Automazione Industriale: ecosistemi per condividere dati

automazione industriale

La condivisione del proprio know-how all’interno di una community globale dove le skill di vari professionisti s’incontrano, si fondono ed evolvono rappresenta il futuro dell’automazione industriale, verso ecosistemi sempre più aperti e accessibili

E’ questa la filosofia che sta alla base della piattaforma ctrlX Automation di Bosch Rexroth, un ecosistema aperto per la condivisione del know-how e l’accessibilità del dato.

Il sistema aperto ctrlX Automation

ctrlX Automation si contraddistingue per essere “two steps ahead”, perché in grado di offrire soluzioni di automazione complete con un alto grado di scalabilità. Si tratta di un sistema aperto che consente l’integrazione di App, hardware e software di terze parti. Inoltre, abbiamo di fronte un sistema in grado di garantire alte performance in termini di connettività e  compatibilità con tutte le interfacce di automazione. Tutto questo avviene in massima libertà per quanto concerne l’ambiente di sviluppo e del linguaggio di programmazione. La scelta in controtendenza di utilizzare Linux come sistema operativo si è rivelata vincente grazie alla sua stabilità e affidabilità.

Al centro dell’architettura troviamo il ctrlX Data Layer, il quale permette un accesso real-time semplice a tutte le variabili del sistema, garantendo fino a 8 milioni di potenziali accessi al secondo. La piattaforma è accessibile alla community globale di developers che sviluppano nuove funzioni usando linguaggi di programmazione scelti direttamente da loro.

Questo è un aspetto strategico che accelera in maniera esponenziale sia lo sviluppo di innovazioni che i miglioramenti di processi. Grazie al concetto di App sarà possibile affrontare nuove frontiere, come per esempio quella del 5G per la quale sarà sufficiente scaricare e integrare l’applicativo 5G.

Si tratta dunque di un ecosistema aperto senza limiti, e chiunque può scaricarlo e integrare nuovi applicativi. I clienti diventano figure attive e possono creare le loro App personalizzate basate sul sistema ctrlX Automation, dove il mezzo non è più un ostacolo da superare e la piattaforma diventa sia strumento che soluzione per affrontare in modo flessibile, veloce e innovativo le nuove sfide nel campo dell’automazione delle macchine industriali.

Alcune partnership di successo

I partner di Bosch Rexroth che hanno scelto di implementare applicativi di funzioni sulla ctrlX Automation sono tanti e uno di questi è Schunk, leader nel settore dei sistemi di presa e della tecnologia di serraggio, nonché un fornitore di tecnologie all’avanguardia per robot e macchinari di produzione. ctrlX Automation ha permesso a Schunk di implementare rapidamente nuovi concetti di presa e quindi fornire nuovi concetti di pianificazione della presa ai propri clienti. La dimostrazione che anche i sistemi di presa complessi possono essere facilmente integrati.

Wittenstein è un altro player che ha deciso di farsi supportare da Bosch Rexroth. Il gruppo è simbolo di ingegno quando si tratta della tecnologia più innovativa per le trasmissioni meccatroniche. Sviluppa, produce e distribuisce riduttori epicicloidali ad alta precisione, sistemi di trasmissione meccatronici completi, attuatori rotativi e lineari, servomotori, componenti elettrici e software e molti altri prodotti.

L’App cynapse Monitor è la dimostrazione della collaborazione vincente tra le due aziende. Wittenstein alpha è ora infatti il primo produttore di componenti a offrire cambi intelligenti di serie – cambi con cynapse. I riduttori con sinapsi sono dotati di un sensore integrato per consentire la cosiddetta connettività Industry 4.0 e rappresentano il futuro del cambio intelligente. I sistemi di azionamento meccatronici in grado di raccogliere e comunicare informazioni in modo indipendente sono fondamentali per l’IIoT. Dunque, è il sensore integrato nel riduttore smart che fa la vera differenza.

Biovitae, la lampada led contro il coronavirus

lampada led Biovitae

La scoperta italiana di una lampada led che, secondo il promotore Silvano Falocco, “potrebbe modificare i protocolli di sicurezza nelle scuole”. Dopo lo studio preliminare del Policlinico Militare Celio di Roma, ora si attende la pubblicazione su una rivista scientifica. Contrasterebbe il Coronavirus e inoltre rispetterebbe l’ambiente in un approccio di economia circolare

“Istituti di ricerca ed enti governativi, conoscono la lampada led Biovitae da tempo. Ecco perché penso che sulla lotta al coronavirus forse si sarebbe potuto fare qualcosa di più”. Silvano Falocco, fondatore e direttore della fondazione Ecosistemi, parla di Biovitae, la lampada a led in grado di emettere luce a una frequenza tale da indebolire diversi microrganismi, tra cui proprio il virus SARS-Cov-2 che ha contrassegnato le nostre esistenze in questo particolarissimo 2020.

La scoperta è tutta italiana: a inventare la lampada led Biovitae, nel 2016 sono Rosario Valles e Carmelo Cartiere, entrambi ricercatori campani, mentre a sviluppare il brevetto sono le società P&P Patents and Technologies (che si occupa di prevenzione e controllo delle infezioni) e Nextsense (che mira a ridurre il divario tra la ricerca pura e le applicazioni nella vita quotidiana).

Ad accertare l’efficacia della tecnologia LED BIOVITAE, lo scorso giugno, è stato il Dipartimento scientifico del Policlinico Militare Celio di Roma, in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità. Nello studio preliminare si afferma che i test hanno “mostrato per la prima volta la capacità di inattivare SARS-CoV-2 attraverso l’irradiazione a led delle lunghezze d’onda dello spettro visibili. Se ulteriori e più approfonditi studi confermeranno questi dati, l’uso di questo led potrebbe potenzialmente avere un grande impatto sulla sanificazione di praticamente tutti gli ambienti umani”. 

Biovitae rispetta l’ambiente attraverso i principi di economia circolare. “Ognuno dei pezzi che compone la lampada, alla maniera di un bulbo, è pensato in modo tale da poter essere non solo identificabile ma anche smontabile e riparabile. Non è un processo difficile, se sin dalla progettazione ci si pone come obiettivo il mantenimento dei più elevati standard di circolarità – conclude Falocco – Noi lo abbiamo fatto ispirandoci ai più avanzati modelli di ecodesign”.

Il picco di frequenze ha ucciso il 99,8% del virus, in un arco temporale compreso tra i 30 e i 60 minuti, e si è dimostrato efficace anche su batteri, spore, muffe e funghi. Non solo, in ambienti interni ed esterni la lampada è in grado di attivare la fotocatalisi, con la possibilità di ridurre gli agenti inquinanti nell’aria.

Non sorprende, dunque, che nel luglio scorso la lampada led Biovitae sia stata nominata tra le tre migliori innovazioni mondiali nel settore sanitario nell’ambito dell’Health Innovation Exchange 2020, il premio organizzato dall’agenzia dell’Onu per la lotta all’Aids.

 “Adesso Biovitae è sottoposta a verifica multicentrica, nel senso che è stata inviata in Svezia e Germania per una revisione peer review – spiega ancora Falocco – I risultati dovrebbero arrivare a breve, e stiamo già lavorando per una pubblicazione su una rivista scientifica, Science o Lancet. Quel che è certo è che siamo di fronte a un processo rivoluzionario”.

Il termine rivoluzionario ricorre spesso nelle osservazioni del direttore di Ecosistemi. “C’è qualche problemino con la comunità medico scientifica, per cui l’intreccio tra ospedali, aziende sanitarie, Asl e case farmaceutiche ha l’interesse a mantenere lo status quo e i nuovi business fatti di gel igienizzanti, mascherine e amuchine. La lampada Biovitae potrebbe modificare ad esempio i protocolli di sicurezza adottati dalla scuola”.