L’innovazione digitale al servizio della sostenibilità

innovazione digitale

L’Istat, Istituto italiano di statistica certifica che le imprese che puntano su innovazione digitale e tecnologie, hanno più capacità di reazione rispetto alle altre, una marcia e un vantaggio competitivo in più

Adesso accelerare su produttività, investimenti, ricerca e innovazione sono le principali direttrici per la ripresa

Il presidente dell’Istat, Gian Carlo Blangiardo, ha illustrato alla Camera dei Deputati il Rapporto annuale 2021. La situazione del Paese: 270 pagine fitte di percentuali e numeri, che descrivono il quadro economico, sociale e produttivo del Paese, e anche il suo livello di evoluzione tecnologica e innovazione digitale.

Il primo dato rilevante è che solo il 4% delle imprese “digitalmente mature ha dovuto affrontare un ridimensionamento delle attività, contro quote più che doppie di imprese nelle altre categorie”.

In generale, le imprese con maggiori capacità tecnologiche intendono accelerare (nel 20% dei casi) – nonostante la crisi – i processi interni di digitalizzazione, dematerializzazione della documentazione e automazione dei processi aziendali; puntano a un modello organizzativo 4.0, fortemente digitalizzato; sono attive nella ricerca di collaborazioni e partnership esterne, nel segno della crescita.

Due strategie emergono come particolarmente rilevanti per le imprese nell’immediato futuro: “una ristrutturazione, in termini di riorganizzazione dei processi e degli spazi di lavoro, o commerciali, spesso conseguenza diretta dell’emergenza sanitaria”, rimarca la ventinovesima edizione del Rapporto annuale dell’Istat, insieme a “un ulteriore sforzo di innovazione, indirizzato alla produzione di nuovi beni, all’offerta di nuovi servizi o l’adozione di nuovi processi produttivi”. Insomma, ancora una volta è l’innovazione – di fabbrica, prodotto, processo – il motore da cavalcare e il treno su cui salire per trovare slancio e lasciarsi alle spalle una situazione di crisi.

Tra i principali elementi di forza, per rivolgersi con successo al futuro, ci devono essere “produttività, investimenti, ricerca”, sottolinea Giampaolo Neto, direttore centrale dell’Istat, sottolineando che le imprese più dinamiche e reattive sono quelle che nell’ultimo anno e mezzo, ma anche prima, hanno puntato su “una rapida evoluzione dei processi di digitalizzazione, automazione e diffusione delle attività commerciali online”, vale a dire l’e-commerce.

Il ruolo dell’e-commerce

Proprio l’e-commerce è un elemento che ha avuto una spinta straordinaria per effetto dell’emergenza pandemica.In Italia l’e-commerce, prima della pandemia, era adottato dal 9% delle imprese con almeno 3 addetti, ma questa quota sfiorava il 20% nel caso delle grandi. “L’incremento favorito dalla crisi – anche in questo caso, come per la comunicazione aziendale, più orientato a rendere operativi strumenti esistenti che ad acquisirne di nuovi – è stato nel complesso pari al 43%, omogeneo in tutte le classi di attività”, rileva Andrea De Panizza, uno dei curatori del Rapporto Istat 2021.

Che spiega: “anche considerando le imprese che programmano di attivare siti web di e-commerce nel corso di quest’anno, si conferma il ruolo della componente dimensionale: l’intenzione è espressa da quasi il 30% delle grandi imprese con un sito di e-commerce, contro il 24% delle piccole e medie imprese, e il 16% delle microimprese”.

La digitalizzazione “componente strategica per la competitività e la sostenibilità”

L’analisi di scenario dell’Istat rimarca: le tecnologie digitali “rappresentano una componente strategica per la competitività dei Paesi e per l’evoluzione dei sistemi produttivi verso una maggiore sostenibilità”. E fa notare: “nel 2020 le professioni ICT incidono per il 4,3% sull’occupazione totale nell’Ue27 e solo per il 3,6% in Italia. Nelle imprese con più di 10 addetti più della metà del personale ormai usa quotidianamente computer connessi a Internet, il 56% nell’Ue27 e il 53% in Italia”.

Per portare avanti la propria evoluzione tecnologica, l’Italia ha destinato a progetti di digitalizzazione il 27% dei 235 miliardi di risorse comprese nel proprio Programma Nazionale di Ripresa e Resilienza (222 miliardi) e nei fondi React-Eu (13 miliardi).

L’exploit dei servizi cloud in soli 2 anni

In soli 2 anni, tra il 2018 e il 2020, la quota di imprese italiane che utilizzano servizi cloud è passata dal 23 al 60%, e dall’11 al 32% per quanto riguarda i servizi più evoluti, grazie anche agli incentivi fiscali contenuti nel piano Industria 4.0. Le politiche, e gli obblighi normativi, hanno favorito l’uso delle tecnologie digitali anche nell’automazione degli scambi di documenti attraverso l’emissione di fatture elettroniche: per questo aspetto, nel 2019 le imprese italiane risultavano in vetta alla graduatoria europea (95%).

Il sistema produttivo italiano è invece ancora in ritardo nella diffusione del commercio elettronico e nell’uso di tecniche di analisi di Big data; queste ultime nel 2019 sono state utilizzate dal 9% delle imprese italiane e spagnole con almeno 10 addetti, contro il 18% di quelle tedesche e il 22% di quelle francesi.

Il rimbalzo della manifattura italiana

Tra le imprese manifatturiere con almeno 20 addetti (che nel 2018 spiegavano più dell’80% del fatturato della manifattura e oltre il 90% dell’export), una su due ha subito nel 2020 riduzioni di fatturato pari ad almeno il 10%, mentre una su quattro ha perso almeno il 25%. Solo un quarto delle imprese è riuscito a tenere variazioni positive o nulle, grazie alla capacità di tenuta sui mercati esteri.

Nel corso del 2020 il fatturato della manifattura italiana ha poi anche “evidenziato segnali di ripresa che si sono irrobustiti nel primo trimestre 2021”, certifica l’Istituto di statistica: “tra gennaio e marzo i ricavi complessivi sono cresciuti, su base tendenziale, del 12,6%, a seguito di un deciso aumento della domanda interna (+16%) e di una dinamica più contenuta, ma comunque rilevante, di quella estera (+7%)”.

L’aumento dei ricavi ha interessato 15 settori manifatturieri su 23, “con variazioni tendenziali molto eterogenee: alla brillante performance di mobili (+30%), metallurgia (+29%), apparecchiature elettriche (+27%) e dei mezzi di trasporto (+25%), si contrappone quella più contenuta, o stagnante, della filiera tessile-abbigliamento-pelli (rispettivamente +5%, +0,5% e -1,6%), che nel primo trimestre 2020 aveva subito cadute di fatturato molto forti”. Solo in 9 settori – che incidono per oltre il 40% sull’indice totale – si è (già) tornati ai livelli pre-crisi: legno-carta-stampa, chimica, gomma e plastica, prodotti della lavorazione dei minerali non metalliferi, metallurgia, prodotti in metallo, apparecchiature elettriche, autoveicoli.

Numeri e Dinamiche dell’Economia

Il Pil italiano, dopo la caduta del 2020 (-8,9%) dovuta essenzialmente al crollo della domanda interna, è previsto in rialzo del 4,7% nel 2021. Per l’area euro la Commissione europea prevede che il pieno recupero dell’economia si distribuisca nel biennio 2021-22, con una crescita media del Pil pari, rispettivamente, a 4,3% e 4,4% nei due anni.

Per rendere possibili le misure di contrasto all’emergenza sono stati sospesi i vincoli del Patto di Stabilità e Crescita e il deficit pubblico è salito in Italia al 9,5% del Pil (secondo i vincoli precedenti non doveva superare il 3%).

Nel primo trimestre 2021, l’economia italiana ha segnato un lievissimo recupero congiunturale (+0,1% il Pil), un risultato migliore di quello registrato dalle altre grandi economie europee: si registrano forti miglioramenti nella manifattura, nelle costruzioni e in alcuni comparti del terziario e anche le prospettive di brevissimo periodo sono decisamente positive, in base ai risultati dell’indagine sui climi di fiducia di imprese e consumatori.

Sul fronte dell’inflazione, nel 2020 la dinamica dei prezzi è stata compressa dal crollo della domanda e delle quotazioni delle materie prime: il tasso di inflazione è risultato in media d’anno quasi nullo (-0,1% in termini di indice armonizzato europeo). Nei primi mesi di quest’anno la risalita delle quotazioni del petrolio e il generale recupero dell’attività hanno cominciato ad alimentare alcune spinte sui prezzi, che nel nostro Paese restano più moderate che nel resto dell’area euro. A giugno l’inflazione al consumo in Italia è stata pari a 1,3%, 6 decimi di punto in meno rispetto all’eurozona.

Prospettive di ripresa

La crisi ha investito anche il mercato del lavoro: il calo dell’occupazione ha riguardato all’inizio principalmente i dipendenti a termine e gli indipendenti, poi anche i lavoratori a tempo indeterminato. A maggio 2021 gli occupati risultano in diminuzione di 735 mila unità rispetto a prima dell’emergenza.

Le difficoltà causate dalla crisi sanitaria hanno pesato anche sull’attività negoziale dei contratti di lavoro: nel corso del 2020 sono stati rinnovati solo 8 contratti collettivi nazionali a fronte dei 49 scaduti (che corrispondono all’80% del monte retributivo totale). Ne è risultata una crescita delle retribuzioni contrattuali orarie dello 0,6%, in rallentamento rispetto all’anno precedente.

Crollo e ripresa della produzione industriale (rispetto al 2015)

La crisi “ha avuto anche un forte impatto sulla normale gestione operativa delle imprese, sulla regolarità dei flussi di cassa, sulla disponibilità di liquidità e, di conseguenza, sulle modalità di finanziamento sul mercato del credito”, rileva il rapporto Istat: “con le misure per sostenere la gestione finanziaria e la liquidità delle imprese sono cresciuti molto i prestiti bancari garantiti a scapito delle altre modalità, come autofinanziamento, linee di credito ed emissioni azionarie”.

Ma ora il peggio sembra passato, anche se è ancora presto per tirare conclusioni definitive. Si vede comunque la luce in fondo al tunnel: le prospettive di brevissimo periodo sono decisamente positive, in particolare, gli indici del clima di fiducia delle imprese, già in risalita nei primi mesi dell’anno, hanno registrato a maggio e ancora di più a giugno un miglioramento molto veloce, salendo a livelli particolarmente alti, soprattutto per le costruzioni e l’industria. Le più recenti previsioni Istat stimano per il 2021 una robusta ripresa dell’attività, dei consumi e degli investimenti, spinti anche dall’avvio del PNRR: la crescita del Pil dovrebbe essere del 4,7% e proseguire, con un ritmo di poco inferiore, l’anno prossimo.


La vera impresa sostenibile del futuro

La pandemia ha costretto molte aziende a ripensare a come misurare successo e risultati e reinventarsi impresa sostenibile

Nel periodo pre-Covid, la maggior parte delle imprese era concentrato soprattutto sulla gestione della redditività e della crescita. Quello che questa crisi ha rivelato è l’importanza della flessibilità, della resilienza e della sostenibilità nel suo senso più ampio. Diventare quindi sempre più impresa sostenibile.

La prossima “normalità”

Mentre le aziende si adattano alle dinamiche di mercato di quella che molti definiscono la “nuova normalità”, è anche tempo per loro di considerare il futuro che le attende in uno scenario che si sta delineando molto diverso da quello in cui viviamo oggi: un futuro che sarà la nostra “prossima normalità”.

Conosciamo tutti le enormi sfide legate al cambiamento climatico. Secondo le Nazioni Unite, siamo entrati nel “decennio dell’azione”.

Una finestra di otto-dieci anni in cui, come individui e organizzazioni, possiamo ancora apportare i cambiamenti necessari per mitigare gli effetti negativi sul cambiamento climatico.

La sostenibilità, tuttavia, va oltre le questioni ambientali. Ha a che fare anche con la creazione di luoghi sani e sicuri in cui vivere, la riduzione delle disuguaglianze e la garanzia di un’educazione accessibile a tutti, come definito dagli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (OSS/SDGs) delle Nazioni Unite.

Oggi per molte aziende, questo concetto esteso di sostenibilità ha assunto un significato più profondo. Già prima della pandemia, le imprese venivano incoraggiate a misurare la sostenibilità e il successo aziendale, in modo da collegare i classici tre ambiti: impatto economico, sociale e ambientale.

Imprese Intelligenti

Le conversazioni con molti business leader si concentrano su come le imprese possono superare l’incertezza sviluppando maggior resilienza e modelli veramente sostenibili adatti per ripartire nell’economia post-pandemia.

L’emergenza Covid-19 ha non solo accelerato in modo significativo il percorso di molte aziende verso la sostenibilità, ma le ha anche portate a comprendere i vantaggi che potrebbero ottenere. E in futuro saranno indubbiamente le imprese sostenibili ad attrarre maggiori finanziamenti, migliorare il business e conquistare l’attenzione dei consumatori.

In che modo le organizzazioni possono realizzare nuovi vantaggi in termini di sostenibilità?

Claudio Muruzabal, SAP President for Southern Europe, Middle East and Africa, afferma di aver creduto a lungo – e di averne molto discusso con clienti e partner – nel ruolo fondamentale che la tecnologia ricopre per le aziende nell’aiutarle a raggiungere i propri obiettivi e creare un valore che rimane nel tempo.

E l’unico modo per ottenerlo è semplificare i processi aziendali sfruttando le tecnologie emergenti per creare una piattaforma operativa e gestionale integrata e basata sui dati. Le aziende che raggiungono questo livello di semplificazione diventano vere imprese intelligenti.

La capacità di riconvertirsi

Durante i momenti più difficili dei numerosi lockdown che ognuno di noi ha vissuto, abbiamo visto case automobilistiche iniziare a produrre respiratori, aziende vinicole realizzare disinfettanti per le mani di alta qualità e produttori di filati convertire i loro impianti per confezionare dispositivi di protezione individuale.

Certamente non era il loro core business. Ma hanno capito che era in linea con il loro purpose, hanno compreso le aspettative dei loro clienti e come potevano agire per aiutare chi ne aveva bisogno. Sono stati in grado di reinventarsi per adattarsi alle condizioni di mercato ed esplorare nuovi modelli di business, scalando verso l’alto o il basso a seconda delle esigenze, rimanendo, al contempo, concentrati sui propri clienti e dipendenti.

Nel bel mezzo della pandemia, abbiamo visto Al Dahra, azienda agroalimentare degli Emirati Arabi Uniti, centralizzare i propri processi di approvvigionamento per garantire forniture e consegne in tempi più rapidi, e individuare nuovi fornitori per soddisfare l’aumento della domanda. Abbiamo visto il leader italiano dell’ingegneria industriale De Nora implementare da remoto in pieno lockdown il nuovo sistema gestionale nella sua consociata statunitense. E ancora, il Ministero della Sanità del Marocco ha allestito una SAP Digital Boardroom in due sole settimane per fornire il monitoraggio e il tracciamento in tempo reale del contagio da Covid-19.

Queste aziende non sono state fortunate né si sono trovate nel posto giusto al momento giusto. Sono state capaci di prendere decisioni basate su dati contestuali e in tempo reale riguardo alle loro operation e di combinarle con le richieste e le esperienze dei clienti e dei dipendenti per raggiungere grandi risultati.

Ciò che questa pandemia sta dimostrando è che le imprese intelligenti sono, per definizione, sostenibili e resilienti. Questa resilienza permette loro di affrontare le sfide in modo olistico, pur continuando ad avere un impatto positivo all’interno delle loro comunità e, più in generale, nel mondo.

Anche con l’ampliamento della definizione di sostenibilità dell’UNDP, le imprese intelligenti hanno la capacità unica di diventare organizzazioni sostenibili, perché sono in grado di prendere decisioni rapide e guidate dai dati lungo l’intera catena del valore.

La sostenibilità, tuttavia, va oltre le questioni ambientali: ha a che fare anche con la creazione di luoghi sani e sicuri in cui vivere, la riduzione delle disuguaglianze e la garanzia di un’educazione accessibile a tutti.

La vera sostenibilità

Realizzare la vera sostenibilità nello scenario post-pandemia significa sapere dove si trovano i clienti e gli stakeholder, di cosa hanno bisogno in questo momento e come servirli al meglio con prodotti e servizi per loro rilevanti. Vuol dire sapere dove si trovano le materie prime ed essere in grado di orientarsi verso nuove fonti di approvvigionamento quando una non è più disponibile. Vuol dire creare un pool di talenti all’interno dell’organizzazione che sappia affrontare situazioni di lockdown improvvise e adottare un nuovo approccio efficace e chiaro ai viaggi quando le limitazioni per gli spostamenti iniziano ad aumentare.

Soprattutto, si tratta di utilizzare la tecnologia per creare resilienza, innovazione e sviluppo. In questo modo, se dovesse arrivare una prossima crisi, la vostra azienda non solo sarà meglio preparata a superare la tempesta, ma identificherà e trarrà vantaggio dalle nuove opportunità. Questa è la “prossima normalità” con la quale tutti noi dovremo imparare a convivere.