AHSI: la disinfezione dell’aria con la tecnologia Novaerus

tecnologia AHSI twinpandemic

Un’arma potente per scongiurare una “DOPPIA PANDEMIA” di Covid/Influenza

Per diversi mesi, gli esperti della sanità globale hanno temuto una collisione tra il Covid-19 e l’influenza stagionale. Ma ora, con l’avvicinarsi della stagione influenzale e l’impennata del Covid-19, scongiurare una “doppia-pandemia” sembra più difficile del previsto.

Per di più, anche la “pigrizia pandemica” si è largamente diffusa, aumentando la riluttanza all’allontanamento sociale e all’uso delle mascherine. Allo stesso tempo, le nazioni sono afflitte da carenze e sfiducia nei confronti del vaccino anti-influenzale e, man mano che l’energia e la pazienza della popolazione nel seguire le norme diminuiscono, la tecnologia Novaeurus è diventata una difesa fondamentale in prima linea contro i due tipi di virus che causeranno disordine durante l’inverno: Sars-CoV-2 e l’influenza stagionale.

“C’è una notevole preoccupazione, mentre entriamo nei mesi autunnali e invernali e, conseguentemente, nella stagione influenzale, avremo quella temuta sovrapposizione di due malattie trasmesse dalle vie respiratorie”, avverte Anthony Fauci, M.D., Direttore dell’Istituto Nazionale statunitense di allergie e malattie infettive.

È necessario ricordare che il Covid-19 e l’influenza hanno in comune vari sintomi, come: febbre, tosse, dolori muscolari, affaticamento, mal di gola e mal di testa. Di conseguenza, l’insorgenza di questi sintomi causa un’ondata di ingressi al pronto soccorso, con una notevole incertezza sulla malattia da diagnosticare.

Potenzialmente si possono contrarre entrambe le malattie senza esserne a conoscenza e questo si configura come uno scenario decisamente preoccupante; per di più, adulti ospedalizzati che contraggono entrambe le malattie sono soggetti a un rischio mortale di 2/3 maggiore rispetto a chi contrae solo il Covid-19 (secondo Pubblic Health of England) e l’infezione influenzale sembra rendere i pazienti più vulnerabili a un attacco più grave di Covid-19. È dunque consigliabile, ove e quando possibile, sottoporsi alla vaccinazione anti-influenzale al fine di non congestionare le strutture sanitarie.

Sia l’influenza che Sars-CoV-2, possono diffondersi tramite le vie aeree ancor prima che sintomi compaiano e questi fattori indicano un unico imperativo per gli ospedali e le case di cura: assicurare una disinfezione continua dell’aria.

Le strategie di gestione dell’aria sono “importanti protezioni contro la diffusione delle infezioni all’interno delle strutture sanitarie” – asserisce il virologo australiano ed esperto di trasmissione influenzale, Ian Mackay, PhD.

Le stesse strategie, compresa la disinfezione dell’aria tramite la tecnologia NanoStrike® Novaeurus, possono essere implementate all’interno di ospedaliscuole, farmacie, uffici e ristoranti o, in qualsiasi spazio interno, anche con persone al loro interno, ove sono sicuramente presenti agenti patogeni infettivi. Le persone presenti all’interno di quello che possiamo definire un ambiente vivente, sono la più grande fonte di contaminazione. Essi rilasciano continuamente agenti patogeni nell’aria respirando, parlando, camminando, perdendo cellule epiteliali morte, starnutendo ecc. Per questo motivo, si verifica una costante fonte di contaminazione dell’ambiente, il che non può certamente dar vita a un ambiente sterile.

 Se utilizzate 24/7, le unità di disinfezione dell’aria riducono le probabilità di trasmissione di Sars-CoV-2 e dell’influenza stagionale. Indipendentemente dal fatto che siano installati su una parete o uno scaffale, i dispositivi Novaerus funzionano in modo sicuro e discreto e, soprattutto, senza fare affidamento sull’intervento umano.

La tecnologia Novaerus è in grado di lavorare completamente in sicurezza 24/7, anche con persone presenti all’interno della stanza. Tuttavia, occorre ricordare che, gli ambienti a cui facciamo riferimento non sono ambienti “sigillati” – le correnti d’aria entrano ed escono dalla stanza per via delle finestre/porte portando con loro nuove fonti di contaminazioni esterne e compromettono potenzialmente la pulizia dell’aria appena trattata dal nostro dispositivo.

Ciò di cui dobbiamo ricordarci, è che Novaerus è una tecnologia per la mitigazione del rischio, in grado di ridurre costantemente la carica batterica presente nell’aria, trattandola 24/7 e limitando in tal modo il rischio di diffusione di un’infezione.

Come funziona la tecnologia al plasma a freddo NANOSTRIKE® NOVAERUS

Questa tecnologia è una forma esclusiva di plasma atmosferico, a bassa energia, non termico (freddo) del tipo a scarica a barriera dielettrica (DBD) la quale non rilascia alcun tipo di ione ed è l’UNICA che disattiva i virus ed elimina batteri e funghi a livello del DNA. E’ in grado di distruggere i microorganismi di dimensioni nanometriche di diametro inferiore a 0.1 μm utilizzando una gamma di processi di inattivazione dei patogeni simultanei che si verificano nell’intervallo di tempo di nanosecondi; gli effetti distruttivi immediati che il Plasma ha sui patogeni a livello del DNA, UCCIDONO batteri e funghi, comprese le relative spore, e DISATTIVANO i virus. Tramite diversi processi chimico fisici si garantisce in 0,002 sec., un abbattimento fino al 99,99% di Virus, batteri, spore, funghi e allergeni.

Inoltre, poiché la tecnologia NanoStrike® offre processi di inattivazione multipli e simultanei, garantisce l’impossibilità per la resistenza antimicrobica (AMR) di svilupparsi nel tempo. La ricercaha infatti evidenziato la minaccia dello sviluppo della resistenza antimicrobica rispetto ai metodi di inattivazione singol

Covid, la robotica italiana in campo contro il rischio di contagi

robotica e macchine intelligenti

I-Rim lancia un questionario per capire il ruolo antivirus della tecnologia contro il Covid

Robotica per la telemedicina, macchine intelligenti per la ventilazione, l’assistenza dei pazienti e la sanificazione degli ambienti: un questionario aiuterà lavoratori e imprese a capire come la tecnologia può migliorare la convivenza con il coronavirus e ridurre il rischio di contagi. Lo ha lanciato l’Istituto di robotica e macchine intelligenti (I-Rim) italiano. A metterlo a punto, le ricercatrici dell’Istituto Italiano di Tecnologia (Iit), Alessandra Sciutti e Maria Fossati, la studiosa Fiorella Battaglia, dell’Università Ludwig-Maximilians di Monaco, Valentina Calderai, dell’Università di Pisa e Monica Pivetti, dell’Università di Bergamo.

Il questionario si propone, attraverso 50 domande, di indirizzare esperti, accademici e maker membri di I-Rim a sviluppare nuove soluzioni tecnologiche di rapida realizzazione, per diminuire i rischi di contagio.

Per Antonio Bicchi, presidente di I-RIM, “il mondo è cambiato e continuerà a cambiare per fronteggiare la pandemia.

Per affrontare questo cambiamento – aggiunge lo studioso – riteniamo sia necessario stabilire un dialogo vivace e aperto con la società, e mettere il cittadino al centro dello sviluppo delle tecnologie. L’obiettivo – chiarisce Bicchi – non è limitato a un’analisi a breve termine.

Dobbiamo essere in grado di recepire gli stimoli e creare scenari che ispirino la ricerca di base, per affrontare i problemi chiave della robotica e delle macchine intelligenti”.

Uno dei punti del questionario è scoprire come le misure di distanziamento influiscano sulla vita quotidiana delle persone.

Per Sciutti, “studiare come i robot possano collaborare al meglio con noi e diventare membri effettivi della nostra società è un passo cruciale affinché essi siano davvero al nostro fianco per aiutarci. Il nuovo questionario – conclude la studiosa – ci permetterà di conoscere le esigenze e le necessità dei cittadini emerse in questi mesi, e di capire come sia possibile migliorare le condizioni di lavoro con l’aiuto della tecnologia”.

COVID-19 e INQUINAMENTO ATMOSFERICO

coronavirus e inquinamento

Perché la Lombardia ha registrato così tanti morti e un’ondata epidemica così violenta? E perché in queste ultime due settimane i malati che vengono ricoverati sembrano soffrire di forme meno severe di Covid-19 e meno pazienti devono ricorrere alle terapie intensive?

Le variabili

Si tratta di due domande difficilissime per la scienza, soprattutto perché le variabili da considerare sono moltissime. Solo una volta che saranno disponibili i dati precisi sulla mortalità per tutte le cause (vedi i recenti riscontri Istat che documentano un aumento di mortalità del 20% in tutta Italia nel marzo 2020 rispetto allo stesso periodo negli anni 2015-19, con punte di 300-400% in alcune aree come Bergamo e Brescia, e più 49% a Milano) si potrà dire se la Lombardia ha avuto più morti di altre regioni italiane e europee a causa del Covid-19.

Lo studio di Harvard

Nella analisi delle possibili cause contano moltissimi fattori: la densità di popolazione, gli scambi internazionali, le attività industriali e molte altre valutazioni, ma una oggi è fortemente sotto accusa, l’inquinamento atmosferico. Può aver avuto un ruolo nel favorire la pandemia del Covid-19? 

Uno studio recente sviluppato da ricercatori dell’università di Harvard, diffuso in via preliminare e senza che sia ancora stato sottoposto a tutti i seri processi di valutazione delle pubblicazioni scientifiche, sostiene che esiste un legame fortissimo fra Pm2,5 e Covid-19, addirittura che per ogni aumento di 1 mcg/m3 si registrerebbe un incremento della mortalità del 15%, cosa che se fosse vera sarebbe davvero terribile e sorprendente.

I dubbi

Ma la metodologia utilizzata dagli autori presenta importanti lacune sul piano metodologico e epidemiologico e prima che questa ipotesi venga confermata deve essere passata al vaglio molto accuratamente. Che il particolato renda il sistema respiratorio più suscettibile alle infezioni e alle loro complicanze è un dato scientificamente noto, ma che questo sia vero per il Sars-CoV-2 non è provato così come non è accertata la eventuale dimensione del fenomeno.

Le risposte

Sempre da verificare è se la riduzione importante di certi inquinanti (ad esempio delle concentrazioni di NO2 che si sono abbassate del 40% a Milano) influisca anche sulla minor gravità dei malati che stiamo registrando in queste ultime settimane.

Un recentissimo studio italiano ha poi segnalato una correlazione tra concentrazioni di Pm10 e casi di Covid-19, ma anche qui i problemi metodologici della ricerca sono importanti e sono stati fortemente criticati da molti esperti nazionali e internazionali. Infine, a complicare le cose, va nella direzione opposta il rilievo di pochi casi di Covid-19 nella popolazione pediatrica mentre proprio questa è forse quella più suscettibile agli effetti dell’ inquinamento. Siamo quindi molto lontani dall’ avere risposte certe, se le future valutazioni scientifiche provassero una relazione solida tra inquinamento e Covid-19 allora forse avremmo un tassello delle tante risposte mancanti, ma al momento si tratta soltanto di nulla di più che un sospetto da approfondire con seri studi scientifici.

FONTE: Prof. Sergio Harari – Primario Divisione Pneumologia Ospedale San Giuseppe – Multimedica – Milano

LINK: Studio recente sviluppato da ricercatori dell’università di Harvard

(Corriere della Sera)