Transizione ecologica sviluppando le proprie risorse digitali

Non si può fare transizione ecologica senza transizione digitale. Si tratta di un concetto molto importante, che deve arrivare alle aziende e ad imprenditori e manager, oggi e in futuro, più che mai chiamati a fare innovazione procedendo su un doppio binario: trasformazione Digital e Green insieme

Una questione centrale messa in evidenza anche da Marco Taisch, professore del Politecnico di Milano e Scientific chairman del World Manufacturing Forum, in occasione dell’Industry 4.0 360 Summit.

Il docente del Politecnico milanese, esperto in innovazione dichiara: “La transizione ecologica è un fortissimo driver anche verso la transizione digitale, dato che se si può fare Digital transformation senza sostenibilità, non si può certamente fare il contrario: non si può realizzare transizione ecologica senza sviluppare le risorse digitali che la favoriscono e agevolano la decarbonizzazione”.

Per questo è importante puntare a “un Made in Italy e una manifattura circolari e sostenibili, come indicato e previsto anche all’interno del Piano nazionale di ripresa e resilienza”, afferma Taisch.

Il settore manifatturiero ha una grande responsabilità nell’ambito della sostenibilità, dato che consuma tra il 30 e il 35% dell’energia usata nel mondo, e produce circa un terzo (anche qui, circa il 30-35%) della CO2 mondiale. Ma, allo stesso tempo, il mondo manifatturiero è il più grande generatore di posti di lavoro, che comprende l’occupazione anche nell’indotto e in settori come i servizi, la logistica, i trasporti.

“La soluzione per realizzare un futuro più sostenibile non può quindi certo essere una sorta di ‘decrescita felice’, un ridimensionamento delle produzioni e delle attività, ma invece le imprese non possono più ritardare l’evoluzione verso digitale e sostenibilità”, fa notare Taisch.

È una sfida di sviluppo sostenibile che apre le prospettive e che richiede anche nuovi modelli di business, come la servitizzazione delle attività manifatturiere, che è anch’essa un abilitatore di maggiore sostenibilità.

In questo scenario, l’IoT diventa fondamentale anche per rendere al consumatore in modo trasparente come funziona la fabbrica, cosa succede all’interno in termini di produzione e inquinamento, quanto un’azienda è davvero sostenibile nelle sue attività e caratteristiche di produzione.

I dati e i numeri raccolti e monitorati dell’IoT possono raccontare e mettere in evidenza anche tutto questo: saranno i dati di produzione a dire quali sono davvero le aziende più green e sostenibili, e quelle che invece si rivelano più inquinanti e nocive all’ambiente e all’uomo.

Un ruolo tecnologico importante, anche in tema di sostenibilità, è quello svolto e che può svolgere l’intelligenza artificiale (IA), nella misura in cui può permettere maggiore efficienza, maggiore produttività, meno sprechi e conseguenze inquinanti.

Intelligenza artificiale, un potenziale da sfruttare bene

Il potenziale dell’IA “è altissimo”, dice Taisch, anche se “stiamo vivendo una fase di hype dell’intelligenza artificiale per l’entusiasmo che circonda una novità tecnologica. In ogni caso, la capacità di leggere e usare dati è sempre più fondamentale, non solo a livello di economia e imprese, ma anche in ambito pubblico e statale”.

Il programma Gaia-X “è la risposta dell’Europa a queste necessità, ed è una risposta importante, per non trovarci impreparati ed esposti sul fronte delle tecnologie più evolute, credo che anche l’Italia debba investire in maniera importante su questa piattaforma e su questa risorsa”.

Anche l’aspetto etico è centrale in questo scenario, “è importante mettere delle leggi e regolamentare, come sta facendo la Commissione europea”, osserva il docente del Politecnico milanese, “ma bisogna evitare che le regole diventino solo burocrazia e quindi lacci e vincoli per le nostre imprese rispetto a quelle di altri Paesi extra-Ue dove di vincoli ce ne sono di meno”.

Sviluppare le competenze,  un impegno fondamentale

Il terzo pilastro per un’industria pronta per il futuro, insieme a sistemi intelligenti e manifattura circolare, è il capitale umano: “è un altro tema caldo e centrale, su cui dobbiamo investire sia in consapevolezza ma anche con azioni concrete”.

Secondo Taisch, la colpa del ritardo italiano non è solo delle istituzioni: “nel PNRR ci sono attenzione e risorse alle questioni delle competenze, della formazione e allo sviluppo degli Its, gli Istituti tecnici superiori, che però richiederà almeno cinque o sei anni per realizzarsi appieno”.

Anche le aziende “hanno una parte di responsabilità nel campo del mancato o dello scarso sviluppo delle competenze”, e un ruolo “è anche dei lavoratori, che spesso hanno un atteggiamento conservativo e rinunciatario ad aggiornarsi e alla formazione costante”, conclude  Taisch, “la formazione non è solo un diritto ma è anche un dovere del lavoratore”, perché “lavoratori più aggiornati e competenti abilitano aziende e fabbriche più efficienti e più produttive”, quindi in questo ambito “un po’ tutte le parti in causa hanno una parte delle responsabilità”.

Digitalizzazione e aziende smart per ripartire

reshoring Italia

Le aziende cosiddette “smart” che avevano già compiuto un percorso di digitalizzazione hanno reagito bene di fronte all’imprevisto e hanno potuto, anche durante il lockdown, garantire la propria continuità produttiva e mantenere, se non in alcuni casi migliorare, il proprio posizionamento competitivo

Marco Taisch, docente ordinario del Politecnico di Milano e Presidente MADE Competence Center I4.0 e Fabrizio Scovenna Country Director Italian Region, Rockwell Automation e parlano di digitalizzazione.

La forte digitalizzazione ha permesso a molte aziende di essere veloci nel cambiamento e grazie alla loro flessibilità di essere in grado di riconvertire le proprie linee di produzione per rispondere efficacemente a un bisogno dettato dall’emergenza sanitaria.

Opportunità su tre dimensioni

Marco Taisch: “Sono quasi convinto, sempre in virtù del mio innato ottimismo, che tutto ciò ci permetterà di fare un balzo in avanti. Oggi godiamo di una certa immagine e credibilità perché abbiamo dimostrato di aver saputo gestire l’emergenza meglio di molti altri paesi. Tuttavia, ritengo che il vero ritorno di immagine lo avremo se sapremo sfruttare bene i fondi che l’Europa metterà a nostra disposizione. Per fare ciò il singolo imprenditore dovrà vedere le opportunità che si presentano su tre dimensioni.”

“La prima è quella interna delle operations e delle fabbriche stesse. Sarà necessario riorganizzarle in funzione di nuove modalità operative e di una maggiore digitalizzazione sfruttando opportunità come ad esempio il monitoraggio da remoto. Ciò può tradursi in una riorganizzazione dei turni di lavoro per andare incontro alle normative di distanziamento sociale oppure, ad esempio, nel fare job enrichment della persona formandola e assegnandogli maggiori responsabilità.”

“La seconda dimensione è quella delle supply chain. Per anni, in qualità di seguaci della lean, abbiamo perseguito modelli di catene di fornitura snelle, senza  grandi scorte perché significavano grandi costi. Questo modello ha mostrato tutta la sua fragilità nel momento nel quale un anello di questa supply chain è venuto a mancare a causa del contagio, le ripercussioni sono state sentite a livello globale. Qual è la lezione appresa? Investire in supply chain molto corte che portano a un aumento della capacità produttiva in determinate zone e quindi alla rilocalizzazione. Ciò può trasformarsi in una grande opportunità di reshoring per l’Italia e di conseguenza di generazione di posti di lavoro. Il consumatore che vuole tutto e subito può essere soddisfatto anche in un momento di emergenza, da parte sua, deve però essere disposto a pagare un costo maggiore.”

“Terzo tema i nuovi modelli di business. Non solo quello a cui accennava Fabrizio prima sulla vendita ma anche diverse modalità di erogazione dei servizi che prima non erano assolutamente accettate dal cliente. Un esempio per tutti il collaudo di un impianto realizzato da remoto grazie all’uso della realtà aumentata. Il cliente si è reso conto che non solo il metodo è estremamente efficace ma permette anche di risparmiare tempo e denaro. Questa nuova tipologia di servizio può benissimo generare nuovi modelli di business a marginalità garantita”.

L’innovazione supporta l’occupazione tramite l’acquisizione di nuove competenze

Pur avendo da molti anni iniziato a erogare servizi di assistenza da remoto anche in Rockwell Automation abbiamo registrato un incremento della domanda da parte di clienti che prima richiedevano espressamente la presenza di tecnici specializzati in loco. Le ultime messe in servizio, che per forza di cose abbiamo dovuto realizzare a distanza, hanno portato i nostri clienti a guardare con maggior interesse questa nuova modalità di collaborazione che prevede l’uso di avanzate tecnologie di realtà aumentata. Per estendere maggiormente la conoscenza e il valore di questi servizi abbiamo deciso per questi mesi di offrire la possibilità di accedere a titolo gratuito al nostro supporto online.

Marco Taisch: “Desidero finire con un pensiero che so che Fabrizio condivide pienamente. Questa nuova cultura tecnologica ha permesso di spazzar via una volta per tutte la convinzione che l’innovazione porti via posti di lavoro. Questo forse poteva essere vero un tempo quando le macchina e i robot andavano a sostituire il braccio dell’uomo.  Le tecnologie a cui facciamo riferimento oggi sono quelle del dato e dell’informazione. Parliamo di automazione cognitiva poiché una volta raccolto e analizzato il dato viene messo a disposizione di chi deve prendere decisioni. Un operatore aumentato di tecnologia wereable, come smartwatch, occhiali, esoscheletri è estremamente più produttivo e sostituirlo con una macchina è di sicuro più costoso.

L’industry 4.0 e tutte le tecnologie che stanno dietro hanno alla base il paradigma dell’informazione portata nel punto giusto, al momento giusto, alla persona giusta.

Lo smartworking assicura la business continuity

SMART-WORKING

Fabrizio Scovenna, Country Director Italian Region, Rockwell Automation e Marco Taisch, docente ordinario del Politecnico di Milano e Presidente MADE Competence Center I4.0., hanno fatto il punto sulla nuova normalità post pandemia, in particolare sullo smart working

Il nostro paese si è sempre caratterizzato per una lentezza nell’adozione di innovazioni rispetto ad altri paesi con i quali siamo abituati a confrontarci, come ad esempio lo smartworking o “lavoro agile”. Ciò si deve in buona parte alla composizione del nostro substrato industriale, costituito in gran parte da piccole media imprese, nelle quali il cambiamento è naturalmente più rallentato rispetto alle grandi che hanno più budget e know-how.

Diciamo che l’emergenza sanitaria ci ha costretto a usare le tecnologie e che per utilizzarle abbiamo dovuto, anche se in modo empirico, ampliare le nostre conoscenze, superando una serie di preconcetti. Prendiamo lo smart working che prima era guardato con sospetto e che oggi ha dimostrato essere strumento di maggior produttività personale. Con risultati alla mano molte aziende stanno pensando di ridurre gli spazi fisici perché hanno constatato che la business continuity è garantita anche con il lavoro da remoto. Anzi, l’efficienza risulta incrementata grazie a un’ottimizzazione dei tempi di spostamento, con conseguente  riduzione di costi, tanto che, oggi che si potrebbe anche fare diversamente, vengono generalmente accettate se non addirittura privilegiate le riunioni virtuali rispetto a quelle fisiche. Non mi sembra un cambiamento da poco.”

“E se vogliamo dirla tutta, se prima lo smartworking era utilizzato esclusivamente per l’attività di ufficio/amministrativa oggi proprio a seguito del lockdown questa modalità di lavoro ha dimostrato di essere perfettamente efficace anche quando applicata in fabbrica.

Certamente non nella sua globalità perché se si deve caricare manualmente una macchina la presenza di un operatore in loco è indispensabile.

Tuttavia, anche a livello di linea di produzione ci sono una serie di attività che possono essere svolte a distanza, con questo si intende anche un ufficio collocato a dieci metri dalla linea dal quale è possibile monitorare e interagire con tutti gli altri operatori e tutto ciò nel rispetto delle nuove normative.

Alla luce del nostro vissuto emerge anche che la tecnologia è una condizione sine qua non per poter continuare ad operare.

Se tutti le usano e io non lo faccio resto al di fuori del mercato. Non è più solo un problema di competitività ma di esistenza stessa.”

La digitalizzazione come scelta indispensabile

Fabrizio Scovenna afferma anche quanto gli avvenimenti di quest’anno (che si stanno riproponendo), hanno cercato di mettere in luce come la tecnologia abbia rivestito un ruolo fondamentale permettendo alle aziende più innovative di far fronte a scenari imprevisti e totalmente inediti, così’ come la digitalizzazione rappresenti oggi per loro una scelta indispensabile sia per la ripartenza che per cogliere tutte le opportunità che ogni situazione disruptive porta con sé.

Le aziende si stanno infatti rendendo conto che IIoT e digitalizzazione non rappresentano più un’opzione, ma una necessità. 

Il ruolo abilitante delle tecnologie si è rivelato indispensabile nel momento in cui la  quasi totalità della produttività dell’intero Paese è stata affidata allo smartworking e le aziende si sono trovate nella necessità di dover mutare i propri processi a fronte di questa emergenza. 

Certamente dovremo muoverci sempre più verso un’organizzazione del lavoro per obiettivi, garantire le opportune tecnologie e risorse infrastrutturali, evitando il “digital divide”, passare dalla logica del controllo a quella della responsabilità.

Occorre capitalizzare quanto imparato da questo shock e prevedere un diverso tipo di leadership, più trasparente e partecipativa, il lavoro di team sarà fondamentale in una organizzazione pervasa da concetti e culture che premino e incoraggino la solidarietà, la fiducia e la responsabilità. Serviranno filiere e processi più snelli per garantire una rapidità decisionale. Premiare e sfruttare la creatività e la flessibilità. 

Una crisi presenta sempre una componente di rischio e di opportunità

Marco Taisch: “Di base io sono un ottimista e quindi voglio subito iniziare con una nota positiva, questa ripartenza offre di sicuro delle grandi opportunità.  Se guardiamo al passato vediamo che puntualmente ogni crisi profonda che attraversa la storia dell’umanità, porta nuove chance o introduce nuovi modelli di business. Pensiamo alla seconda guerra mondiale che ha certamente costituito un incredibile elemento di disruption, portando a un significativo incremento della presenza delle donne nel mondo del lavoro e assegnando loro il fondamentale ruolo di motore di un’economia che doveva continuare a girare. Oppure, senza allontanarci troppo, pensiamo a come l’epidemia SARS abbia di fatto accelerato il consolidamento dell’e-commerce con il successo della piattaforma Alibaba e quindi di Amazon”.

Ciò che è necessario fare è fermarsi a riflettere sulle lezioni che abbiamo appreso e capire come sfruttare al meglio gli asset a nostra disposizione, quali innovazione tecnologica, know-how e risorse umane oggi arricchiti della conoscenza diretta e pratica delle tecnologie, sperimentata durante la quarantena e che ci ha permesso di superare la nostra diffidenza nei confronti del nuovo e dell’ignoto. Ciò fornisce lo spunto, ad esempio, per un nuovo modello di vendita della tecnologia.

La strategia della conoscenza diretta apre la strada a nuove modalità di proposizione al cliente che, prima di acquistare, vuole capire e per capire deve letteralmente provare a utilizzare.