Industrial Valve Summit, valvole industriali e flow control in mostra

Un mese circa alla partenza della quarta edizione di IVS Industrial Valve Summit, il più importante evento internazionale dedicato alle tecnologie delle valvole industriali e alle soluzioni di flow control

Industrial Valve Summit, promosso da Confindustria Bergamo e Promoberg, si svolgerà a Bergamo il 25 e 26 maggio.

Trecento espositori attesi da 12 Paesi in rappresentanza di 4 Continenti, nello spazio più ampio mai offerto dagli organizzatori della fiera. Questi i numeri importanti attesi in fiera.

Il programma della parte convegnistica del Summit, ha già raccolto un numero record di contributi scientifici e offre un ricco palinsesto di conferenze scientifiche, momenti di confronto e incontri tecnici.

IVS introduce quest’anno un calendario di workshop, laboratori e panel complementari alle cinque sessioni tematiche.

Il grande fermento generato dalla transizione energetica è sotto la lente d’ingrandimento del comparto. In primo piano le sfide dell’idrogeno, che necessita di nuove infrastrutture per il trasporto e la distribuzione.

L’appuntamento di apertura, in programma il 24 maggio, sarà la tavola rotonda, prima nel suo genere, che esaminerà proprio il ruolo dell’idrogeno nei nuovi scenari legati alla decarbonizzazione.

I convegni discuteranno anche le nuove applicazioni delle ultime innovazioni, ad esempio, della manifattura additiva e delle tecnologie di Carbon Capture and Storage (CSS), ossia il confinamento geologico della CO2.

IVS rappresenta una vetrina per discutere il cambiamento e analizzare le direzioni verso cui il mercato è indirizzato, soprattutto nell’attuale contesto di profondo cambiamento.

Nel 2020 gli investimenti mondiali nel settore dell’oil & gas sono calati di circa il 30% e il recupero del 2021 si è espresso a ritmi moderati, ma insufficienti a riagganciare i livelli pre-pandemia.

Ne è conseguita una contrazione del fatturato delle imprese del settore (-11%), ma già nel 2021 l’export italiano è cresciuto a ritmi in linea (o più elevati) rispetto a quello dei competitor in oltre il 60% dei top-100 mercati mondiali.

Questi numeri emergono dall’Osservatorio IVS-Prometeia The oil & gas valve industry in Italy”, che sarà presentato integralmente durante il convegno di apertura del Summit.

La ricerca fotografa lo stato del comparto italiano, che conta 255 imprese, 11.400 addetti e un valore della produzione pari a 3,2 miliardi di euro.

L’Italia è in testa alla graduatoria dei produttori UE: quasi 2 valvole su 5 per l’oil & gas prodotte in Europa sono italiane. In particolare, entro un raggio di 100 km dalla Provincia di Bergamo ha sede un distretto industriale che genera oltre il 90% della produzione nazionale del comparto.

www.industrialvalvesummit.com

KELLER: trasduttori e trasmettitori di pressione di qualità

KELLER è sinonimo di qualità e precisione svizzere. Tutti i trasduttori e trasmettitori portano il sigillo di qualità “Swiss Made” e incorporano la sensibilità svizzera per qualità, funzionalità e affidabilità

KELLER punta consapevolmente sulla piazza economica svizzera.

L’intera creazione di valore avviene nella sede principale dove opera anche la maggior parte dei dipendenti.

Per questo, tutti i prodotti KELLER portano il sigillo di qualità «Swiss Made» e incorporano la sensibilità svizzera per qualità, funzionalità e affidabilità.

KELLER è sinonimo di qualità e precisione svizzere. Dalla fondazione dell’azienda, la fabbricazione di tutti i prodotti avviene nei reparti produttivi di Winterthur.

Gli oltre 45 anni di esperienza si combinano con un animo innovativo allo scopo di trovare soluzioni adeguate per applicazioni individuali.

Al centro vi sono i desideri dei clienti.

Dalla fondazione dell’azienda, lo sviluppo e la fabbricazione di tutti i prodotti avvengono nei reparti produttivi di Winterthur.

La consulenza specializzata è invece compito dei nostri responsabili tecnico-commerciali madrelingua; complessivamente, in tutto il mondo sono più di 450 i dipendenti che contribuiscono al successo dell’azienda.

Tutto ciò rende KELLER affermato e consolidato produttore di trasduttori di pressione| e trasmettitori di pressione, certificato secondo la norma ISO 9001.

Tecnologie e produzione

Strumenti di misurazione della pressione piezoresistivi di produzione svizzera

Ogni anno KELLER produce 1,2 milioni di celle di misura di alta qualità destinate alla vendita diretta e integrate in tutti i prodotti finiti di KELLER.

La qualità elevata è sempre in primo piano, sia nelle soluzioni standardizzate sia nelle soluzioni specifiche per il singolo cliente.

Tutta la creazione del valore, dalla produzione delle singole parti alla taratura del sensore fino al controllo finale dei prodotti finiti, si svolge nella sede principale di Winterthur.

Valori e visione

KELLER non si limita al soddisfacimento dei requisiti particolari dei clienti ma promuove anche l’evoluzione sostenibile dell’azienda, incentivando lo sviluppo autonomo di tutti i dipendenti nell’ambito personale e professionale.

ResponsabilitàPlusvalore dalle persone per le persone

KELLER si basa su una forte interconnessione e intende essere un’azienda di persone per le persone. KELLER AG non è una mera finanziatrice ma realizza anche plusvalore sostenibile. In particolare KELLER si focalizza su progetti che danno alle persone la possibilità di continuare a svilupparsi in autonomia.

L’assortimento standard KELLER copre fondamentalmente la maggior parte dei campi di applicazione dei sensori di pressione. Tuttavia, di frequente può essere opportuno ottimizzare il prodotto specificamente per l’uso e l’integrazione in sistemi complessivi sovraordinati. Oltre ai componenti visibili dall’esterno, quali le parti dell’alloggiamento oppure i connettori, ciò si riferisce anche alla struttura interna del sensore. La produzione in proprio di diversi componenti e la stretta cooperazione con i nostri fornitori, rendono possibile effettuare molte modifiche in modo relativamente semplice.

I nostri clienti sono specialisti nel loro settore e conoscono al meglio i requisiti e le condizioni ambientali. KELLER conosce le possibilità offerte dalla tecnologia dei sensori piezoresistivi e dal 1974 ha realizzati innumerevoli progetti complessi. Alla base del successo di questi progetti c’è sempre stato lo scambio reciproco di esperienze. Soltanto mettendo in comune il know-how è possibile trovare la soluzione ottimale.

Anche le applicazioni, che a un primo sguardo possono apparire banali, ad un’osservazione più dettagliata spesso nascondono complessità impreviste. Se le condizioni reali di utilizzo del sensore vengono tenute in considerazione fin dall’inizio, l’efficacia e la durata aumentano enormemente. Ciò vale per la misurazione del livello di riempimento in botti dell’acqua piovana come pure per strumenti scientifici di laboratorio molto precisi o per la ben nota scienza missilistica.

È quindi sempre una buona idea farsi consigliare dai nostri tecnici commerciali e dai nostri progettisti. La scelta di procedere con un nuovo sviluppo di un prodotto oppure di utilizzare un prodotto esistente o modificato in modo adeguato dipende interamente dal progetto del cliente. In base ai requisiti, si procede alla determinazione comune delle caratteristiche necessarie per una misurazione priva di perturbazioni. La nostra esperienza pluriennale è in questo caso d’aiuto per tenere in considerazione tutti i fattori e le loro correlazioni.

Campi di misura e prestazioni

All’inizio vengono definite specifiche fondamentali dei sensori come il campo di misura totale, l’accuratezza, la taratura rispetto a determinati punti di misurazione e le unità di misura della pressione o la scala del segnale di uscita. Per prodotti con uscita digitale del segnale si pongono ulteriori questioni quali per es. la frequenza di campionamento necessaria o la risoluzione del segnale. I valori definiti costituiscono la base per la selezione dei componenti.«Le nostre conoscenze tecnologiche, l’esperienza pluriennale e la capacità di gestione di numerosi processi per la produzione di sensori di pressione, abbinate a un elevato grado di integrazione verticale, ci consentono di rendere possibile anche l’impossibile».

Adattamento ideale alle condizioni ambientali

La considerazione delle condizioni di impiego è a sua volta una parte centrale dei requisiti e, oltre ad aumentare la durata del sensore, è di frequente anche un presupposto per risultati della misurazione corretti. Se nel sistema in pressione è prevista una sovrapressione o un carico dinamico elevati, la costruzione del sensore deve essere ottimizzata tenendo conto di questo aspetto. Certe applicazioni o parti dell’impianto adiacenti nascondono il pericolo di alterazioni dei segnali e di guasti e causa di vibrazioni o urti. Anche la temperatura ha a sua volta una forte influenza su tutti i materiali e sulla loro resistenza. Sia valori estremi sia rapide alternanze di temperature possono causare complicazioni. Non è meno importante la resistenza chimica. Fluidi da misurare aggressivi possono corrodere i materiali dell’alloggiamento e delle guarnizioni qualora questi non siano stati scelti accuratamente. Anche fattori esterni, come per esempio vapori di benzina, radiazioni UV, acqua salata o persino microorganismi possono causare dei problemi. È pertanto essenziale considerare tutti i fattori rilevanti. Naturalmente, qualsiasi costruzione, per quanto ottimizzata al meglio, presenta ancora un limite di carico e potrebbe essere necessario ricorrere a misure di protezione supplementari.«L’esperienza ci insegna che apparentemente la materia non conosce limiti quando si tratta di metterci di fronte a nuove sfide».

Costruzione meccanica

La costruzione di un sensore deve tenere presente tutte le riflessioni precedenti ed è decisiva per le prestazioni: dalla scelta del chip del sensore attraverso il fluido di accoppiamento fino ai materiali e alle tecniche di fabbricazione utilizzati. Si aggiungono qui le richieste dei clienti riguardo a design, attacco di pressione ecc. nonché i requisiti derivanti dal tipo di applicazione e dalle prescrizioni contenute in leggi e normative. «Lo sviluppo di costruzioni specifiche per il cliente è un importante stimolo all’innovazione e ci ispirano nuove idee e soluzioni. Anche le nuove conoscenze sfociano infine sempre nello sviluppo continuo e nel miglioramento della gamma di prodotti offerta».

Elettronica e configurazione

La funzione di base dell’elettronica è preparare il segnale di misura, eventualmente salvarlo ed emetterlo attraverso l’apposita interfaccia. A questo proposito è anche possibile integrare calcoli specifici dell’applicazione nel firmware o configurare dispositivi e software in base alle richieste del cliente. Altri requisiti dipendono a loro volta dall’ambiente, come per esempio la protezione estesa contro i fulmini, la EMC oppure la protezione contro le esplosioni. I prodotti intrinsecamente sicuri possono anche essere adattati in modo specifico ai parametri del sistema complessivo del cliente.«Sviluppiamo unità elettriche che garantiscono la massima accuratezza degli elementi dei nostri sensori, lasciando spazio ad algoritmi specifici del cliente».

Interfacce elettriche e collegamento

Le interfacce digitali possono essere adattate a protocolli di comunicazione oppure configurate in modo specifico per il cliente. Proprio nella sensoristica continuano ad avere una grande importanza le interfacce analogiche. In entrambi i settori, KELLER ha esperienza nello sviluppo di soluzioni specifiche per la successiva applicazione, tra cui quelle con uscite a fibre ottiche e in frequenza. Per il collegamento elettrico è possibile integrare nella costruzione i connettori di collegamento necessari e confezionare terminali dei cavi in base alle richieste del cliente.«Il successo di un progetto dipende interamente dallo scambio di informazioni sulle interfacce. Ci impegniamo per offrire un ampio spettro di protocolli e interfacce elettriche in modo che l’integrazione nel sistema presenti meno difficoltà possibile e i valori della pressione possano essere trasmessi senza perdite».

Suite Software: Tecnologia Edge AI nativa di MicroAI Factory

Micro-AI Factory

La suite software Edge AI nativa riduce il downtime e i costi, migliorando al contempo la qualità e fornendo una conoscenza approfondita della produttività di macchine e persone

MicroAI™, leader nel campo delle tecnologie basate sull’Intelligenza Artificiale (AI) distribuita localmente nei nodi periferici (Edge) e nel Machine Learning, ha reso disponibile MicroAI Factory.

Si tratta di una suite software dedicata all’industria manifatturiera che sfrutta l’edge AI per gestire i dati raccolti da sistemi e sensori installati in produzione, con l’obiettivo di migliorare l’efficienza complessiva degli impianti (OEE), e abilitare l‘analisi del tempo ciclo in real time e la manutenzione predittiva.

Distribuito localmente attraverso un dispositivo di calcolo industriale collocato in produzione, MicroAI Factory interpreta i dati dai PLC e dai sensori installati sui macchinari e sui dispositivi indossabili all’interno di un sito produttivo.

Un motore AI nativo sviluppa automaticamente l’analisi del tempo ciclo e costruisce modelli comportamentali che forniscono una visione approfondita del funzionamento delle macchine e del comportamento umano.

Questa modellazione offre un’analisi in tempo reale delle prestazioni, della produttività e dei tempi di attività, rilevando al contempo le anomalie di funzionamento e generando allarmi, notifiche e programmando la manutenzione facendo riferimento a soglie preimpostate.

“MicroAI Factory migliora l’efficienza complessiva di macchinari e apparecchiature presenti in produzione, fornendo un’analisi olistica e in real time dei tempi ciclo e dello stato operativo delle macchine, e assicurando il rilevamento delle anomalie in modo da prevedere in anticipo potenziali guasti e problemi di prestazioni”, afferma Yasser Khan, CEO di MicroAI. “In definitiva, MicroAI Factory traghetta i processi produttivi facendoli passare da gestiti dall’uomo ad autogestiti”.

Philippe Cases, CEO di Topio Networks, catalizzatore di trend nell’ambito di Industria 4.0 e del mondo iperconnesso, aggiunge: “Oltre ad innovare i processi produttivi con l’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale, MicroAI funziona in modo completamente trasparente, abbassando così il costo di proprietà in modo significativo per le applicazioni di manutenzione predittiva. Per quanto riguarda i software dedicati al manifatturiero, si tratta di una vera e propria innovazione”.

MicroAI Factory è distribuito nei nodi periferici di microdispositivi di calcolo ed è collegato ai PLC e ai sensori presenti all’interno di una fabbrica o di un impianto industriale. L’elaborazione, l’analisi e la storicizzazione dei dati avviene localmente, eliminando quindi le criticità legate alla sicurezza dei dati, alla latenza e all’affidabilità della connessione tipiche del cloud computing.

Un unico punto di comando e controllo è deputato a gestire l’intero traffico dei dati, mentre è possibile accedere a dashboard on-site tramite rete locale (LAN), o da remoto tramite Internet. I server possono essere collegati in rete tra più strutture per condividere informazioni senza mettere a rischio i dati. MicroAI Factory può essere installato come soluzione unica all’interno di un singolo sito produttivo, oppure in più siti che operano in modo indipendente ma aggregano le informazioni mantenendo l’integrità dei dati in ogni singolo sito.

MicroAI

Con sede a Dallas, Tx, MicroAI™ è un’azienda pioniera nello sviluppo di soluzioni di Intelligenza Artificiale (AI) e apprendimento automatico (Machine Learning) per uso locale (Edge). L’azienda sviluppa soluzioni di AI su misura per le macchine connesse, i dispositivi edge e le risorse critiche incorporando la sua tecnologia proprietaria di Edge AI nativa direttamente sui microcontrollori (MCU) e sui microprocessori (MPU) presenti negli endpoint. Ciò consente una modellazione AI accurata e specifica per il dispositivo che risponde ai requisiti di sicurezza informatica (cybersecurity) di nuova generazione, e assicura la manutenzione predittiva avanzata, l’ottimizzazione delle prestazioni IoT e miglioramenti significativi nell’efficienza complessiva degli impianti e delle linee produttive (OEE).

Per maggiori informazioni visitate www.micro.ai

TERRANOVA INSTRUMENTS, a tu per tu con il Presidente Enio Valletti

Abbiamo rivolto alcune domande al Presidente di questo grande gruppo che è Terranova Instruments, Enio Valletti, che presenta un grande portfolio di esperienze e soluzioni per tutte le Industrie di Processo con la qualità, la creatività e l’eccellenza che la manifattura italiana ha sempre dimostrato negli anni

Di Maria Elena Monti

Terranova Instruments include brand differenti, può darci brevi cenni della sua storia e spiegare di cosa si occupano i vari marchi?

Valcom
Fondata a Milano nel 1974, Valcom® iniziò progettando e producendo strumenti pneumatici per il controllo e la misura con una specifica competenza nell’industria della cellulosa e della carta. Nel 1978 fu prodotto il primo trasmettitore elettronico con LVDT e nei primissimi anni ’80 la realizzazione di una gamma di trasmettitori di livello e pressione con sensori piezoresistivi costituì un passo decisivo nello sviluppo della strumentazione elettronica. Il continuo impegno dedicato alla ricerca, portò Valcom® ad entrare nei primi anni ’90 anche nel settore Navale, attraverso la selezione di materiali perfettamente compatibili con le applicazioni in ambito marino e offshore.

Spriano
Iniziò la propria attività nel 1923 producendo misuratori di pressione e temperatura. Nel 1936 fu la prima azienda in Italia a produrre un servomotore pneumatico e contribuì così a un significativo miglioramento tecnico nell’automazione e nel controllo industriale nei settori della Gomma, dell’Oil&Gas e Alimentari. Negli anni ’80 fu completato il passaggio dalla strumentazione pneumatica a quella elettronica.

Mec-Rela
Nel 1976 fu progettata e costruita una linea completa di valvole di controllo sotto marchio Mec-Rela®, che fornivano soluzioni efficaci ed efficienti per applicazioni industriali anche in condizioni estremamente difficili. Valvole di tipo criogenico, valvole a 3 vie con corpo monolitico e costruzione a doppia gabbia fecero di Mec-Rela® un brand riconosciuto a livello mondiale già nei suoi primi dieci anni di vita.

Qual è il posizionamento di Terranova Instruments sul mercato?

Forniamo strumenti di misura livello, pressione e temperatura ai più importanti EPC nel settore Oil&Gas, alla cantieristica commerciale e militare, migliaia di strumenti annualmente nel settore acque.

Abbiamo certificazioni ed omologazioni sempre aggiornate per i settori in cui operiamo. Esportiamo il 70-80% della produzione.

L’indirizzo è verso l’Oil&Gas ed il Marine è tuttavia modulato dalla capacità di produrre, ad esempio, livelli di barra di torsione, misuratori di densità per fanghi di trivellazione, Venturi fino a 15.000 PSI per pozzi petroliferi, water cut, varie tipologie di trasmettitori di temperatura, misuratori di nebbia di olio, trasmettitori di consistenza per pasta di carta.

La varietà dei prodotti, il volume e la flessibilità di produzione attuale non richiedono investimenti di ricerca verso altri settori oltre a quelli elencati, se non a questi affini

In che misura contribuisce il settore chimico/pharma al fatturato del Gruppo?

Il settore chimico/farmaceutico oggi costituisce circa il 15% del fatturato totale.

E quello rivolto all’ambientale?

In questo caso si tratta di circa il 7%.

Qual è il mercato europeo in cui registrate i risultati più soddisfacenti?

Per quanto riguarda il brand Spriano, attivo nel settore Oil & Gas, la bussola è puntata sul Medio Oriente. Per Valcom invece, più presente in ambito navale e industriale, i migliori risultati vengono realizzati in Scandinavia, Germania, Grecia e Turchia.

Come si presenta, invece, il mercato italiano dal punto di vista delle vendite e delle richieste dei vostri clienti?

In Italia stiamo facendo bene, c’è mercato per i nostri strumenti. Nel corso dell’anno prossimo intendiamo rafforzare la rete commerciale. Stiamo entrando nelle vendor list delle grandi società di ingegneria italiane. Dobbiamo però potenziare le visite degli agenti commerciali alle industrie più piccole. Certo, i grandi numeri oggi si fanno in altri paesi, dove si costruiscono ancora grandi impianti, ma è essenziale essere molto ramificati sul nostro territorio.

La “misura di livello in ambito industriale” è una parte importante del Vs lavoro, ci può raccontare come viene declinato da Terranova?

Terranova propone diverse soluzioni per la misura di livello. La più comune è quella basata sul battente idrostatico che possiamo soddisfare con i nostri strumenti ad immersione (27I e T72) ma anche con trasmettitori a barra di torsione, di pressione differenziale per montaggio diretto sul serbatoio o remoti tramite capillari. I Radar KRG a 26GHz sono parte integrante per quelle misure in cui il contatto con il fluido non è raccomandato e livellostati ad ultrasuoni, condotti di barra metallica e a galleggiante per evitare l’overfilling. Forniamo inoltre sistemi di misura a gorgogliamento BMS, in particolare in ambito navale anche se applicazioni nell’industria sono frequenti. A fianco dei trasmettitori abbiamo gli indicatori magnetici locali MLG (equipaggiabili anche con trasmettitore) ed indicatori SPG (Self Powered Gauges), potendo garantire così anche la visualizzazione delle misure di livello localmente.

Qual è la gamma di prodotti che proponete? Quali sono caratteristiche peculiari e vantaggi?

Al di fuori degli strumenti standard per applicazioni normali, quali ad esempio le ∆PCell, ogni tipologia di prodotto ha le proprie peculiarità pertanto è fondamentale per noi comprendere l’applicazione e le necessità del cliente in primis, così da proporre la soluzione più adatta.

Le variabili principali misurate sono livello, pressione, temperatura, portata, densità e consistenza.

Per applicazioni su serbatoi in pressione, sicuramente i trasmettitori differenziali T7D, SST57B, SST57BL, SST77B e SST77BL la fanno da padrone. Questi strumenti equipaggiabili anche con separatori e capillari rilevano sia la pressione totale interna al serbatoio sia quella esercitata dalla pressione del battente idrostatico. Deducendo dalla pressione totale rilevata la pressione di pressurizzazione, i trasmettitori sono in grado di misurare l’effettivo livello del liquido all’interno.

Quando invece parliamo di serbatoi atmosferici o pozzi, gli strumenti ad immersione 27I e T72 sono i più adatti. Facili da installare ed affidabili nel tempo, non necessitano di commissioning e possono essere installati anche in pozzi molto profondi (anche oltre i 500 m). Inoltre possono resistere ad elevate sovrapressioni e a picchi di pressione dovuti al fenomeno dello sloshing, tipico nelle casse di zavorra e di servizio in ambito navale.

I radar KRG possono essere utilizzati per misure non a contatto anche per fluidi corrosivi. I sistemi a gorgogliamento BMS permettono di misurare contemporaneamente il livello di varie casse o serbatoi.

Forniamo anche livellostati ad onde acustiche condotte in barra metallica tipo ASL, utilizzati per verificare il riempimento ed evitare l’overfilling, proteggendo così gli impianti e gli operatori. Possono essere ad una o due antenne con lunghezze customizzabili ed anche in materiali esotici.

La quasi totalità dei sensori è gestito da microprocessori con protocollo di comunicazione (HART) per ottenere risultati eccellenti in precisione. La nostra produzione è particolarmente attenta ed esperta nello sviluppo della parte meccanica/idraulica del prodotto, in quanto garanzia di affidabilità a lungo termine.

Può fare cenno a qualche applicazione significativa?

Tra le recentissime acquisizioni possiamo citare:

  • Trasmettitori elettronici di pressione relativa e differenziale con membrana dorata, per unità di produzione idrogeno e idrotrattamento distillati in una Oil Refinery;
  • Trasmettori di livello ad immersione in PVDF con membrana ceramica per falde inquinate;
  • Self Powered Gauges per indicazione locale di livello su portaerei;
  • Skid multifase di nostra completa produzione costituito da tubo venturi, strumentazione varia e water-cut modello T7W.

Come si è evoluto il vostro business?

Il business Terranova nasce nel 2013 con l’acquisizione di Spriano e Mec-Rela da parte di Valcom. Questi tre marchi italiani (Spriano 1923, Valcom 1974 e Mec-Rela 1976) costituiscono un gruppo capace di operare i n perfetta sinergia per le loro esperienze e capacità di produrre ed operare nei settori della strumentazione quali Oli&Gas, marina commerciale e militare, cartiere, centrali termiche, industria chimica, petrolchimica, farmaceutica, alimentare e delle acque.

Siamo impegnati a fare conoscere queste capacità acquisite in molti decenni di esperienza ai nostri clienti e soprattutto ai nostri potenziali clienti. Offriamo un’alternativa di altissima qualità ed in particolare, per le industrie italiane, un prodotto nazionale tecnicamente competitivo e molto spesso vantaggioso economicamente.

Contribuiamo a far crescere l’attività, con tutti i vantaggi connessi, sul territorio italiano.

Quali sono i vostri punti di forza?

Industria generica di processo, in particolare Oil&Gas, marina commerciale e militare, cartiere e food, ma con anche un occhio al settore delle energie alternative. Questi i campi dove possiamo trovare il timbro Terranova Instruments, in un continuo sforzo nella ricerca e nello sviluppo di soluzioni innovative nonostante i decenni d’esperienza, ponendoci così come partner ideale e fornitore per apparecchiature di misurazione e controllo per processi di trattamento di acque, pozzi, casse, laghi, ma anche settori che spaziano all’industria farmaceutica, del cemento e dell’acciaio

Come ha affrontato le tematiche della digitalizzazione e quelle dell’efficienza energetica il Gruppo?

Nell’ottica di una maggiore digitalizzazione ed evoluzione dell’operatività interna, siamo impegnati nel passaggio al sistema SAP, che contiamo di rendere operativo a fine 2022.

Disponiamo di impianto fotovoltaico da 47 KW e pompe di calore per il condizionamento/riscaldamento.

A quali criticità e/o problematiche rispondono le vostre soluzioni? Quali sono le esigenze del Cliente che soddisfate maggiormente?

La decennale esperienza, la produzione tutta in Italia, la stretta rete di fornitori per determinate lavorazioni, un grosso stock delle parti degli strumenti e la capacità di modulare la produzione e ridefinire le priorità ci permettono di risolvere in modo positivo una criticità piuttosto frequente: il tempo di consegna.

Altre problematiche che siamo in grado di risolvere piuttosto bene sono quelle legate alle caratteristiche tecniche dei materiali speciali, leghe, trattamenti relativi alla sicurezza meccanica ed alla resistenza chimica.

Quali servizi offrite al cliente?

I nostri clienti trovano da noi non solo un fornitore, ma un partner. Lavoriamo fin dalle fasi di ingegneria con molti loro, li seguiamo durante la scelta degli strumenti e la fornitura. Tutto però non si ferma qui, ma proseguiamo anche con l’aiuto in fase di installazione e commissioning, service e qualora si presentino delle problematiche in futuro anche con assistenza diretta da remoto o in campo.

Come siete strutturati per la produzione e per la rete commerciale in Italia?

Come produttori, realizziamo la nostra strumentazione interamente nella sede di Terranova dei Passerini (Lo), avvalendoci della collaborazione esterna di officine meccaniche, quando possibile, residenti nelle nostre vicinanze.

Per la rete commerciale Italia, abbiamo allargato la nostra forza commerciale, coinvolgendo nuovi agenti / distributori che ci seguono nelle varie regioni.

Avete lanciato recenti novità sul mercato del chimico/farmaceutico e del settore ambientale?

No, non novità assolute ma adeguamenti costanti alle particolari esigenze dei settori quali ad esempio l’estensione di attacchi al processo specifici per il settore farmaceutico ed alimentare.

Avete nuovi progetti in cantiere o in lavorazione?

In questo periodo abbiamo portato avanti un progetto importante che lanceremo sul mercato a gennaio 2022. Attualmente abbiamo terminato la fase di prototipazione e siamo impegnati in quella di pre-serie. Si tratta della rivisitazione digitale dello storico interruttore di livello a ultrasuoni ASL che sarà in grado di rispondere alle esigenze dell’Industry 4.0, in un’ottica intelligente e programmabile. Tra i vantaggi: miglioramento della flessibilità di calibrazione, gestione delle

uscite di corrente e/o relay più semplice e aumentata, diagnostica rafforzata.

Questo interruttore di livello potrà supportare nuove applicazioni con limiti estremi di pressione e temperatura (1000 bar, -200…+500°C). La serie ASL si presenterà sul mercato forte delle certificazioni CE, ATEX, IECEx, PED, SIL nonché Type Approvals per applicazioni navali e Offshore, per cominciare RINA e DNV.

Quali sono le prospettive per il futuro?

Nel corso del 2022 lanceremo sul mercato il nuovo livellostato ASL in versione digitale con possibilità di programmazione e semplicissima messa in servizio. Nel nostro settore le certificazioni sono fondamentali, pertanto il 2022 ci vedrà impegnati anche su questo fronte con il rinnovo di certificazioni/omologazioni in scadenza e con l’acquisizione di nuove.

Questi investimenti, assieme a tutto il lavoro svolto nel corso del 2020 e 2021 ci permetteranno di essere ancora più presenti sul mercato e di incrementare ulteriormente il nostro business a livello sia nazionale che internazionale.

Dal punto di vista industriale proprio in queste settimane si è conclusa un’importante operazione di acquisizione di una società storica dell’industria italiana per la produzione di elementi primari per la misura della portata e che porterà non solo ad un ampliamento della nostra offerta commerciale, ma anche a una riorganizzazione e ottimizzazione delle procedure interne.

www.terranova-instruments.com

La transizione digitale ed ecologica per la manifattura italiana

Si intensifica il dibattito sul ruolo dell’industria nel guidare la transizione ecologica. Soltanto guardando ai dati italiani si capisce quanto l’industria giochi un ruolo di primo piano nel passaggio verso un’economia circolare e una società più sostenibile

Il settore è infatti responsabile di oltre il 40% del consumo energetico italiano: secondo i dati Terna, nel 2020 l’industria ha assorbito il 44% dei consumi elettrici e la sola manifattura il 38%.

I passaggio verso un’economia circolare, necessario per raggiungere gli obiettivi europei di contrasto ai cambiamenti climatici, oltre all’efficienza energetica, chiede di ripensare completamente l’approccio alla produzione, dalla scelta delle materie prime, ai processi all’interno degli stabilimenti, a tutto il ciclo di vita del prodotto.

Cambiamenti a cui oggi si può guardare non solo con speranza, ma con concretezza, grazie alla maturità raggiunta dalle tecnologie digitali. Saranno proprio queste, sottolineano gli esperti, i driver che abiliteranno la transizione.

Per questo si utilizza il termine “twin revolutions” (rivoluzioni gemelle) quando si parla della transizione verde e di quella blu o digitale.

Il ruolo del digitale nel passaggio a una manifattura più sostenibile
Gli esperti sono tutti d’accordo: le tecnologie digitali sono un importante fattore abilitante della transizione ecologica.

Lo sottolinea un recente studio di The European House – Ambrosetti che rileva che il contributo diretto e indiretto del digitale sarà responsabile di oltre il 50% dell’abbattimento delle emissioni.

Se ne è occupato anche l’Osservatorio Transizione Industria 4.0 della School of Management del Politecnico di Milano che nella sua indagine ha analizzato, attraverso varie interviste, l’approccio delle aziende a progetti di promozione della sostenibilità e della transizione ecologica. 

L’indagine ha sottolineato che, a fronte di diversi progetti per il futuro e alcuni già posti in essere, ciò che è cambiato è la consapevolezza del bisogno di sostenibilità per le aziende.

Un bisogno che nasce dalla necessità di ridurre i consumi energetici e i costi di produzione, ma anche da uno stimolo esterno, come spiega Luca Fumagalli, Professore del Politecnico di Milano.

“Mentre per la trasformazione digitale lo stimolo viene dall’industria stessa, sono i consumatori che richiedono la sostenibilità, orientando così anche le risposte delle aziende”, spiega Fumagalli.

Le aziende devono quindi puntare sulla sostenibilità per restare competitive sui mercati mondiali. E non basta che il prodotto finale sia sostenibile: i consumatori vogliono, infatti, che tutto il processo che ha portato a quel prodotto sia green.

Per rispondere a questi cambiamenti, le aziende devono investire proprio sulle tecnologie digitali, che permettono l’efficientamento dei processi e dei prodotti, ma anche la tracciabilità di tutto ciò che avviene lungo la filiera produttiva.

“Parlare di sostenibilità senza parlare di trasformazione digitale significa parlare di una sorta di decrescita, tutt’altro che felice”, osserva Stefano Epifani, presidente della Fondazione per la Sostenibilità Digitale e del Digital Transformation Institute.

E’ molto importante scegliere le tecnologie sulle quali investire perché, come sottolineano molti esperti, lo stato di maturità raggiunto dalle tecnologie 4.0 contribuisce al fabbisogno energetico dell’industria (pensiamo, ad esempio, alla quantità di energia necessaria per alimentare i data center).

Le aziende devono quindi approcciarsi a queste trasformazioni con una visione strategica, investendo su quelle tecnologie che promuovono, davvero, un efficientamento sostenibile.

Un esempio viene proprio dal cloud, che favorisce l’accesso alle applicazioni necessarie per standardizzare ed efficientare i processi anche a quelle aziende che, altrimenti, non avrebbero gli strumenti per dotarsi delle infrastrutture necessarie.

Applicazioni che possono essere remotizzate in data center gestiti con i più alti standard di efficientamento energetico e che prendono il nome di “green data center”.

Lavorare a un nucleare ‘pulito’
Tuttavia, anche tenendo conto del risparmio energetico che si può ottenere grazie alla tecnologie digitali, i dati ci dicono che le sole energie rinnovabili non saranno sufficienti per soddisfare il fabbisogno energetico di sistemi economici che, comunque, continueranno a crescere. Ecco perché anche in Italia si è riacceso il dibattito sul nucleare, un tema purtroppo molto divisivo e su cui si fatica a ragionare con razionalità.

Attualmente l’Europa conta più di 100 reattori attivi che producono più del 25% dell’energia elettrica totale, il 48% della quale è carbon-free. Una tecnologia di certo non vista di buon occhio da gran parte della popolazione ma che, invece, potrebbe dare la spinta necessaria per vincere la sfida della decarbonizzazione.

Sono già diverse le realtà, anche italiane, coinvolte nell’innovazione del settore che intende portare a un nucleare sicuro e, soprattutto, pulito. Un “new clear”, come lo definisce Luca Manuelli, che oltre a essere presidente del Cluster Fabbrica Intelligente è anche Ceo di Ansaldo Nucleare e Chief Digital Officer di Ansaldo Energia, azienda italiana che opera nel settore dell’energia e che sta affrontando, in prima persona, il percorso di riconversione verso l’abbandono del carbone e la ricerca di fonti energetiche efficienti e pulite.

Nel breve termine, l’evoluzione del nucleare porterà ad ottenere energia da “small advanced nuclear reactor”, ovvero micro reattori che permettono di innalzare gli standard di sicurezza in maniera esponenziale, spiega Manuelli.

“La sfida che deve vincere l’industria è anche quella della modularità: invece di fare una centrale energetica che costa 10-15 miliardi e che ha una vita di 10-15 anni, c’è possibilità di realizzare un micro reattore di cui le parti possono essere prodotte in una fabbrica”.

Nel lungo periodo, la sfida è invece quella della fusione, un processo molto difficile da realizzare, sia per via delle alte temperature che richiede (150 milioni di gradi Celsius), che per la scarsità di risorse globali di trizio (necessario al processo), sia perché sono necessari enormi magneti per contenere il plasma (un gas portato a diversi milioni di gradi Celsius) in un dispositivo a fusione sottovuoto, denominato “tokamak”.

A questo obiettivo è dedicato il progetto europeo ITER, il più grande al mondo in questo ambito che, spiega Manuelli, “prevede per il 2025 l’accensione del primo plasma del reattore nel quale per 10 anni si sperimenterà la fusione per avere, laddove l’esisto sia favorevole, la possibilità di avere un game changer nella produzione di un’energia sicura in quantità infinita”.


Idrogeno: le aziende credono in una crescita esponenziale del settore in pochi anni

Dalle anticipazioni dell’Osservatorio H2IT sul settore dell’Idrogeno, emerge che le aziende parte di H2IT, l’associazione italiana idrogeno e celle a combustibile, credono in una crescita esponenziale in pochi anni. Il 69% di queste aziende prevede di chiudere l’anno con il segno più

Per 1 azienda su 3 il giro d’affari del settore raddoppierà entro il 2023. Ricavi e occupazione cresceranno ma ci sono ancora tanti ostacoli. Per il 92% del campione è ancora difficile reperire personale qualificato.

Centrale nel PNRR, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e nel Green Deal europeo, all’idrogeno viene dato sempre più peso come attore chiave per la transizione energetica. Italia ed Europa lavorano allo sviluppo di una filiera forte, che contribuirebbe a decarbonizzare tanti settori, dall’industria ai trasporti, dalla produzione di energia all’ambito residenziale.

Lo sanno bene gli oltre 90 soci di H2IT, l’associazione italiana idrogeno e celle a combustibile che ha presentato un’anticipazione dell’Osservatorio H2IT sul settore idrogeno in Italia. L’indagine è stata svolta proprio sui soci di H2IT, che rappresentano tutta la catena del valore dell’idrogeno dalla produzione fino agli usi finali. Ne emerge un quadro ottimista specialmente per il futuro prossimo, con le aziende che hanno ben chiari ostacoli e possibili soluzioni.

Il 2020 è stato un anno complicato per tanti comparti. Le aziende socie di H2IT hanno però dimostrato un alto livello di resilienza: per il 60%, il fatturato del 2020 relativo alle sole attività idrogeno rispetto al 2019 è rimasto stabile, e per circa 1 su 3 (29%) è addirittura aumentato.

Industria, il comparto più promettente per l’idrogeno

Se si guarda alle aspettative per fine 2021 i dati sono ancora più incoraggianti. Ben il 69% prevede un incremento nel giro d’affari, a dimostrazione della forte spinta sull’acceleratore che tutto il sistema Italia, compresa la filiera idrogeno stessa, sta imprimendo al settore.

Al di là di come immaginano il futuro della loro azienda, le imprese parte del grande network di H2IT sono particolarmente ottimiste quando si parla più in generale dell’intero settore idrogeno. Tutte si aspettano una forte crescita, con il 30% che da qui a tre anni crede in un giro d’affari in aumento di oltre il 100%. È l’industria il comparto indicato come il più promettente per l’idrogeno (87%), seguito dai trasporti (76%) e da logistica/infrastrutture (43%).

Sul fronte occupazionale, serve più personale qualificato

Una crescita che può potenzialmente generare una rivoluzione occupazionale. Dal PNRR sono stati stanziati, infatti, 3,2 miliardi di euro, per un giro d’affari che entro il 2050 potrebbe impattare per 40 miliardi di euro sul Pil e creare ben 500mila nuovi posti di lavoro (fonte dati: H2 Italy 2050, di Snam e The European House-Ambrosetti, 2020).

Le previsioni sull’occupazione sono molto positive (il 14% immagina un boom del +500% da qui al 2023), ma si scontrano con la realtà attuale: per il 92% del campione è ancora difficile trovare personale qualificato.

Stimolare il sistema a fare di più per la formazione e favorire la nascita di nuove idee diventa un imperativo categorico. Proprio per questo H2IT ha di recente avviato, in collaborazione con Intesa Sanpaolo Innovation CenterInnovahy, un’iniziativa volta a favorire il percorso di sviluppo di pmi innovative e startup del settore idrogeno.

Quali strategie per lo sviluppo della filiera Idrogeno

Passiamo alle criticità riscontrate dalle aziende. Preoccupa l’assenza di un quadro normativo chiaro, punto sul quale H2IT ha insistito molto anche con le istituzioni con il report “Strumenti di Supporto al Settore Idrogeno. Priorità per lo sviluppo della filiera idrogeno in Italia”, i cui punti salienti sono stati presentati in un’audizione alla Camera dei Deputati nell’ambito dell’esame del PNRR (Proposta di piano nazionale di ripresa e resilienza).

Le aziende sono consapevoli che ancora il mercato è poco maturo ma si aspettano uno sforzo in più dalle Istituzioni specialmente sul fronte della burocrazia e dei finanziamenti pubblici, e una diminuzione dei costi delle tecnologie grazie a ricerca e sviluppo.

Le attese verso il mondo della politica sono certamente alte, ma le aziende riconoscono l’impegno del Governo. Poco più della metà del campione (51%) esprime un giudizio positivo sulla strategia avviata dello Stato, con il 31% che non si sbilancia né in positivo né in negativo.

Ma quali sono le misure necessarie per lo sviluppo della filiera? L’80% delle aziende risponde che servono più investimenti, ma sono comunque in tanti a credere che occorrano maggiore apertura dal sistema finanziariopiù sensibilizzazione dell’opinione pubblica e più offerta di formazione.

“L’ottimismo che emerge dall’analisi dei dati aggregati delle previsioni delle aziende socie di H2IT è il risultato di segnali finalmente più forti, che però non bastano da soli a fare decollare un mercato”, ha commentato Alberto Dossi, Presidente di H2IT. “Serve una strategia ben definita per lo sviluppo del settore che abiliti gli investimenti, con un quadro normativo chiaro e riforme volte a supportare l’adozione delle tecnologie idrogeno in Italia”.

Abitare nello Spazio, Luna e Marte, è il futuro

Gli Ambasciatori del Design italiano ci stanno preparando le case per abitare nello spazio, Luna e Marte; un compito difficile e che richiede tante diverse capacità, competenze e persone che lavorano tutte in una direzione

Valentina Sumini è diventata «Ambasciatore del Design italiano per il 2021», assieme a Flavio Manzoni, senior vice president del Design Ferrari, nel corso di una interessante conferenza tenuta dalla Ambasciata italiana a Washington nel luglio scorso.

Valentina Sumini Ha due lauree prese in tempo record, architettura e ingegneria, un dottorato al MediaLab del Mit di Boston e ora è attiva anche al Politecnico di Milano come docente.

La gara tra le nazioni

Valentina Sumini è ancora molto distante dagli «anta», nonostante il suo curriculum. E il suo messaggio, di cui è convintissima, è che stiamo per diventare una specie multi-planetaria, destinata a espandersi e abitare nello spazio: Luna e Marte per ora, poi si vedrà. Non resteremo sempre e solo sulla Terra, e lei, con altri, ci sta preparando le case per abitare nello spazio, un compito difficile e che richiede tante diverse capacità, competenze e persone che lavorano tutte in una direzione. La tesi è suggestiva e nel suo intervento alla conferenza di Washington l’ha ripetuta a chiare lettere: l’evoluzione della nostra specie ci porta a conquistare non solo altri continenti, ma anche altri pianeti vicini, ci spinge a intraprendere viaggi. Visto che siamo in pieno centenario dantesco, si potrebbe dire una riedizione in chiave 4.0 del famoso «fatti non foste a viver come bruti». D’altra parte, tornare sulla Luna e poi arrivare a Marte, non per una toccata e fuga ma per restarci e costruirci insediamenti stabili di umani, è oramai un progetto a cui lavorano tanti Stati, con le loro Agenzie Spaziali, con gli Usa e suoi alleati da una parte e dall’altra la Cina. La Russia, come fa da mesi oramai, è in ancora in bilico fra i due e forse aspetta la migliore squadra o il suo maggior tornaconto.

La gara tra i privati

Ma non c’è solo questo scontro o gara fra Stati, perché sul pianeta rosso ci vuole arrivare per primo il funambolico Elon Musk che sarà anche un personaggio strano ma di capacità ne ha da vendere e orienta tutti i suoi business verso questo obiettivo: fare cassa per pagarsi il Progetto Marte.

La rete di migliaia di microsatelliti per avere internet dallo spazio è solo l’ultima delle sue trovate geniali ed efficienti che riempiranno i suoi conti in banca.

Il punto fondamentale da cui partire, ci dice la Sumini, è considerare bene la differenza fra l’ambiente in cui viviamo e ci siamo evoluti e gli altri due che consideriamo.

Qui da noi la gravità è determinante, addirittura il nostro corpo è modellato da millenni e millenni di azione della gravità sulle nostre ossa, sul sistema venoso e dell’equilibrio.

Se parliamo invece di Luna e Marte scendiamo a 1/6 per il nostro satellite e a 1/3 circa per il Pianeta Rosso. Una persona di 60 chili ne pesa solo 10 sulla Luna e circa 20 su Marte, per avere un’idea.

Il problema, quindi, non è l’azione verticale costante della gravità, che in pratica spinge verso il basso anche gli edifici, ma si sposta verso i problemi dati dalla differenza di temperatura e pressione atmosferica e dalla presenza o meno di radiazione nociva all’essere umano.

La dura vita degli architetti… di spazi

Anzi è stato proprio questo il punto da cui Valentina Sumini è partita, dato che, ai tempi, peraltro molto vicini, delle sue lauree ha studiato l’azione del terremoto negli edifici in seguito ai fatti dell’Aquila. Niente gravità come fattore fondamentale, pressione zero sulla Luna e bassa su Marte, la cui atmosfera è molto rarefatta rispetto alla nostra, con valori anche 150 volte minori. Gli sbalzi di temperatura sono di oltre cento gradi nell’alternarsi del giorno e notte e micrometeoriti arrivano indisturbate, e pericolose, al suolo: un ulteriore problema.

Il passaggio verso lo spazio esterno studiato dagli architetti spaziali, che di fatto anche in questa nuova veste sono progettisti di spazi vedono un futuro a più stadi, tre livelli diversi. Il primo è lo spazio molto vicino a noi, poche centinaia di chilometri, quasi una passeggiata.

È lì, a 400 chilometri dal suolo, che orbita la Stazione spaziale internazionale, Iss, il più grande manufatto mai progettato e costruito nello spazio, l’unica vera grande architettura spaziale esistente.

Andrà in pensione forse presto e Valentina Sumini partecipa a un progetto per la realizzazione di un vero e proprio albergo che si potrebbe costruire sullo scheletro di alcune parti della Stazione stessa, mantenendo per prima cosa la bellissima finestra da cui gli astronauti, nei momenti di relax, guardano quello che il primo di loro, Yuri Gagarin, 60 anni fa chiamò il «pianeta blu».

Ricordiamo che la stupenda struttura finestrata della Stazione, come peraltro il 50% e oltre della superfice calpestabile della Iss, è di costruzione italiana. Attorno a questo nucleo centrale, tipo Hotel Bellavista, sono state progettate 12 camere per altrettanti ospiti nel progetto Marina, che ha ricevuto l’encomio di Nasa.

Le stanze, vista la ridottissima gravità in quella situazione, sono realizzate in tessuto super resistente, ma anche leggerissimo che può arrivare in orbita debitamente impacchettato, ripiegandolo più volte su sé stesso.

“L’hotel” sulla Luna

Dodici moduli gonfiabili – sarebbe meglio dire espandibili – che si dispongono come altrettanti petali di fiori. È un primo passo verso anche una relativa democratizzazione di accesso allo spazio, l’albergo spaziale potrebbe essere pronto relativamente presto, ma su Luna e Marte è un’altra storia.

Come secondo più impegnativo passaggio troviamo la Luna, e lì è stata scelta una regione verso il polo sud, dove c’è più acqua, più energia dal Sole e si può sempre vedere la Terra.

Uno dei problemi per gli insediamenti lunari, rispetto a quelli marziani, è infatti che c’è ben poca acqua sul nostro satellite, ma soprattutto è presente in regioni molto limitate. Ecco, quindi, la progettazione di un villaggio vero e proprio formato da relativamente piccole abitazioni, ognuna per quattro ospiti, realizzate anche con materiali locali, in particolare la regolite lunare che si presta bene a essere lavorata in loco.

Progetto a cui ha dato il suo appoggio anche l’Agenzia spaziale europea.

ENI VERSALIS: strategia per la sostenibilità

Versalis è la società chimica di Eni, fortemente motivata a giocare un ruolo chiave nella transizione verso lo sviluppo di un modello di sostenibilità in crescita

Versalis basa le sue attività sull’integrazione dei principi di sostenibilità e circolarità nella gestione dei processi industriali e dei prodotti lungo l’intero ciclo di vita.

Le tre direttrici nell’ambito della sua strategia trovano fondamento nell’innovazione e sono:

1) la diversificazione delle materie prime, tra cui le fonti rinnovabili,

2) l’eco-design,

3) lo sviluppo di tecnologie di riciclo dei polimeri.

La Società interagisce con i mercati proponendosi con un portafoglio prodotti orientato ad un mercato in continua evoluzione, facendo leva sulle proprie competenze industriali, sulla ricerca e l’innovazione, sull’estesa gamma di tecnologie proprietarie, su una rete di distribuzione capillare e attività di assistenza post-vendita.

E’presente anche nella regione Asia-Pacifico, con uffici a Shanghai, a Mumbai (India) e a Singapore.

Nella stessa area, con la joint venture LVE, costituita con la sudcoreana Lotte Chemical, mira a promuovere lo sviluppo nel campo degli elastomeri. Ha inoltre uffici commerciali a Houston (Texas) per rafforzare, grazie alla controllata Versalis Americas, la sua presenza sul mercato locale, in particolare nel campo degli elastomeri.

Mentre in Ghana, Congo e nel Medio Oriente è presente con la JV VPM insieme a Mazrui Energy Service che ha un ruolo attivo nel settore Energy, con il portafoglio degli oilfield chemicals.

La chimica da fonti rinnovabili, un punto cardine nella transizione per la sostenibilità

La chimica da fonti rinnovabili è parte importante della strategia di crescita di Versalis, rappresentando la via per un più deciso indirizzo verso tecnologie in linea con i principi della bioeconomia e in sinergia con le produzioni tradizionali.

Versalis è impegnata nella messa a punto di un modello che tiene conto dell’intero ciclo produttivo in termini di uso di risorse rinnovabili, di conseguente riduzione delle emissioni di CO2 e di efficienza energetica.

L’impegno nella chimica da rinnovabili si focalizza in particolare su nuovi processi produttivi che utilizzano materie prime rinnovabili, come per esempio le biomasse solide, per produrre intermedi e polimeri.

Attraverso la Business Unit dedicata Biotech, Versalis sta sviluppando filiere e piattaforme tecnologiche che coprono vari ambiti (agronomico, biochimico e chimico) ed ambisce a valorizzare l’integrazione con il territorio che fornisce le biomasse, offrendo allo stesso opportunità di crescita.

Versalis svolge attività di ricerca sull’intera filiera della chimica da fonti rinnovabili nei centri di Novara in scala laboratorio, e a Rivalta Scrivia (Alessandria), per attività fino alla scala pilota della tecnologia di saccarificazione da biomasse ligno-cellulosiche a zuccheri di seconda generazione (non edibili) e successiva fermentazione a bioetanolo.

A Porto Torres, la ricerca è affidata al centro ricerche di Matrìca, joint venture con Novamont per la chimica da fonti rinnovabili, a supporto delle produzioni specifiche del sito e di vari altri progetti.

Un progetto: dalla chimica da fonti rinnovabili una gamma di disinfettanti Invix

A Crescentino (Vercelli), Versalis è impegnata nel riavvio della produzione di bioetanolo.  

In piena emergenza sanitaria da covid-19, Versalis ha messo a disposizione le proprie competenze e gli impianti di Crescentino per produrre una gamma di disinfettanti, denominata Invix, utilizzando come principio attivo l’etanolo da materie prime vegetali.


Il disinfettante, sviluppato su formulazione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e autorizzato dal Ministero della Salute italiano, è un presidio medico chirurgico.
I centri di ricerca Versalis Biotech a Rivalta Scrivia (Alessandria) e a Novara stanno lavorando per perseguire ulteriori sviluppi nella produzione di una gamma completa di prodotti rinnovabili per via fermentativa quali bio-oli per la bioraffineria, polimeri totalmente biodegradabili (poliidrossialcanoati PHA), intermedi per bio-polimeri e bio-chemicals, tutti da zuccheri di seconda generazione. 

Terranova Instruments: trasmettitori di livello per processi industriali

Dal 1974 lo storico brand Valcom (parte del gruppo Terranova insieme agli altri storici marchi Spriano e Mecrela) progetta, sviluppa e costruisce strumentazione per la misura e il controllo dei processi industriali

Trasmettitori elettronici di pressione, livello, vuoto, Δp e convertitori di segnale che coprono campi di misura da 3 mbar a 1000 bar. Gli strumenti possono essere realizzati completi di separatori di fluido in AISI316, leghe speciali e dorati per applicazioni su fluidi corrosivi.

Per il settore chimico Valcom® offre una gamma completa di trasmettitori uscita 4-20 mA con protocollo di comunicazione Hart® e con elettronica integrata o remota. Specializzata da anni nelle costruzioni “custom”, propone i trasmettitori di pressione differenziale e relativa Smart Hart della serie T7 con custodia in AISI316 e parti bagnate, o solo membrane, con materiali speciali quali Hastelloy C, Titanio, Tantalio, Monel, Duplex, Super Duplex, Teflon e altri a richiesta.

Per la misura di livello Valcom presenta la serie KRG a tecnologia radar. KRG utilizza un impulso di microonde* a 26 GHz verso la superficie del liquido che riflette il segnale al trasmettitore. Il tempo di volo, proporzionale alla distanza tra punto di emissione e superficie del liquido, è elaborato dall’elettronica dello strumento che genera un segnale proporzionale in uscita. Nessuna parte in movimento, nessun contatto con il liquido, perciò offre alta affidabilità e lunga durata. Applicazioni: misura di livello in serbatoi contenenti anche fluidi aggressivi, bacini naturali/artificiali; misura di portata in canali aperti.

La produzione, interamente in Italia, garantisce tempi di consegna rapidi e affidabili sia per le costruzioni standard che per quelle speciali.

L’innovazione digitale al servizio della sostenibilità

innovazione digitale

L’Istat, Istituto italiano di statistica certifica che le imprese che puntano su innovazione digitale e tecnologie, hanno più capacità di reazione rispetto alle altre, una marcia e un vantaggio competitivo in più

Adesso accelerare su produttività, investimenti, ricerca e innovazione sono le principali direttrici per la ripresa

Il presidente dell’Istat, Gian Carlo Blangiardo, ha illustrato alla Camera dei Deputati il Rapporto annuale 2021. La situazione del Paese: 270 pagine fitte di percentuali e numeri, che descrivono il quadro economico, sociale e produttivo del Paese, e anche il suo livello di evoluzione tecnologica e innovazione digitale.

Il primo dato rilevante è che solo il 4% delle imprese “digitalmente mature ha dovuto affrontare un ridimensionamento delle attività, contro quote più che doppie di imprese nelle altre categorie”.

In generale, le imprese con maggiori capacità tecnologiche intendono accelerare (nel 20% dei casi) – nonostante la crisi – i processi interni di digitalizzazione, dematerializzazione della documentazione e automazione dei processi aziendali; puntano a un modello organizzativo 4.0, fortemente digitalizzato; sono attive nella ricerca di collaborazioni e partnership esterne, nel segno della crescita.

Due strategie emergono come particolarmente rilevanti per le imprese nell’immediato futuro: “una ristrutturazione, in termini di riorganizzazione dei processi e degli spazi di lavoro, o commerciali, spesso conseguenza diretta dell’emergenza sanitaria”, rimarca la ventinovesima edizione del Rapporto annuale dell’Istat, insieme a “un ulteriore sforzo di innovazione, indirizzato alla produzione di nuovi beni, all’offerta di nuovi servizi o l’adozione di nuovi processi produttivi”. Insomma, ancora una volta è l’innovazione – di fabbrica, prodotto, processo – il motore da cavalcare e il treno su cui salire per trovare slancio e lasciarsi alle spalle una situazione di crisi.

Tra i principali elementi di forza, per rivolgersi con successo al futuro, ci devono essere “produttività, investimenti, ricerca”, sottolinea Giampaolo Neto, direttore centrale dell’Istat, sottolineando che le imprese più dinamiche e reattive sono quelle che nell’ultimo anno e mezzo, ma anche prima, hanno puntato su “una rapida evoluzione dei processi di digitalizzazione, automazione e diffusione delle attività commerciali online”, vale a dire l’e-commerce.

Il ruolo dell’e-commerce

Proprio l’e-commerce è un elemento che ha avuto una spinta straordinaria per effetto dell’emergenza pandemica.In Italia l’e-commerce, prima della pandemia, era adottato dal 9% delle imprese con almeno 3 addetti, ma questa quota sfiorava il 20% nel caso delle grandi. “L’incremento favorito dalla crisi – anche in questo caso, come per la comunicazione aziendale, più orientato a rendere operativi strumenti esistenti che ad acquisirne di nuovi – è stato nel complesso pari al 43%, omogeneo in tutte le classi di attività”, rileva Andrea De Panizza, uno dei curatori del Rapporto Istat 2021.

Che spiega: “anche considerando le imprese che programmano di attivare siti web di e-commerce nel corso di quest’anno, si conferma il ruolo della componente dimensionale: l’intenzione è espressa da quasi il 30% delle grandi imprese con un sito di e-commerce, contro il 24% delle piccole e medie imprese, e il 16% delle microimprese”.

La digitalizzazione “componente strategica per la competitività e la sostenibilità”

L’analisi di scenario dell’Istat rimarca: le tecnologie digitali “rappresentano una componente strategica per la competitività dei Paesi e per l’evoluzione dei sistemi produttivi verso una maggiore sostenibilità”. E fa notare: “nel 2020 le professioni ICT incidono per il 4,3% sull’occupazione totale nell’Ue27 e solo per il 3,6% in Italia. Nelle imprese con più di 10 addetti più della metà del personale ormai usa quotidianamente computer connessi a Internet, il 56% nell’Ue27 e il 53% in Italia”.

Per portare avanti la propria evoluzione tecnologica, l’Italia ha destinato a progetti di digitalizzazione il 27% dei 235 miliardi di risorse comprese nel proprio Programma Nazionale di Ripresa e Resilienza (222 miliardi) e nei fondi React-Eu (13 miliardi).

L’exploit dei servizi cloud in soli 2 anni

In soli 2 anni, tra il 2018 e il 2020, la quota di imprese italiane che utilizzano servizi cloud è passata dal 23 al 60%, e dall’11 al 32% per quanto riguarda i servizi più evoluti, grazie anche agli incentivi fiscali contenuti nel piano Industria 4.0. Le politiche, e gli obblighi normativi, hanno favorito l’uso delle tecnologie digitali anche nell’automazione degli scambi di documenti attraverso l’emissione di fatture elettroniche: per questo aspetto, nel 2019 le imprese italiane risultavano in vetta alla graduatoria europea (95%).

Il sistema produttivo italiano è invece ancora in ritardo nella diffusione del commercio elettronico e nell’uso di tecniche di analisi di Big data; queste ultime nel 2019 sono state utilizzate dal 9% delle imprese italiane e spagnole con almeno 10 addetti, contro il 18% di quelle tedesche e il 22% di quelle francesi.

Il rimbalzo della manifattura italiana

Tra le imprese manifatturiere con almeno 20 addetti (che nel 2018 spiegavano più dell’80% del fatturato della manifattura e oltre il 90% dell’export), una su due ha subito nel 2020 riduzioni di fatturato pari ad almeno il 10%, mentre una su quattro ha perso almeno il 25%. Solo un quarto delle imprese è riuscito a tenere variazioni positive o nulle, grazie alla capacità di tenuta sui mercati esteri.

Nel corso del 2020 il fatturato della manifattura italiana ha poi anche “evidenziato segnali di ripresa che si sono irrobustiti nel primo trimestre 2021”, certifica l’Istituto di statistica: “tra gennaio e marzo i ricavi complessivi sono cresciuti, su base tendenziale, del 12,6%, a seguito di un deciso aumento della domanda interna (+16%) e di una dinamica più contenuta, ma comunque rilevante, di quella estera (+7%)”.

L’aumento dei ricavi ha interessato 15 settori manifatturieri su 23, “con variazioni tendenziali molto eterogenee: alla brillante performance di mobili (+30%), metallurgia (+29%), apparecchiature elettriche (+27%) e dei mezzi di trasporto (+25%), si contrappone quella più contenuta, o stagnante, della filiera tessile-abbigliamento-pelli (rispettivamente +5%, +0,5% e -1,6%), che nel primo trimestre 2020 aveva subito cadute di fatturato molto forti”. Solo in 9 settori – che incidono per oltre il 40% sull’indice totale – si è (già) tornati ai livelli pre-crisi: legno-carta-stampa, chimica, gomma e plastica, prodotti della lavorazione dei minerali non metalliferi, metallurgia, prodotti in metallo, apparecchiature elettriche, autoveicoli.

Numeri e Dinamiche dell’Economia

Il Pil italiano, dopo la caduta del 2020 (-8,9%) dovuta essenzialmente al crollo della domanda interna, è previsto in rialzo del 4,7% nel 2021. Per l’area euro la Commissione europea prevede che il pieno recupero dell’economia si distribuisca nel biennio 2021-22, con una crescita media del Pil pari, rispettivamente, a 4,3% e 4,4% nei due anni.

Per rendere possibili le misure di contrasto all’emergenza sono stati sospesi i vincoli del Patto di Stabilità e Crescita e il deficit pubblico è salito in Italia al 9,5% del Pil (secondo i vincoli precedenti non doveva superare il 3%).

Nel primo trimestre 2021, l’economia italiana ha segnato un lievissimo recupero congiunturale (+0,1% il Pil), un risultato migliore di quello registrato dalle altre grandi economie europee: si registrano forti miglioramenti nella manifattura, nelle costruzioni e in alcuni comparti del terziario e anche le prospettive di brevissimo periodo sono decisamente positive, in base ai risultati dell’indagine sui climi di fiducia di imprese e consumatori.

Sul fronte dell’inflazione, nel 2020 la dinamica dei prezzi è stata compressa dal crollo della domanda e delle quotazioni delle materie prime: il tasso di inflazione è risultato in media d’anno quasi nullo (-0,1% in termini di indice armonizzato europeo). Nei primi mesi di quest’anno la risalita delle quotazioni del petrolio e il generale recupero dell’attività hanno cominciato ad alimentare alcune spinte sui prezzi, che nel nostro Paese restano più moderate che nel resto dell’area euro. A giugno l’inflazione al consumo in Italia è stata pari a 1,3%, 6 decimi di punto in meno rispetto all’eurozona.

Prospettive di ripresa

La crisi ha investito anche il mercato del lavoro: il calo dell’occupazione ha riguardato all’inizio principalmente i dipendenti a termine e gli indipendenti, poi anche i lavoratori a tempo indeterminato. A maggio 2021 gli occupati risultano in diminuzione di 735 mila unità rispetto a prima dell’emergenza.

Le difficoltà causate dalla crisi sanitaria hanno pesato anche sull’attività negoziale dei contratti di lavoro: nel corso del 2020 sono stati rinnovati solo 8 contratti collettivi nazionali a fronte dei 49 scaduti (che corrispondono all’80% del monte retributivo totale). Ne è risultata una crescita delle retribuzioni contrattuali orarie dello 0,6%, in rallentamento rispetto all’anno precedente.

Crollo e ripresa della produzione industriale (rispetto al 2015)

La crisi “ha avuto anche un forte impatto sulla normale gestione operativa delle imprese, sulla regolarità dei flussi di cassa, sulla disponibilità di liquidità e, di conseguenza, sulle modalità di finanziamento sul mercato del credito”, rileva il rapporto Istat: “con le misure per sostenere la gestione finanziaria e la liquidità delle imprese sono cresciuti molto i prestiti bancari garantiti a scapito delle altre modalità, come autofinanziamento, linee di credito ed emissioni azionarie”.

Ma ora il peggio sembra passato, anche se è ancora presto per tirare conclusioni definitive. Si vede comunque la luce in fondo al tunnel: le prospettive di brevissimo periodo sono decisamente positive, in particolare, gli indici del clima di fiducia delle imprese, già in risalita nei primi mesi dell’anno, hanno registrato a maggio e ancora di più a giugno un miglioramento molto veloce, salendo a livelli particolarmente alti, soprattutto per le costruzioni e l’industria. Le più recenti previsioni Istat stimano per il 2021 una robusta ripresa dell’attività, dei consumi e degli investimenti, spinti anche dall’avvio del PNRR: la crescita del Pil dovrebbe essere del 4,7% e proseguire, con un ritmo di poco inferiore, l’anno prossimo.