Trasduttori e Trasmettitori di pressione da KELLER

trasmettitori di pressione Keller

KELLER, il principale produttore di trasduttori di pressione e trasmettitori di pressione, è sinonimo di qualità e precisione svizzere

Dalla fondazione dell’azienda, lo sviluppo e la fabbricazione di tutti i prodotti avvengono nei reparti produttivi di Winterthur.

La consulenza specializzata è invece compito dei nostri responsabili tecnico-commerciali madrelingua; complessivamente, in tutto il mondo sono più di 480 i dipendenti che contribuiscono al successo dell’azienda. Tutto ciò rende KELLER il principale produttore di trasduttori di pressione| e trasmettitori di pressione, certificato secondo la norma ISO 9001.

KELLER Pressure fu fondata nel 1974 dall’inventore della cella di misura integrata in silicio, il fisico Hannes W. Keller. Oggi i suoi due figli, Tobias e Michael Keller, sono responsabili dell’attività aziendale. L’azienda è interamente proprietà di famiglia e ha 480 dipendenti.

KELLER PRESSURE
Leader del mercato nella produzione di trasduttori di pressione e trasmettitori di pressione isolati

KELLER punta consapevolmente sulla piazza economica svizzera. L’intera creazione di valore avviene nella sede principale dove opera anche la maggior parte dei dipendenti. Per questo, tutti i prodotti KELLER portano il sigillo di qualità «Swiss Made» e incorporano la sensibilità svizzera per qualità, funzionalità e affidabilità.

KELLER Druckmesstechnik AG, inclusa KELLER Gesellschaft für Druckmesstechnik mbH Jestetten, è certificata ISO 9001. Ciò garantisce la riferibilità delle grandezze di misura ai campioni nazionali.

Strumenti di misurazione della pressione piezoresistivi ad alta precisione in diverse versioni

La fabbricazione e la distribuzione di oltre 1,2 milioni di celle di misura della pressione all’anno è la competenza centrale di KELLER.

Grazie ai campi di pressione che vanno da 5 mbar a 2000 bar e grazie al vasto bagaglio di esperienze, i prodotti KELLER coprono un ampio spettro di esigenze.

Al centro vi sono sempre i desideri dei clienti. Gli oltre 45 anni di esperienza si combinano con un animo innovativo allo scopo di trovare soluzioni adeguate per applicazioni individuali.

I trasmettitori di pressione sono sensori dotati di un’elettronica supplementare per compensare scostamenti dalla linearità ed errori di temperatura ed emettere i risultati della misurazione come segnali normalizzati. Il segnale di ciascun trasmettitore viene rilevato rispetto all’intero andamento della pressione e della temperatura e tarato all’intervallo dei segnali desiderato.

Keller offre una gamma completa di trasmettitori di pressione:

  • Trasmettitori per applicazioni industriali e in zone a rischio
  • Trasmettitori per biotecnologie e industrie alimentari
  • Impianti e strumentazioni per il trattamento acqua

Sensori intelligenti con indicazioni digitali

Su scala mondiale siamo il maggior produttore di sensori di pressione isolati basati sul principio piezoresistivo.

Ogni anno consegniamo 600.000 sensori ai fornitori OEM per integrarli nei loro sistemi.

I sensori Keller sono alla base di strumenti digitali per la misurazione della pressione incorporati in sede di fabbrica.

L’Italia riparte dal biotech

L’Italia riparte dal biotech
Settore in crescita alla ricerca di investimenti

Sono 696 le imprese biotech attive in Italia secondo il nuovo rapporto Assobiotec ed Enea su “Le imprese di biotecnologia in Italia. Facts&Figures” che mostra un settore in crescita, a forte intensità di ricerca e sviluppo ma che ha bisogno di rafforzarsi sotto il profilo dimensionale per migliorare la propria competitività a livello internazionale

Il settore biotech in questi primi mesi del 2020 ha mostrato tutte le sue potenzialità nella reazione all’emergenza sanitaria causata dalla diffusione del Sars-Cov2. E si sta sempre più affermando come tecnologia chiave per una ripartenza “sostenibile” del Paese

A testimoniare il ruolo che il biotech sta giocando nella battaglia globale contro la pandemia e che tipo di impatto ha avuto la diffusione del virus Sars-CoV-2 sul comparto biotech nazionale è stato un sondaggio “Biotech vs Covid19” lanciato nel mese di aprile da Assobiotec.

I risultati mostrano un importante coinvolgimento delle imprese presenti sul nostro territorio nella ricerca e nella produzione di soluzioni contro il virus (57% del campione) con particolare riferimento all’area della diagnostica (44%) e della ricerca di terapeutici (34%). Solo il 7% dichiara invece di essere impegnato nella ricerca di un vaccino.

Significativo è l’effetto che la pandemia e il lockdown stanno avendo sul comparto: sebbene il 60% del campione indichi di continuare a portare avanti il proprio business, anche se in modalità differente, il 40% si è vista costretta a ridimensionare (29%) o bloccare (11%) la propria attività.

A soffrire in particolare le realtà a capitale italiano che nel 13% dei casi hanno dovuto bloccare totalmente le attività in corso, mentre le imprese con headquarter estero sono riuscite tutte a proseguire le attività (dato imputabile al fatto che queste realtà svolgono in prevalenza attività più vicine al mercato e sono dunque meno esposte ad attività ad alto rischio di R&S).

Tante e differenti le difficoltà operative incontrate fra carenza di clienti (32%), logistica (29%) e crisi di liquidità (25%). Carenza di budget (36%), inaccessibilità dei laboratori e sospensione delle attività di arruolamento di pazienti negli studi clinici (21%), mancanza di materiali (19%) sono invece i principali fattori alla base di un rallentamento generale delle attività di R&S.

E alla domanda “Superata l’emergenza, se dovesse indicare 2 priorità sulle quali le Istituzioni dovrebbero lavorare per permettere alla sua impresa di svilupparsi e di affrontare meglio sfide future come questa?”

Quasi la metà delle imprese italiane ha risposto che è urgente individuare un piano di lungo periodo per la Ricerca e l’Innovazione (42%) così come allocare più investimenti in R&S (41%), mentre le imprese a capitale estero chiedono minore burocrazia (28%) e l’individuazione di un pacchetto di sgravi fiscali (14%).

Il fatturato totale del Biotech in Italia 

Questo dato ha registrato di aver superato i 12 miliardi di euro a fine 2019, con un incremento medio annuo tra il 2014 e il 2018 di circa il 5%. Due terzi del fatturato è generato dalle imprese a capitale estero, che sono appena l’11% delle imprese censite, e sono attive soprattutto nell’area della salute.

L’80% dell’industria biotech in Italia è costituito da imprese di piccola e micro dimensione, che hanno avuto un ruolo propulsivo nella dinamica di crescita dell’intero comparto. Fra il 2017 e il 2019 sono state registrate oltre 50 nuove start-up innovative attive nelle biotecnologie.

In tutto, sono oltre 13 mila gli addetti biotech in Italia, di cui il 34% impiegato in attività di Ricerca e sviluppo. È il quadro che emerge dal nuovo rapporto su Le imprese di biotecnologie in Italia, realizzato grazie all’ormai consolidata collaborazione tra Assobiotec ed ENEA.

Il 49% delle imprese biotech ha come settore di applicazione prevalente quello legato alla salute, che storicamente si connota come il settore che per primo ha dato impulso allo sviluppo delle tecnologie biotech. Il 39% delle imprese biotech produce e/o sviluppa prodotti e servizi sia di carattere industriale o volti alla prevenzione e mitigazione dell’impatto ambientale (30%), sia per applicazioni agricole e zootecniche (9%), rappresentando una delle principali leve innovative per i settori della bioeconomia. L’area delle applicazioni in Genomica, Proteomica e Tecnologie Abilitanti – GPTA risulta presente nel 12% delle realtà censite.

Coronavirus, il maxicomputer del Cineca di Bologna al lavoro per un vaccino

marconi cineca

Buone notizie arrivano da Bologna: un maxicomputer è entrato in azione per scovare un vaccino per il Coronavirus

Si tratta del progetto a trazione italiana “Excalate4CoV”, messo in atto dal Cineca, il più importante centro di elaborazione tecnologica per la ricerca scientifica in Italia.

Il Cineca ha ottenuto, il 6 marzo scorso, un finanziamento europeo di tre milioni di euro.  La Commissaria dell’Innovazione della Ue Mariya Gabriel ha dichiarato nel comunicato stampa: “Grazie ai fondi di emergenza, i ricercatori sono in grado di attivarsi immediatamente per contrastare l’epidemia di coronavirus su varie fonti e trovarne il vaccino.

Vedere la comunità dei ricercatori attivarsi in modo così rapido ci dà nuove speranze di avvicinarci presto all’obiettivo di fermare la diffusione del virus grazie a un vaccino specifico”.

Il team che condurrà le ricerche è guidato dalla Dompé farmaceutici e incorpora 18 organizzazioni europee. Ne fanno parte anche l’Università di Milano, quella di Cagliari, la Federico II di Napoli, lo Spallanzani di Roma, l’Infn e l’associazione BigData. Il fulcro di Excalate4CoV è trovare un vaccino per il coronavirus sfruttando il programma di calcolo “più performante al mondo”, in grado di analizzare tre molecole in un solo secondo, partendo da un assortimento di 500 milioni di molecole.

Così facendo si conta di poter trattare l’infezione tra i soggetti contagiati e di riuscire a estrapolare un vaccino per debellare il coronavirus.

Le biotecnologie, unite alla sempre maggiore potenza di calcolo e all’avanzamento dell’intelligenza artificiale, potranno accelerare tutti i processi di ricerca.

La procedura in dettaglio

Il super computer sarà coadiuvato da altri sistemi intelligenti per la realizzazione e la successiva verifica degli esperimenti in laboratorio per la ricerca del vaccino contro il coronavirus.

Presupposto indispensabile è l’analisi dei geni relativi alla malattia.

A tal fine è prevista una suddivisione dei compiti: l’università di Cagliari agirà in campo biologico, la Federico II valuterà il migliore composto e lo rapporterà alle cure, lo Spallanzani si occuperà della fase di sperimentazione del possibile vaccino sugli esseri umani.

Una sorta di collaborazione sinergica per trovare una soluzione all’epidemia da Covid-19.

I costi del vaccino sono elevati

Il vaccino contro il nuovo coronavirus SarCov2 costa circa 900 milioni di dollari, secondo il Presidente di Farmindustria Massimo Scaccabarozzi che dichiara che se i costi sono alti dipende soprattutto dalla tempistica con cui si arriva a “disporre in sequenza” un virus.

“I costi derivano ovviamente dalle varie fasi di sperimentazione necessarie per la messa a punto del vaccino”, spiega il presidente e aggiunge che le varie fasi della procedura vanno dalla sperimentazione in vitro a quella sugli animali, fino ad arrivare ai test sull’essere umano. Al momento sono in corso di sperimentazione circa 30 vaccini per il nuovo coronavirus [VIDEO] a livello globale.

Link: Coronavirus; l’infezione tra i soggetti contagiati;  vaccini per il nuovo coronavirus [VIDEO]

Innovazione: accordo ENEA-MITO Technology per investimenti in tecnologie per la sostenibilità

accordo Enea-Mito
Facilitare l’accesso a fondi di venture capital per accrescere gli investimenti in tecnologie innovative nel campo della sostenibilità

È l’obiettivo dell’intesa sottoscritta fra ENEA e MITO Technology, società specializzata nella valorizzazione dei risultati della ricerca a supporto di università ed enti pubblici e advisor strategico del fondo di investimento Progress Tech Transfer, lanciato nel 2019 e sottoscritto dal Fondo europeo per gli investimenti (FEI) e da Cassa Depositi e Prestiti (CDP) con una dotazione iniziale di 40 milioni di euro per l’innovazione nel settore della sostenibilità.

In particolare, attraverso l’intesa con MITO, ENEA e Progress Tech Transfer collaboreranno per accrescere gli investimenti in tecnologie sviluppate dall’Agenzia nei settori energia, ambiente, nuovi materiali e per favorirne il trasferimento verso imprese esistenti o attraverso la creazione di spin-off.

A livello operativo, Progress Tech Transfer concorrerà a selezionare progetti ENEA di “proof of concept” (a basso livello di maturazione tecnologica), sui quali indirizzare le risorse finanziarie necessarie al loro sviluppo, con l’obiettivo di arrivare all’industrializzazione e alla commercializzazione di nuovi prodotti.

“Siamo particolarmente soddisfatti dell’accordo raggiunto con ENEA – ha dichiarato Francesco De Michelis, amministratore delegato di MITO Technology – perché si tratta di un interlocutore cruciale nei settori di interesse di investimenti in tecnologie Progress Tech Transfer e un potenziale canale di alimentazione del dealflow, che ci consentirà di concentrarci sulle attività peculiari di Progress Tech Transfer come finanziatore di programmi di proof of concept.

Nell’interesse anche delle generazioni che verranno, ci auguriamo di identificare progetti nel settore della sostenibilità che arriveranno al mercato e aiuteranno a risolvere le sfide ambientali, energetiche, produttive del nostro tempo”.

“Questa collaborazione con un soggetto di particolare rilievo – ha sottolineato il presidente ENEA Federico Testa – è un risultato importante anche nell’ambito della strategia di Knowledge Exchange lanciata da ENEA per rafforzare il trasferimento di tecnologie innovative e servizi avanzati alle imprese.

Accordi analoghi sono stati siglati con altri operatori del venture capital con l’obiettivo di  accrescere le opportunità di valorizzazione dei risultati della ricerca ENEA in particolare nel campo delle biotecnologie e dei materiali avanzati”.

L’accesso ai fondi di venture capital rappresenta uno dei tre ‘pilastri’ della ‘Knowledge Exchange Strategy, la strategia lanciata da ENEA nel 2018 per rafforzare il trasferimento tecnologico alle imprese. Gli altri due pilastri sono il il fondo interno di Proof of Concept e il Knowledge Exchange Program (KEP), realizzato in collaborazione con CNA, Confapi, Confartigianato, Confindustria e Unioncamere. Il KEP dà alle aziende la possibilità di iscriversi gratuitamente al portale www.kep.enea.it, che raccoglie tecnologie, competenze e infrastrutture ENEA suddivise per specifiche aree tematiche: energia, beni culturali, diagnostica avanzata, strumenti medicali, biotecnologie e agroindustria e sicurezza delle infrastrutture critiche.

Le imprese che si iscrivono vengono contattate da un Knowledge Exchange Officer (KEO), un ricercatore ENEA esperto in trasferimento dell’innovazione, in grado di individuare soluzioni ‘su misura’ dell’impresa iscritta, di organizzare visite ai laboratori e incontri diretti con i ricercatori.

In cinque mesi al programma – che segue il modello di esperienze di successo come l’Industrial Liaison Program del MIT di Boston – hanno aderito circa 100 imprese, prevalentemente per i settori energia e diagnostiche avanzate, e sono in via di perfezionamento le prime partnership.

Il Fondo interno per il Proof of Concept ha una dote triennale di 2,5 milioni di euro per supportare lo sviluppo di tecnologie innovative ENEA, in partnership con imprese interessate a condividere il rischio dell’investimento; ENEA non finanzia le imprese, ma specifici progetti al cui sviluppo contribuiscono le imprese stesse, selezionate  a seguito di una manifestazione di interesse.  I progetti vengono valutati da un’apposita commissione costituita da esperti di IBAN, l’Associazione Italiana dei Business Angels: nei primi due anni di avvio del Fondo sono stati finanziati 38 progetti con circa 1,67 milioni di euro, a fronte degli oltre 170 presentati.

“KETBIO” la valorizzazione e lo sfruttamento delle biotecnologie industriali

ketbio

Il progetto “KETBIO” è promosso in Italia da SC Sviluppo chimica S.p.A., società di servizi interamente controllata da Federchimica.

Il portale web www.ketbio.eu rappresenta una piattaforma collaborativa nata per promuovere la reciproca conoscenza degli stakeholders europei – sia pubblici, come le Università, sia industriali – nel campo dell’industrial biotech. 

In questa piattaforma online, il cui accesso è gratuito, i potenziali interessati – in primis scienziati e ricercatori pubblici e privati, ma anche finanziatori ed amministratori pubblici – possono promuovere congiuntamente l’avvio di iniziative di collaborazione per l’utilizzo delle biotecnologie industriali. 

Di seguito i prossimi appuntamenti online:

Mercoledì 18 marzo ore 15.00

Webinar – Lombrichi, pulci d’acqua e batteri: lo sviluppo tecnologico al servizio del trattamento decentralizzato delle acque reflue

Garantire la disponibilità e la sostenibilità della gestione delle acque e dei servizi igienico-sanitari rappresenta una delle maggiori sfide globali di questo secolo. L’accesso all’acqua potabile è un diritto di tutti e le limitazioni all’accesso di risorse idriche potrebbero essere causa di crisi e conflitti regionali, mentre ci sono ancora 4,2 miliardi di persone che vivono senza servizi igienico-sanitari gestiti in sicurezza.
Durante il prossimo webinar di KETBIO, gli esperti del progetto INNOQUA H2020 presenteranno la loro proposta di innovazione per rispondere a questa importante sfida: un sistema modulare per il trattamento delle acque, basato sulla capacità depurativa dei microrganismi biologici (lombrichi, zooplancton e microalghe), che attualmente opera in condizioni reali presso gli 11 impianti dimostrativi dislocati tra Europa, Asia, Africa e Sud America.
La soluzione proposta da INNOQUA può adattarsi alle esigenze specifiche e ai fabbisogni di diverse situazioni di mercato che si possono presentare nel mondo, a livello locale. Infatti, ha dimostrato di potersi applicare in una varietà di luoghi come aree rurali, strutture agricole o quartieri urbani, hotel e insediamenti informali. Sebbene il sistema INNOQUA sia particolarmente rilevante per gli utenti dei Paesi in via di sviluppo, ha anche un grande mercato potenziale nel aree più sviluppate del Pianeta.

La partecipazione è gratuita previa registrazione sul portale di KETBIO

Giovedì 19 Marzo 2020 ore 10.00-15.00

KETBIO Online Marketplace

Il KETBIO Online Marketplace sperimenta un nuovo formato per l’evento virtuale di networking che combina insieme la presentazione di innovazioni nel campo dell’Industrial Biotech da parte di esperti tecnologici, discussioni, riunioni one-to-one (partnering) e l’offerta e la domanda di tecnologie o competenze industriali necessarie per lo sfruttamento commerciale.
Che tu sia in possesso delle competenze tecnico-scientifiche e sia alla ricerca di un partner industriale per la commercializzazione di un’idea innovativa, che tu sia interessato a determinati sviluppi tecnologici di interesse per l’impresa in cui operi, o che tu sia un ricercatore interessato a capire come promuovere e sviluppare la sua startup, o ancora uno stakeholder incuriosito dagli sviluppi del biotech industriale, e per questo interessato ad esplorare le opportunità offerte da questa frontiera tecnologica, l’hub KETBIO con tutte le sue notizie, gli eventi ed incontri virtuali e e le altre opportunità di servizio e collaborazione proposte dagli iscritti, è il luogo virtuale adatto per te.

Martedì 24 Marzo 2020 ore 11.00

Webinar – Dalle acque reflue ai nuovi valori di bioeconomia utilizzando soluzioni innovative a base biologica 

Il 10° webinar di KETBIO si concentra sulle tecnologie di trattamento delle acque reflue che utilizzano soluzioni “biobased”, sviluppate nell’ambito dei seguenti progetti H2020: iMETland e NextGen.
Durante il webinar, il prof. Abraham Esteve-Núñez di IMDEA Water presenterà il dispositivo iMETland che purifica le acque reflue urbane senza dover sopportare costi energetici e consente il controllo da remoto del sistema di trattamento delle acque reflue grazie ai segnali elettrici generati dai batteri. Il cuore dell’innovazione è la combinazione di batteri elettroattivi con un materiale elettroconduttivo, che porta a tassi di depurazione 10 volte più elevati rispetto ai metodi tradizionali.
Il secondo relatore, Alexandre Bredimas di Strane Innovation, illustrerà come l’applicazione combinata di diverse soluzioni tecnologiche (rientranti nel concetto di “economia circolare”) possa consentire di raggiungere condizioni di equilibrio economico-finanziario nella gestione del settore idrico. L’approccio include tecnologie di trattamento avanzate, stoccaggio ispirato alla natura, estrazione e riutilizzo di nutrienti innovativi e gestione e recupero di energia dagli impianti di trattamento.

La partecipazione è gratuita previa registrazione sul portale di KETBIO 

Agrifarma: biofertilizzante usato come trattamento di superficie

Un team di ingegneri del MIT di Boston ha scoperto che rivestire i semi con una protezione, in grado di rilasciare i nutrienti necessari alla pianta germinativa, potrebbe consentire la produzione di colture anche in aree poco fertili

Nello specifico, questo tipo di biofertilizzante consiste in una copertura di seta adeguatamente trattata con l’aggiunta di batteri capaci di fornire, naturalmente, una sostanza a base di azoto.

Dopo numerosi test e sperimentazioni sul campo, i ricercatori hanno mostrato come i semi dotati di questo tipo di rivestimento biofertilizzante siano in grado di crescere con successo anche su terreni poco produttivi e, nello specifico, troppo salati per consentire naturalmente ai semi non trattati di svilupparsi normalmente. 

Questi biofertilizzanti sono composti da microbi che vivono simbioticamente con alcuni tipi di vegetali e convertono l’azoto per farlo assorbire prontamente dalle piante. L’azione di questi microbi, noti come rizobatteri, non solo assicura un fertilizzante naturale alle colture, ma evita i problemi associati ad altri tipi di fertilizzanti, specie se azotati, che hanno un grande impatto ambientale sulla qualità del suolo.

Una scoperta ad alto valore aggiunto

L’aspetto innovativo della ricerca risiede, però, proprio nell’aver trovato un modo per conservare i batteri. Sebbene essi siano diffusi nei terreni di tutto il mondo, sono molto difficili da preservare al di fuori del loro ambiente naturale, vale a dire il suolo. Tuttavia, la seta usata dai ricercatori del MIT per completare quel processo di trattamento e di finitura superficiale riesce a mantenerli in vita, grazie all’aggiunta di un particolare tipo di zucchero noto come trealosio, che alcuni organismi usano per sopravvivere in condizioni di acqua bassa. In questo modo, i semi trattati superficialmente con questa particolare miscela biofertilizzante di seta, batteri e trealosio hanno sviluppato piante migliori rispetto a quelle nate da semi non trattati, crescendo su campi addirittura improduttivi da un punto di vista agricolo.

Ma il vero punto di forza di questa tecnica consiste nell’essere molto economica e nel non richiedere particolari attrezzature e competenze. Infatti, i ricercatori del MIT affermano che il trattamento è rapido, facile e potrebbe essere scalabile, per consentire alle grandi aziende agricole e ai coltivatori non qualificati di farne uso. Come passo successivo, i ricercatori stanno lavorando sullo sviluppo di nuovi rivestimenti bioferlizzanti che potrebbero non solo proteggere i semi dal terreno salino, ma anche renderli più resistenti alla siccità, utilizzando coperture adatte ad assorbire e conservare l’acqua dal terreno.