Intelligenza artificiale: la nuova strategia italiana

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Intelligenza artificiale: la nuova strategia italiana in 10 punti per il biennio 2024-2026 anticipata in un documento di sintesi che qualifica le aree di attenzione e le azioni da intraprendere a supporto di ricerca scientifica, pubblica amministrazione, imprese, formazione e infrastrutture

Per il biennio 2024-2026, 13 esperti selezionati dal Governo, con il coordinamento dell’AGID, hanno prodotto un nuovo documento, anticipato in un executive summary, che qualifica in 10 punti le aree di attenzione e le azioni da intraprendere a supporto di ricerca scientifica, pubblica amministrazione, imprese, formazione e infrastrutture, oltre a disposizioni per attuazione, coordinamento e monitoraggio della strategia stessa.

Il documento strategico mira a promuovere un ecosistema nazionale dell’IA che sia al tempo stesso competitivo a livello internazionale e rispettoso dei valori e delle normative europee.

In particolare, il piano prevede azioni concrete come lo sviluppo di Large Multimodal Model italiani, l’attrazione di talenti nel campo dell’IA, il finanziamento di progetti interdisciplinari per il benessere sociale e la creazione di un ecosistema favorevole all’innovazione tecnologica nelle PMI.

Inoltre, viene sottolineata l’importanza di una formazione capillare sull’intelligenza artificiale, sia nel contesto universitario che scolastico, per preparare le future generazioni alle sfide del domani.

Per rendere efficace l’attuazione di questa strategia, gli esperti propongono la creazione di una Fondazione per l’IA, che avrà il compito di coordinare le diverse azioni, gestire i fondi dedicati e monitorare i progressi ottenuti.

Tale approccio collaborativo e multidisciplinare, che vede la partecipazione di figure di spicco nel campo dell’IA e della trasformazione digitale, rappresenta un passo significativo verso la realizzazione di un’Italia più innovativa e competitiva sullo scenario globale dell’intelligenza artificiale.

Ecco i 10 punti qualificanti proposti nell’executive summary e divisi per ambiti di interesse.

La prima è “Investire nella ricerca scientifica fondazionale sull’IA, consolidando le iniziative esistenti quali il Partenariato Esteso sull’IA; promuovere la collaborazione tra diverse competenze, finanziando progetti a natura interdisciplinare; aprire il campo all’esplorazione di progetti fortemente ambiziosi e ad ampio spettro (bluesky); sostenere un piano straordinario per trattenere e attirare i talenti, per sostenere la competitività nel contesto internazionale”.

Il secondo punto chiede di “Valorizzare la ricerca applicata dell’IA, attraverso iniziative co-progettate da partenariati pubblico-privati, anche con laboratori dedicati che coinvolgano imprese, atenei e centri di ricerca, focalizzandosi sui contesti dal maggiore valore economico e sociale per l’Italia e dal maggiore impatto sul benessere dei cittadini”.

La terza indicazione riguarda il supporto ai “processi amministrativi attraverso le tecnologie dell’IA, aumentando l’efficienza e ottimizzando la gestione delle risorse pubbliche; finanziare alcuni progetti pilota su scala nazionale; sostenere le iniziative delle singole amministrazioni, inquadrate come soggetto collettivo, capace cioè di realizzare soluzioni e applicazioni”.

Per conseguire questi tre macro-obiettivi gli esperti elencano una serie di azioni concrete, tra cui lo sviluppo di tre Large Multimodal Model italiani:

  • Consolidare l’ecosistema italiano della ricerca, nell’ottica di dare continuità al Partenariato Esteso MUR sugli aspetti fondazionali dell’Intelligenza Artificiale, delineandolo compiutamente come luogo di incontro e di scambio di competenze e conoscenze tra le università, i centri di ricerca, le imprese ICT che sviluppano sistemi di IA e quelle che nelle loro specifiche attività possono beneficiare delle innovazioni tecnologiche.
  • Trattenere e attrarre talenti, articolando un piano straordinario di assunzioni che permetta di assorbire le eccellenze tra le ricercatrici e i ricercatori formatisi grazie alle iniziative PNRR, e che consenta di promuovere iniziative specifiche di brain gain nell’IA.
  • Sviluppare LMM italiani, in particolare 3 modelli fondazionali multimodali nazionali, che rispondano pienamente ai valori e alle regolamentazioni europee, eventualmente focalizzandosi su specifici domini applicativi in cui l’Italia detiene una forte riconoscibilità internazionali e un chiaro vantaggio competitivo nella definizione dei dataset di riferimento.
  • Implementare progetti interdisciplinari per il benessere sociale, dispiegando iniziative competitive ispirate ai synergy grants ERC e pensate per centrare sulle persone e sulla società la trasformazione digitale abilitata dall’Intelligenza Artificiale.
  • Finanziare la ricerca fondazionale e blue-sky per l’IA di prossima generazione, attraverso una chiamata alla raccolta e all’implementazione di idee il cui potenziale sia in grado creare un salto generazionale a livello tecnologico-scientifico e innovazione dirompente.
  • Potenziare le collaborazioni internazionali, finanziando programmi di ricerca centrati sull’IA e promossi in partenariato con università e centri di ricerca internazionali che prevedano periodi di mobilità, e che stimolino – in particolare a livello europeo – modalità comuni per una adozione efficace dell’Intelligenza Artificiale.

Imprese

Sono due anche le raccomandazioni di interventi per le imprese. La prima è di “Intercettare i bisogni di innovazione delle imprese italiane, finanziando e supportando un ecosistema centrato sull’Intelligenza Artificiale, che sia in grado qualificare una prospettiva in cui l’eccellenza viene rafforzata da soluzioni tecnologiche orientate a valorizzarne i tratti distintivi”.

La seconda è di “Sostenere il comparto italiano dell’ICT, promuovendone il ruolo abilitante per la definizione di nuove applicazioni di Intelligenza Artificiale, anche con iniziative che rispondano a precise domande di innovazione del tessuto produttivo; accrescere le possibilità di intercettare finanziamenti per sviluppare nuove iniziative progettuali in Intelligenza Artificiale; sostenere e potenziare l’ecosistema delle start-up dell’IA, attraendo capitali pubblici e privati”.

Nel dettaglio gli esperti propongono una serie di azioni a supporto di questi obiettivi.

  • Creare un ecosistema di facilitatori per l’AI nelle PMI, che intercettino i bisogni di innovazione delle imprese, erogando servizi di innovazione basati sull’IA e abilitando soluzioni utilizzabili in chiave di interoperabilità, anche in
    contesti di filiere.
  • Sostenere lo sviluppo e l’adozione di soluzioni di IA, prevendendo un fondo finanziario dedicato a sostegno di specifiche iniziative progettuali, promosse da rete di imprese o da singole imprese, accompagnate con una pluralità di altri sistemi, quali corporate venture, private equity e voucher per l’innovazione.
  • Istituire una rete di laboratori per lo sviluppo di applicazioni IA in contesti industriali, che coinvolgano imprese in collaborazione con enti di ricerca, per condurre ricerca applicata e con un focus di mercato, abilitando nuove soluzioni e sperimentandone verticalizzazioni.
  • Sostenere lo sviluppo di start-up nell’IA, definendo uno specifico fondo che si rivolga alle nuove impese ad alto contenuto di innovazione nel settore, favorendo al contempo l’interconnessione con le imprese utilizzatrici di IA e con gli attori che già operano nei percorsi di accelerazione e incubazione, a livello accademico e in ambito privato.
  • Sostenere le aziende ICT che sviluppano tecnologie di IA, definendo misure di sostegno per gestire pratiche di compliance normativa e certificazione, e per incentivare l’accesso alle sandboxes previste nell’AI Act per la sperimentazione di soluzioni innovative.

Formazione

Per quanto riguarda la formazione, gli esperti richiamano l’attenzione sia su quella universitaria che su quella nelle scuole.

In merito all’Università, chiedono di “Promuovere una formazione universitaria capillare sull’IA, in risposta alle sempre più pressanti richieste di nuove competenze nella società e nel mondo del lavoro, in un’ottica trasversale e interdisciplinare; consolidare la formazione specialistica sull’IA nei percorsi orientati verso profili tecnici e di ricercatori, quali il Dottorato Nazionale sull’Intelligenza Artificiale”.

Quanto alle scuole, di “Realizzare percorsi educativi sull’IA nelle scuole, per preparare le nuove generazioni a un uso attento e consapevole delle nuove tecnologie; sviluppare iniziative di divulgazione mirate a sensibilizzare e coinvolgere la società italiana nella rivoluzione dell’IA; finanziare e sostenere iniziative di reskilling e upskilling in tutti i contesti produttivi”.

Infrastrutture

Per il capitolo infrastrutture si chiede di “Potenziare le infrastrutture che abilitano lo sviluppo e l’adozione di sistemi di IA; finanziare e realizzare un repository nazionale per la condivisione e il riuso di dataset e modelli acquisiti in progettualità e contesti applicativi legati a iniziative pubbliche”.

Attuazione e monitoraggio: una Fondazione per l’IA

L’ultima raccomandazione riguarda le cose da fare per rendere efficaci attuazione, coordinamento e monitoraggio della strategia stessa.

“Istituire una Fondazione per l’IA, con la responsabilità del coordinamento delle azioni strategiche, della gestione di un fondo dedicato e del monitoraggio dell’implementazione della strategia, in un’ottica di miglioramento continuo”.

Il gruppo di esperti

Il lavoro è stato portato avanti da 13 esperti nominati dal Sottosegretario di Stato alla presidenza del Consiglio con delega all’Innovazione, Alessio Butti:

  • Gianluigi Greco, professore di informatica all’Università della Calabria e presidente di AixIA, l’associazione italiana per l’intelligenza artificiale
  • Viviana Acquaviva e astrofisica e docente al Physics Department del Cuny Nyc College of Technology e al Cuny Graduate Center
  • Paolo Benanti, consigliere di papa Francesco sull’IA ed esperto di etica digitale, è professore alla Pontificia università gregoriana
  • Guido Boella,  vice Rettore vicario dell’Università di Torino
  • Marco Camisani Calzolari, divulgatore scientifico
  • Virginio Cantoni,  professore emerito presso l’Università di Pavia
  • Maria Chiara Carrozza, presidente del Cnr
  • Rita Cucchiara, docente presso il Dipartimento di Ingegneria dell’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia
  • Agostino La Bella, professore ordinario di Ingegneria economico-gestionale presso l’Università di Roma Tor Vergata
  • Silvestro Micera, docente presso Ecole polytechnique fédérale de Lausanne
  • Giuliano Noci, professore di Strategia e Marketing al Politecnico di Milano
  • Edoardo Carlo Raffiotta;  professore di Diritto costituzionale nell’Università di Milano Bicocca e avvocato
  • Ranieri Razzante, professore di Tecniche di gestione dei rischi di riciclaggio presso l’Università di Bologna e Docente di Tecniche e regole della cybersecurity presso l’Università di Napoli Suor Orsola Benincasa

I 13 hanno operato come “Comitato di Coordinamento” in collaborazione con rappresentanti del Dipartimento per la Trasformazione Digitale e dell’Agenzia per l’Italia Digitale, che ha svolto anche il ruolo di segreteria tecnica.

Nasce “Hi – Healthtech Innovation Hub” dall’Università Federico II di Napoli e Medtronic

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Promuovere l’innovazione e la crescita nel settore Healthcare in Italia per migliorare la salute delle nostre comunità e creare opportunità per i giovani e per le imprese

Nasce con quest’obiettivo HealthTech Innovation hub (HI), un polo dedicato allo sviluppo di Tecnologie per la salute presso il Centro Servizi Metrologici e Tecnologici Avanzati (CeSMA) del Complesso Universitario San Giovanni a Teduccio.

Grazie alla collaborazione tra l’Università Federico II di Napoli e Medtronic Italia, azienda di riferimento nel campo dei servizi e delle tecnologie per la salute, prende il via una collaborazione che intende promuovere le competenze e le esperienze del territorio a livello nazionale e internazionale.

L’invecchiamento della popolazione e le malattie croniche causano, ormai da anni, un aumento dei costi sanitari, minando la capacità di fornire cure adeguate a milioni di persone. La pandemia Covid-19 ha accelerato tutte le trasformazioni in atto, ribadendo l’importanza della centralità della cura e dell’assistenza come temi chiave per lo sviluppo del Paese.

Per rispondere a queste sfide, HealthTech Innovation hub intende creare un ecosistema di conoscenza aperta e condivisa che includa i giovani neolaureati, i centri di ricerca, le imprese e il territorio con l’obiettivo di accelerare l’innovazione al servizio della salute delle comunità creando opportunità e occupazione.

Tra i primi progetti di HI, il Master Make Napoli | Medtronic Advanced Knowledge Experience, un percorso formativo destinato a studenti laureati in materia scientifiche ed economico sociali, residenti nel Sud Italia.

ll nuovo Master Make Napoli pone particolare attenzione all’area delle tecnologie per la salute ed è fortemente integrato con il contesto produttivo e industriale nazionale e internazionale.

Gli studenti potranno approfondire temi e contenuti di frontiera che la pandemia in corso ha reso ancor più attuali e fondamentali per la crescita del nostro Paese. Vogliamo così sviluppare le competenze necessarie per comprendere, interpretare e guidare il futuro post-Covid.

Il Master postuniversitario Make rappresenta il primo passo di un più ampio e ambizioso progetto del HealthTech Innovation hub che intende promuovere la collaborazione con altri attori già presenti all’interno del Campus.

“L’Ateneo Federico II aggiunge un nuovo tassello al suo palmares di iniziative di promozione dell’innovazione e del trasferimento tecnologico a beneficio del tessuto industriale, economico e sociale del nostro Paese”, spiega Matteo Lorito, Rettore Università degli Studi di Napoli Federico II.

“Il nuovo Hub HI Healthtech Innovation Hub, in sinergia con un grande player di levatura internazionale come Medtronic, mira ad essere una fucina di nuove soluzioni tecnologiche in ambito Healthcare, per meglio coniugare un nuovo paradigma di prossimità dei percorsi terapeutici, di interesse strategico se relazionato al corrente scenario emergenziale.

L’iniziativa è pensata in ottica ‘Open Innovation’, per attrarre altre imprese che credono e vogliono investire nell’iniziativa, e per stimolare e promuovere, grazie anche ad azioni formative mirate, nuove idee imprenditoriali…… Napoli è uno dei quattro Laboratori italiani con Milano, Mirandola e Lecce per lo sviluppo, la connessione e la libera circolazione delle idee e del talento al servizio dell’innovazione biomedicale”.

“Come tutti gli eventi traumatici, la pandemia rappresenta un grande acceleratore di processi in atto”, dichiara Gaetano Manfredi, Ministro dell’Università e della Ricerca.

“Il Covid ha fatto emergere punti di forza e di debolezza dei vari sistemi e ha fatto capire a tutti che ci sono delle priorità, come quella di mettere al centro la competenza come motore economico e di benessere collettivo.

Il campo della medicina ben si presta a questa percezione da parte della società, tutti ne comprendono il valore”.

Economia circolare: sostenibilità e simbiosi industriale

simbiosi industriale e economia circolare

L’economia circolare rappresenta un modello economico in cui il valore dei materiali viene il più possibile mantenuto o recuperato e dove gli scarti sono ridotti al minimo. E’ stato valutato inoltre che se le industrie europee riuscissero a implementare un sistema produttivo di tipo circolare, si potrebbe realizzare un risparmio complessivo di quasi 500 miliardi di euro l’anno

Sempre più spesso viene individuato come un approccio indispensabile ad ottenere migliori performance in termini di sostenibilità.

A un esame più approfondito, però, dal punto di vista accademico il legame tra economia circolare e sostenibilità rimane ancora sfuggente.

Per questo Cercis (Centro per la ricerca sull’economia circolare, l’innovazione e le Pmi) e il Centro di ricerca interuniversitario Seeds (Sustainability, environmental economics and dynamics studies) hanno organizzando un whorkshop per passare dalla teoria alla pratica.

Il workshop “Making the Circular Economy work for Sustainability: From theory to practice”, ha avuto come partecipanti  studenti, studiosi, professionisti e stakeholder che hanno interesse all’economia circolare.

L’obiettivo è stato quello di stimolare il dibattito sui quei meccanismi che consentono di stabilire un legame effettivo tra economia circolare e sostenibilità, caratterizzandone con più precisione la natura. Si tratta di un dibattito fondamentale per acquisire una conoscenza più approfondita di come i responsabili politici possano utilizzare al meglio l’economia circolare per promuovere la sostenibilità, e verrà esplorato sotto molteplici aspetti.

Durante il workshop è stato presentato il Rapporto di sostenibilità 2020 realizzato dall’Agenzia europea dell’ambiente (Eea), cui hanno contribuito anche i membri di Seeds, per poi proseguire con un ampio ventaglio di tematiche: i dividendi economici, gli impatti ambientali e le ricadute sociali dell’economia circolare, passando dal ruolo di famiglie e imprese in questo contesto all’approccio politico necessario per veicolare la sostenibilità.

Verso un’economia circolare nella UE: la simbiosi industriale

Nell’ambito della strategia Europa 2020, l’UE ritiene che la transizione verso un’economia circolare sia di fondamentale importanza per il raggiungimento di una maggiore efficienza complessiva delle risorse.

Ciò rappresenta uno dei principali volani della competitività delle imprese europee, tenuto conto dell’alta incidenza che le materie prime hanno sui costi complessivi dell’industria manifatturiera; al riguardo si ritiene che, nel vecchio continente, tale incidenza si aggiri mediamente attorno al 40% e che possa raggiungere il 50% se si sommano anche i costi per l’energia e l’acqua.

E’ stato valutato, infatti, che se le industrie europee riuscissero a implementare un sistema produttivo di tipo circolare si potrebbe realizzare un risparmio complessivo di quasi 500 miliardi di euro l’anno, cui si ricollegherebbe una minore necessità di input materiali (riduzione del 17%-24% entro il 2030) e un incremento del Pil della UE prossimo al 4%.

Mentre in un’economia lineare si configura un sistema economico in cui le risorse naturali sono utilizzate come input nei processi di produzione e di consumo, per poi essere reimmesse, in parte, nell’ambiente come rifiuti, in un’economia circolare i processi di produzione e di consumo devono essere in grado di riutilizzare, riparare, riciclare e rimettere a nuovo i materiali e i prodotti esistenti, al fine di limitare al minimo l’utilizzo di nuove risorse naturali.

Sistema Economico Circolare

Per realizzare gli obiettivi proposti per il 2030, bisogna agire da subito per accelerare la transizione verso un’economia circolare e sfruttare le opportunità commerciali e occupazionali che offre”. Nell’ultimo periodo, l’UE ha presentato numerose iniziative per la transizione verso questo nuovo paradigma e, nella sua strategia per passare a un’economia circolare a rifiuti zero, ha individuato diversi strumenti fra i quali vi è quello di favorire l’implementazione di percorsi di simbiosi industriale.
La simbiosi industriale è una branca di un nuovo campo di studi interdisciplinare, denominato, ecologia industriale. Considerata come la scienza della sostenibilità, l’ecologia industriale trova le sue origini nel 1989, anno in cui Frosh e Gallopoulos con l’articolo Strategies for Manufacturing, affermano che “il modello tradizionale di attività industriale – in cui i singoli processi produttivi prelevano materie prime e generano prodotti da vendere più rifiuti da smaltire – deve essere trasformato in un modello più integrato: un ecosistema industriale”.

All’interno dell’ecologia industriale, la simbiosi industriale indaga le relazioni esistenti tra i sistemi industriali e il loro ambiente naturale. In particolare, con il termine simbiosi industriale si identificano gli scambi di risorse tra due o più industrie dissimili, intendendo con risorse non solo quelle materiali (sottoprodotti o rifiuti), ma anche energia termica di scarto, servizi, competenze.

Si tratta cioè di una strategia per la chiusura dei cicli delle risorse e l´ottimizzazione del loro uso all’interno di uno specifico ambito economico territoriale attraverso la collaborazione tra le diverse imprese basata sulle possibilità sinergiche offerte dalla loro prossimità geografica/economica. I principali mezzi con cui si realizza la simbiosi tra imprese sono:

  • la condivisione di utility e infrastrutture per l’utilizzo e la gestione di risorse, come il vapore, l’energia, l’acqua e i reflui;
  • la fornitura congiunta di servizi per soddisfare bisogni accessori comuni alle imprese connessi alla sicurezza, all’igiene, ai trasporti e alla gestione dei rifiuti;
  • l’utilizzo di materiali tradizionalmente intesi come scarti o sottoprodotti in sostituzione di prodotti commerciali o materie prime.

In analogia a quanto avviene negli ecosistemi, attraverso la riduzione dei rifiuti alla fonte e la creazione di legami di chiusura dei cicli, la simbiosi industriale cerca di disegnare un sistema industriale caratterizzato da rapporti di interdipendenza funzionale in cui i prodotti di scarto di una linea di lavoro diventano un prezioso input per le altre linee. In questo modo, si viene a configurare un sistema produttivo circolare, in cui scompare il tradizionale concetto di rifiuto, poiché “i materiali oggetto di scambio… non sono mai rifiuti in nessun momento della loro esistenza, ma sempre beni economici”.

Il primo dottorato in intelligenza artificiale in Italia

Con l’anno accademico 2021-2022 partirà in Italia il primo dottorato in intelligenza artificiale.

Firmata la convenzione tra il Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr), l’Università Sapienza di Roma, il Politecnico di Torino, l’Università Campus Bio-Medico di Roma, l’Università Federico II di Napoli e l’Università di Pisa.

Lo rendono noto il Ministero dell’Università e della Ricerca (Mur) e il Cnr, presso il quale il Mur ha costituito un comitato per elaborare una strategia unitaria e realizzare un coordinamento nazionale, finanziando con 4 milioni di euro il Cnr e con 3,85 milioni di euro l’Università di Pisa.

Sono già disponibili 194 borse di studio, 97 cofinanziate dal Cnr e 97 cofinanziate dal Mur attraverso l’Università di Pisa.
L’investimento complessivo, con il co-finanziamento degli atenei, supererà i 15 milioni di euro.
“Si tratta di una grande opportunità per il nostro Paese. Con il dottorato in intelligenza artificiale l’Italia sarà più competitiva sulle tecnologie avanzate”, ha affermato il titolare del Mur, Gaetano Manfredi.

Complessivamente, il mercato dell’Intelligenza artificiale in Italia è agli albori, con una spesa in tecnologie nel settore di poche centinaia di milioni di euro l’anno. Lo studio McKinsey individua le possibilità di maggior sviluppo, e ritorno economico, in settori industriali strategici per il Paese come il manifatturiero, la robotica industriale e di servizio, l’agroalimentare.

“Si gioca qui una delle grandi sfide del nostro futuro”, ha detto il rettore della Sapienza, Eugenio Gaudio, “e per questo dobbiamo investire nella formazione e nella specializzazione dei giovani a partire da quei settori, come la robotica e l’Intelligenza artificiale, che costituiscono un’eccellenza del nostro Paese.

L’avvio di un dottorato nazionale potrà rappresentare il trampolino di lancio per progetti di grande impatto scientifico”. L’Università La Sapienza, sul tema, dal 2009 offre un corso in lingua inglese.

Uno studio sui lavori scientifici nel settore dell’Ai, basato su dati Scopus di Elsevier, posiziona l’Italia al decimo posto a livello mondiale come numero di pubblicazioni. Il loro impatto scientifico, però, ci colloca al quinto posto. “Il nostro Paese può sicuramente contare su un grande punto di forza: la qualità della sua ricerca scientifica”, ha detto il presidente del Cnr, Massimo Inguscio. “Dobbiamo ripartire dalla ricerca, digitale e intelligenza artificiale sono settori cruciali”.