.infobuildenergia.it

I nuovi blister in PLA (acido polilattico) by Sacar

I nuovi blister in PLA (acido polilattico): per Sacar un importante passo avanti verso la completa sostenibilità

Sacar, azienda specializzata nell’allestimento di settori espositivi per ferramenta e componentistica d’arredamento, ha ottenuto la prestigiosa Certificazione “OK Compost Industrial”, rilasciata da TŰV (Technischer Überwachungsverein) Italia, uno tra i più autorevoli Enti europei in tema di sicurezza, qualità e ambiente, per aver realizzato i contenitori della minuteria metallica e di altre categorie merceologiche utilizzando il PLA (acido polilattico), una bioplastica ottenuta dalla trasformazione di zuccheri presenti nel mais e in altri materiali naturali, quindi totalmente compostabili.
Per l’azienda brianzola rappresenta un prestigioso riconoscimento, che le riserva una
posizione di assoluta leadership nel proprio settore, anche sotto il profilo della
sostenibilità e del rispetto dell’ambiente.
“Per noi si tratta di una grande soddisfazione e di uno step importante nella storia della nostra realtà” commenta Marco D’Adda, Responsabile Commerciale e Ricerca & Sviluppo Sacar” perché si collega alla nostra scelta etica aziendale di ridurre il più
possibile l’utilizzo della plastica. E, poiché siamo i soli a utilizzare blister in materiale
compostabile, possiamo orgogliosamente affermare di avere questo vantaggio
competitivo rispetto ai nostri concorrenti”.
Il processo per ottenere questo riconoscimento è stato molto impegnativo, in linea con l’autorevolezza dell’Ente che l’ha rilasciato: le pratiche sono iniziate nel 2021 e le
procedure sono durate più di un anno, un percorso davvero molto lungo che ha richiesto all’azienda tempo e numerose risorse.
“La Certificazione” spiega Marco D’Adda, “conferma il fatto che tutti i materiali utilizzati per la confezione sono compostabili, inclusi gli scarti di produzione: è stato quindi necessario fornire la documentazione relativa sia alla vaschetta, sia al top sia al ribbon (ossia il nastro per termo-stampante). Si tratta di materiali che sono acquistati da aziende a loro volta certificate, ma TŰV richiede una regolarizzazione in tal senso anche da parte di Sacar”.
Nelle procedure di Certificazione, coordinate da Marco D’Adda, sono state coinvolte
numerose figure aziendali, responsabili delle varie funzioni, in base alle rispettive
competenze. “Questo riconoscimento” conclude “non è che il più recente passo di un
percorso di impegno ecologico partito nel 2010 con la realizzazione della nuova sede interamente concepita in funzione del basso impatto ambientale”.


SACAR
Presente sul mercato da oltre 50 anni, l’azienda è specializzata nell’allestimento di settori espositivi per ferramenta e componentistica d’arredamento, dedicati a centri self service per bricolage e fai da te. È focalizzata sulla qualità del prodotto e del servizio al cliente, dal momento dell’ordine alla consegna. Con le sue circa 8.000 referenze, collaboratori e partner qualificati, e un portfolio clienti nazionali, è leader nel suo settore di riferimento.

La nuova sede di Meda (MB) si sviluppa su oltre 5.000 metri quadrati dotati di impianti energetici a basso impatto ambientale, macchinari d’avanguardia e magazzino elettronico. Uno showroom accogliente con monitor e didattiche fotografiche presenta la gamma completa dei prodotti Sacar.

L’attuale focus dell’azienda è rappresentato dall’attenzione per la
salvaguardia dell’ambiente, per questo da oltre 15 anni ha ridotto al minimo i consumi energetici, ha dotato l’immobile di pannelli solari, e utilizza ormai il PLA (acido polilattico) per il confezionamento e l’imballaggio della maggior parte dei prodotti di minuteria e ferramenta.
www.sacardue.it

B&R, produzione multidimensionale con ACOPOS 6D

Con ACOPOS 6D, B&R inaugura una nuova era per la produzione multidimensionale. Le navette a levitazione magnetica spostano liberamente i singoli prodotti attraverso la macchina

Sono finiti i giorni in cui i sistemi di movimentazione convenzionali imponevano tempistiche rigidamente ancorate a un processo di produzione multidimensionale sequenziale. ACOPOS 6D è ideale per la produzione di piccoli lotti con frequenti cambi di design e dimensioni da un prodotto all’altro.

ACOPOS 6D si basa sul principio della levitazione magnetica per la produzione multidimensionale.

Le navette integrano magneti permanenti che li mantengono sospesi sopra la superficie continua creata da segmenti di motore elettromagnetico.

I segmenti modulari del motore misurano 240 x 240 millimetri e possono essere disposti liberamente, a creare qualsiasi forma dello spazio di movimento.

Con una gamma di navette di varie dimensioni è possibile trasportare carichi utili da 0,6 a 14 chilogrammi e raggiungere velocità fino a 2 metri al secondo.

Le navette possono muoversi liberamente nello spazio bidimensionale, oltre a ruotare e inclinarsi lungo tre assi e a levitare con un preciso controllo della quota. Combinati, questi movimenti consentono un controllo a sei gradi di libertà.

Riduci l’ingombro della tua macchina

I sistemi di trasporto convenzionali occupano molto spazio all’interno dello stabilimento solo per spostare i prodotti da A a B – senza dare alcun contributo reale ai processi di produzione multimensionale a valore aggiunto.

Con l’introduzione della tecnologia a levitazione magnetica, il modello tradizionale di trasporto lineare dei prodotti si sta dissolvendo per rivelare uno spazio di lavorazione e di produzione multidimensionale. Uno spazio in cui i confini tra trasporto e lavorazione scompaiono.

Oltre a trasportare i prodotti, il sistema di trasporto esegue anche compiti di lavorazione multiasse – aggiungendo una flessibilità essenziale in una frazione dello spazio.

ACOPOS 6D permette di controllare simultaneamente fino a quattro navette per ogni segmento di motore da 240 x 240 mm – per una densità di lavorazione massima di quasi 70 prodotti per metro quadro.

La pianificazione del percorso viene calcolata individualmente per ogni navetta, permettendo un controllo completamente indipendente. Questa combinazione di alta densità di navette e flessibilità illimitata del percorso rende le macchine e le linee sostanzialmente più piccole ed esponenzialmente più produttive.

Spazio ridotto

ACOPOS 6D offre una densità di navette fino a quattro volte superiore a quella degli altri sistemi presenti sul mercato grazie alla capacità unica di controllare quattro navette sullo stesso segmento di motori contemporaneamente.

Le navette possono essere utilizzate anche come assi nelle stazioni di lavorazione. Una navetta che trasporta un pezzo può, ad esempio, seguire un percorso CNC permettendo il montaggio rigido dell’utensile di lavorazione. Le stazioni di pesatura possono essere eliminate completamente, poiché ogni navetta può anche servire come pesa ad alta precisione. Ciò rende possibile la progettazione di una macchina più compatta.

Zero usura

Le navette ACOPOS 6D fluttuano liberamente senza alcun contatto meccanico né attrito.

In assenza di usura non ci sono parti da manutenere. Una semplice copertura in acciaio inossidabile sopra i segmenti del motore offre all’ACOPOS 6D una protezione IP69K – il che lo rende ideale per l’uso in camere bianche o per la produzione di alimenti e bevande.

Completamente integrato

ACOPOS 6D è completamente integrato nell’ecosistema B&R. Ciò consente di sincronizzare, con precisione al microsecondo, le navette con servo assi, robot, sistemi track e sistemi di visione. La pianificazione del percorso delle navette avviene in un controllore dedicato, collegato alla rete della macchina tramite POWERLINK – eliminando ogni possibile impatto sulle prestazioni della rete o del sistema di controllo della macchina. Per sistemi con oltre 200 segmenti o 50 navette, è possibile sincronizzare più controllori tra loro.

Navette intelligenti

A differenza di sistemi simili, a ogni navetta ACOPOS 6D viene assegnato un ID univoco a livello globale. All’avvio, il controllore localizza immediatamente ogni navetta sui segmenti del motore, e la produzione può iniziare senza lunghe sequenze di homing o input manuale da parte di un operatore. Le navette offrono una ripetibilità di posizionamento di ±5 µm, rendendo ACOPOS 6D perfettamente adatto per applicazioni con requisiti di posizionamento stringenti, come quelle nell’industria elettronica e nell’assemblaggio di componenti meccanici ed elettronici.

Enormi possibilità, facilmente

ACOPOS 6D apre possibilità quasi illimitate nella progettazione delle macchine, pur essendo decisamente facile da configurare. Sofisticati algoritmi assicurano che le navette seguano un percorso ottimale evitando collisioni e riducendo al minimo il consumo di energia. Gli sviluppatori sono liberi di concentrarsi sul loro compito primario: sviluppare processi macchina ottimizzati, che garantiscano la massima produttività.

Automazione e Robotica in continua evoluzione

L’evoluzione della robotica non smette di stupire. Accanto allo sviluppo di umanoidi sempre più evoluti, come il robot di Tesla e di altri robot ispirati al regno animale, soprattutto nel Belpaese, cresce la robotica industriale

Quest’anno, proprio alla biennale internazionale della macchina utensile BI.MU, che si è svolta in Fiera Milano Rho dal 12 al 15 ottobre, i robot hanno trovato uno spazio tutto loro in RobotHeart, una “fiera nella fiera dedicata alla robotica, alla quale Siri ha dato un contributo organizzativo e culturale”.

Sono stati presenti tutti i maggiori player italiani del settore e partecipano anche i fornitori di componenti perché un’isola robotizzata o una linea è fatta non solo di robot ma di una serie di impianti e macchine di contorno, che implicano una grande mole di investimenti e di lavoro”, spiega Domenico Appendino, presidente di SiriAssociazione Italiana di Robotica e Automazione – che patrocinia RobotHeart.

Il Mercato

Nella giornata del 14 ottobre, Siri ha presentato i dati sulla robotica italiana in una data che “è il giorno dopo la presentazione, a Francoforte nel corso di CORA 2022, dei dati globali sulla robotica da parte dell’IFR.

Vengono quindi conglobati i dati statistici di Siri con quelli pubblicati dalla Presidente dell’International Federation of Robotics Marina Bill per avere una visione globale sulla situazione d’insieme”.

SIRI ha curato anche il Convegno Intelligenza Artificiale per la Robotica: efficacia, limiti, prospettive con la partecipazione di AIRO, il Gruppo di Lavoro in AI e Robotica di AIxIA, Associazione Italiana per l’Intelligenza Artificiale, e patrocinato da AIxIA e I-RIM, Istituto di Robotica e Macchine Intelligenti.

Tema del convegno, l’Intelligenza Artificiale, un tema nuovo per Bi-Mu e un settore molto promettente per la robotica che, allo stesso tempo, genera qualche riflessione a livello tecnologico, etico e sul lavoro.

L’era dei Cobot

Domenico Appendino ritiene che i collaborative robot, presenti negli stand della Bi-Mu, siano molto importanti per il loro essere robot che sono usciti dalle ‘gabbie’.

La consistenza numerica attuale dei cobot è molto inferiore a quella dei robot perché si tratta di un segmento nato recentemente e con caratteristiche diverse da quelle dei classici robot industriali.

I cobot però rappresentano “uno dei grandi fattori di crescita della robotica, che ha retto anche nei periodi di lockdown.

Il fatto che siano arrivati quando la robotica tradizionale era già matura ha permesso ai cobot di avere costi vantaggiosi (un fattore che li rende adottabili anche da imprese non grandi) ed essere tecnologicamente avanzati e quindi più facili da programmare e usare.

La possibilità che hanno di lavorare a fianco degli umani nella stessa area impone precauzioni speciali ma offre possibilità nuove e un ventaglio di possibili applicazioni più ampio.

I cobot possono infatti essere inseriti nelle linee preesistenti senza modifiche radicali, cosa invece richiesta dai robot in gabbia, più veloci e produttivi ma più invasivi”.

Un triennio delicato
Dal 2020 a oggi si sono presentate molte difficoltà, dalla pandemia all’aumento dei prezzi fino alla scarsità di materie prime e chip e alla guerra in Ucraina. Anche la robotica ne ha risentito “ma i dati globali del 2019 erano già in discesa per le tensioni fra USA e Cina e per i cambiamenti nell’automotive: le loro vendite sono passate dalle circa 420 mila unità del 2018 alle 382 mila del 2019.

Nel 2020, nonostante la pandemia, le vendite si erano riportate ai livelli del 2018 e anche per il 2021 prevediamo dati in crescita, una tendenza che si dovrebbe confermare anche quest’anno.

Le prospettive per il 2023 sono invece più incerte ma la robotica sembra risentire meno di altri settori per le attuali difficoltà.

Il motivo è che la robotica nel 2019 ha sofferto più di altre attività mentre il suo rendere più sicure le fabbriche, diminuendo i contatti umani e riuscendo a implementare flessibilmente funzioni diverse, l’ha resa molto appetibile durante e dopo la pandemia.

I dati italiani vedono il 2021 in crescita del 50% rispetto al 2021 e pensiamo che anche gli altri paesi confermeranno questi trend”.

La scarsità di semiconduttori ha colpito indubbiamente anche la robotica ma alla fine con un effetto piuttosto limitato.

Il motivo è da ricercare nel fatto che “chi produce robot ha anche un’attività nel settore del controllo numerico e quindi fornisce anche molti altri componenti degli impianti. L’evoluzione tecnologica del settore ha poi consentito di unificare molte funzioni in pochi componenti invece che in decine di PC industriali e questo ha ridotto le criticità dell’approvvigionamento. L’industria della robotica, poi, ha mantenuto ordinativi molto più costanti rispetto a quelli altalenanti dell’automotive, che ha perso molte forniture perché le ha quasi bloccate durante il lockdown e le ha poi recuperate con difficoltà e parzialmente”.

Incentivi, robot e industria 4.0

Appendino si è detto convinto dell’esistenza di un legame, aggiungendo inoltre che “molti robot sono comprati da aziende italiane, ma vengono poi trasformati o inseriti in linee e impianti che vengono poi esportati. Siamo sempre stati una Nazione capace di trasformare ed esportare robot e/o impianti completi, nei quali il valore dei robot è circa un terzo del totale. Gli incentivi hanno aiutato a svecchiare e modernizzare soprattutto le macchine utensili e l’automazione ma anche la parte robotica se ne è avvantaggiata”.