Dal 1974 lo storico brand Valcom (parte del gruppo Terranova insieme agli altri storici marchi Spriano e Mecrela) progetta, sviluppa e costruisce strumentazione per la misura e il controllo dei processi industriali
Trasmettitori elettronici di pressione, livello, vuoto, Δp e convertitori di segnale che coprono campi di misura da 3 mbar a 1000 bar. Gli strumenti possono essere realizzati completi di separatori di fluido in AISI316, leghe speciali e dorati per applicazioni su fluidi corrosivi.
Per
il settore chimico Valcom® offre una gamma completa di trasmettitori uscita
4-20 mA con protocollo di comunicazione Hart® e con elettronica integrata o
remota. Specializzata da anni nelle costruzioni “custom”, propone i trasmettitori
di pressione differenziale e relativa Smart Hart della serie T7 con custodia in
AISI316 e parti bagnate, o solo membrane, con materiali speciali quali
Hastelloy C, Titanio, Tantalio, Monel, Duplex, Super Duplex, Teflon e altri a
richiesta.
Per
la misura di livello Valcom presenta la serie KRG a tecnologia radar. KRG
utilizza un impulso di microonde* a 26 GHz verso la superficie del liquido che
riflette il segnale al trasmettitore. Il tempo di volo, proporzionale alla
distanza tra punto di emissione e superficie del liquido, è elaborato
dall’elettronica dello strumento che genera un segnale proporzionale in uscita.
Nessuna parte in movimento, nessun contatto con il liquido, perciò offre alta
affidabilità e lunga durata. Applicazioni: misura di livello in serbatoi
contenenti anche fluidi aggressivi, bacini naturali/artificiali; misura di
portata in canali aperti.
La
produzione, interamente in Italia, garantisce tempi di consegna rapidi e
affidabili sia per le costruzioni standard che per quelle speciali.
L’Istat, Istituto italiano di statistica certifica che le imprese che puntano su innovazione digitale e tecnologie, hanno più capacità di reazione rispetto alle altre, una marcia e un vantaggio competitivo in più
Adesso accelerare su produttività, investimenti, ricerca e innovazione sono le principali direttrici per la ripresa
Il presidente dell’Istat, Gian Carlo Blangiardo, ha illustrato alla Camera dei Deputati il Rapporto annuale 2021. La situazione del Paese: 270 pagine fitte di percentuali e numeri, che descrivono il quadro economico, sociale e produttivo del Paese, e anche il suo livello di evoluzione tecnologica e innovazione digitale.
Il primo dato rilevante è che solo il 4% delle imprese
“digitalmente mature ha dovuto affrontare un ridimensionamento delle attività,
contro quote più che doppie di imprese nelle altre categorie”.
In generale, le imprese con maggiori capacità tecnologiche intendono
accelerare (nel 20% dei casi) – nonostante la crisi – i processi interni di
digitalizzazione, dematerializzazione della documentazione e automazione dei
processi aziendali; puntano a un modello organizzativo 4.0, fortemente
digitalizzato; sono attive nella ricerca di collaborazioni e partnership
esterne, nel segno della crescita.
Due strategie emergono come particolarmente rilevanti per le imprese
nell’immediato futuro: “una ristrutturazione, in termini di riorganizzazione
dei processi e degli spazi di lavoro, o commerciali, spesso conseguenza diretta
dell’emergenza sanitaria”, rimarca la ventinovesima edizione del Rapporto
annuale dell’Istat, insieme a “un ulteriore sforzo di innovazione, indirizzato
alla produzione di nuovi beni, all’offerta di nuovi servizi o l’adozione di
nuovi processi produttivi”. Insomma, ancora una volta è l’innovazione – di
fabbrica, prodotto, processo – il motore da cavalcare e il treno su cui salire per
trovare slancio e lasciarsi alle spalle una situazione di crisi.
Tra i
principali elementi di forza, per
rivolgersi con successo al futuro, ci devono essere “produttività,
investimenti, ricerca”, sottolinea Giampaolo Neto,
direttore centrale dell’Istat, sottolineando che le imprese più dinamiche e
reattive sono quelle che nell’ultimo anno e mezzo, ma anche prima, hanno
puntato su “una rapida evoluzione dei processi di digitalizzazione, automazione
e diffusione delle attività commerciali online”, vale a dire l’e-commerce.
Il ruolo dell’e-commerce
Proprio l’e-commerce è un elemento che ha avuto una spinta straordinaria per effetto dell’emergenza pandemica.In Italia l’e-commerce, prima della pandemia, era adottato dal 9% delle imprese con almeno 3 addetti, ma questa quota sfiorava il 20% nel caso delle grandi. “L’incremento favorito dalla crisi – anche in questo caso, come per la comunicazione aziendale, più orientato a rendere operativi strumenti esistenti che ad acquisirne di nuovi – è stato nel complesso pari al 43%, omogeneo in tutte le classi di attività”, rileva Andrea De Panizza, uno dei curatori del Rapporto Istat 2021.
Che
spiega: “anche considerando le imprese che programmano di attivare siti web di
e-commerce nel corso di quest’anno, si conferma il ruolo della componente
dimensionale: l’intenzione è espressa da quasi il 30% delle grandi imprese con
un sito di e-commerce, contro il 24% delle piccole e medie imprese, e il 16%
delle microimprese”.
La digitalizzazione “componente strategica per la competitività e la sostenibilità”
L’analisi di scenario dell’Istat rimarca: le tecnologie digitali “rappresentano
una componente strategica per la competitività dei Paesi e per l’evoluzione dei
sistemi produttivi verso una maggiore sostenibilità”. E fa notare: “nel 2020 le
professioni ICT incidono per il 4,3% sull’occupazione totale nell’Ue27 e solo
per il 3,6% in Italia. Nelle imprese con più di 10 addetti più della metà del
personale ormai usa quotidianamente computer connessi a Internet, il 56% nell’Ue27
e il 53% in Italia”.
Per portare avanti la propria evoluzione
tecnologica, l’Italia ha destinato a progetti di digitalizzazione il
27% dei 235 miliardi di risorse comprese nel proprio Programma Nazionale di
Ripresa e Resilienza (222 miliardi) e nei fondi React-Eu (13 miliardi).
L’exploit dei servizi cloud in soli 2 anni
In soli 2 anni, tra il 2018 e il 2020, la quota di imprese italiane che utilizzano servizi cloud è passata dal 23 al 60%, e dall’11 al 32% per quanto riguarda i servizi più evoluti, grazie anche agli incentivi fiscali contenuti nel piano Industria 4.0. Le politiche, e gli obblighi normativi, hanno favorito l’uso delle tecnologie digitali anche nell’automazione degli scambi di documenti attraverso l’emissione di fatture elettroniche: per questo aspetto, nel 2019 le imprese italiane risultavano in vetta alla graduatoria europea (95%).
Il sistema produttivo italiano è invece ancora in
ritardo nella diffusione del commercio elettronico e nell’uso di tecniche
di analisi di Big data; queste ultime nel 2019 sono state utilizzate dal 9% delle
imprese italiane e spagnole con almeno 10 addetti, contro il 18% di quelle
tedesche e il 22% di quelle francesi.
Il rimbalzo della manifattura italiana
Tra le imprese manifatturiere con almeno 20 addetti
(che nel 2018 spiegavano più dell’80% del fatturato della manifattura e oltre
il 90% dell’export), una su due ha subito nel 2020 riduzioni di fatturato pari
ad almeno il 10%, mentre una su quattro ha perso almeno il 25%. Solo un quarto
delle imprese è riuscito a tenere variazioni positive o nulle, grazie alla
capacità di tenuta sui mercati esteri.
Nel corso del 2020 il fatturato della manifattura italiana ha
poi anche “evidenziato segnali di ripresa che si sono irrobustiti nel primo
trimestre 2021”, certifica l’Istituto di statistica: “tra gennaio e marzo i
ricavi complessivi sono cresciuti, su base tendenziale, del 12,6%, a seguito di
un deciso aumento della domanda interna (+16%) e di una dinamica più contenuta,
ma comunque rilevante, di quella estera (+7%)”.
L’aumento dei ricavi ha interessato 15 settori manifatturieri su 23, “con variazioni
tendenziali molto eterogenee: alla brillante performance di mobili (+30%),
metallurgia (+29%), apparecchiature elettriche (+27%) e dei mezzi di trasporto
(+25%), si contrappone quella più contenuta, o stagnante, della filiera
tessile-abbigliamento-pelli (rispettivamente +5%, +0,5% e -1,6%), che nel primo
trimestre 2020 aveva subito cadute di fatturato molto forti”. Solo in 9 settori –
che incidono per oltre il 40% sull’indice totale – si è (già) tornati ai
livelli pre-crisi: legno-carta-stampa, chimica, gomma e plastica, prodotti della
lavorazione dei minerali non metalliferi, metallurgia, prodotti in metallo,
apparecchiature elettriche, autoveicoli.
Numeri e Dinamiche dell’Economia
Il Pil italiano, dopo la caduta del 2020 (-8,9%) dovuta essenzialmente al
crollo della domanda interna, è previsto in rialzo del 4,7% nel 2021. Per
l’area euro la Commissione europea prevede che il pieno recupero
dell’economia si distribuisca nel biennio 2021-22, con una
crescita media del Pil pari, rispettivamente, a 4,3% e 4,4% nei due anni.
Per rendere possibili le misure di contrasto
all’emergenza sono stati sospesi i vincoli del Patto di Stabilità e Crescita e
il deficit pubblico è salito in Italia al 9,5% del Pil (secondo i vincoli
precedenti non doveva superare il 3%).
Nel primo trimestre 2021, l’economia italiana ha
segnato un lievissimo recupero congiunturale (+0,1% il Pil), un risultato
migliore di quello registrato dalle altre grandi economie europee: si
registrano forti miglioramenti nella manifattura, nelle
costruzioni e in alcuni comparti del terziario e anche le prospettive di
brevissimo periodo sono decisamente positive, in base ai risultati
dell’indagine sui climi di fiducia di imprese e consumatori.
Sul
fronte dell’inflazione, nel 2020 la dinamica dei prezzi è
stata compressa dal crollo della domanda e delle quotazioni delle materie
prime: il tasso di inflazione è risultato in media d’anno quasi nullo (-0,1% in
termini di indice armonizzato europeo). Nei primi mesi di quest’anno la
risalita delle quotazioni del petrolio e il generale recupero dell’attività
hanno cominciato ad alimentare alcune spinte sui prezzi, che nel nostro Paese
restano più moderate che nel resto dell’area euro. A giugno l’inflazione al
consumo in Italia è stata pari a 1,3%, 6 decimi di punto in meno rispetto
all’eurozona.
Prospettive di ripresa
La crisi ha investito anche il mercato del lavoro:
il calo dell’occupazione ha riguardato all’inizio principalmente i dipendenti a
termine e gli indipendenti, poi anche i lavoratori a tempo indeterminato. A maggio
2021 gli occupati risultano in diminuzione di 735 mila unità rispetto a prima
dell’emergenza.
Le difficoltà causate dalla crisi sanitaria hanno pesato anche
sull’attività negoziale dei contratti di lavoro:
nel corso del 2020 sono stati rinnovati solo 8 contratti collettivi nazionali a
fronte dei 49 scaduti (che corrispondono all’80% del monte retributivo totale).
Ne è risultata una crescita delle retribuzioni contrattuali orarie dello 0,6%,
in rallentamento rispetto all’anno precedente.
Crollo e ripresa della produzione industriale
(rispetto al 2015)
La crisi “ha avuto anche un forte impatto sulla normale gestione operativa delle imprese, sulla regolarità dei
flussi di cassa, sulla disponibilità di liquidità e, di conseguenza, sulle
modalità di finanziamento sul mercato del credito”, rileva il rapporto Istat:
“con le misure per sostenere la gestione finanziaria e la liquidità delle
imprese sono cresciuti molto i prestiti bancari garantiti a scapito delle altre
modalità, come autofinanziamento, linee di credito ed emissioni azionarie”.
Ma ora il peggio sembra passato, anche se è ancora presto per tirare
conclusioni definitive. Si vede comunque la luce in fondo al tunnel: le prospettive di brevissimo periodo sono decisamente positive,
in particolare, gli indici del clima di fiducia delle
imprese, già in risalita nei primi mesi dell’anno, hanno registrato
a maggio e ancora di più a giugno un miglioramento molto veloce, salendo a
livelli particolarmente alti, soprattutto per le costruzioni e l’industria. Le
più recenti previsioni Istat stimano per il 2021 una robusta ripresa
dell’attività, dei consumi e degli investimenti, spinti anche dall’avvio
del PNRR: la crescita del Pil dovrebbe essere del 4,7% e proseguire, con un ritmo
di poco inferiore, l’anno prossimo.
Secondo i dati di Corepla – il Consorzio nazionale per la raccolta, il riciclo e il recupero degli imballaggi in plastica – la differenziata degli imballaggi in plastica è cresciuta anche nel 2020, pieno esempio di economia circolare
A fronte di 1.914.000 tonnellate di imballaggi in plastica immesse sul mercato (di pertinenza Corepla) nel 2020, il sistema in totale è riuscito a recuperarne 1.820.270, che corrisponde al 95%; “un dato che porta l’Italia sul podio dei paesi europei più virtuosi” nell’economia circolare.
Lo scorso anno sono state riciclate 655.393 tonnellate di imballaggi in plastica
Alle cifre della gestione del Consorzio, bisogna aggiungere gli imballaggi
in plastica riciclati da operatori industriali indipendenti provenienti dalle
attività commerciali e industriali pari a 249.500 tonnellate, per un riciclo
complessivo di oltre 900mila tonnellate.
Si tratta – viene spiegato – di un anno in cui “i risultati sono più
omogenei tra le regioni”. E anche di “un nuovo record in termini di quantità
trattata”, che fa registrare all’Italia “una media di 23,7 chilogrammi
pro-capite all’anno”.
A guidare la classifica Valle d’Aosta, Umbria e Sardegna, con oltre 32 kg
per abitante. In evidenza il fatto che i risultati della raccolta delle singole
regioni si stanno, tra l’altro, sempre più avvicinando al dato medio nazionale,
“superando gli enormi divari che fino a tre anni fa caratterizzavano la
situazione italiana”.
Il servizio di raccolta e riciclo è “ormai capillare in tutto il Paese:
sono 7.436 i Comuni serviti (94%) con il coinvolgimento del 97% dei cittadini.
Il valore economico direttamente distribuito dal Consorzio ammonta
complessivamente a 771 milioni. Nel 2020 il corrispettivo riconosciuto ai
Comuni italiani o ai loro operatori delegati ha raggiunto 391 milioni. Quasi
173 milioni sono stati destinati agli impianti che selezionano gli imballaggi”.
Sono stati recuperati poi anche quegli imballaggi che ancora non possono
essere riciclati; Corepla ha avviato a recupero energetico 377.807 tonnellate
che sono state utilizzate per produrre energia al posto di combustibili fossili
(per il 75% a cementifici, il 43% in Italia e il 32% all’estero, e per il
restante 25% a termovalorizzazione).
Un impatto del Covid si registra anche qui. La riduzione dei consumi di
materie plastiche nel 2020 è stata infatti “nel complesso relativamente
contenuta” per via della “consistente crescita del settore medicale e di quello
della disinfezione e detergenza”, e del “deciso rilancio dell’alimentare
confezionato”.
Nasce la bio-piattaforma
dall’inceneritore di Sesto San Giovanni a Milano
“I risultati di questo bilancio – osserva Giorgio Quagliuolo, presidente di Corepla – dimostrano i passi
avanti che il nostro Paese ha compiuto nell’ambito della organizzazione di un
sistema di raccolta e riciclo degli imballaggi in plastica. Siamo convinti che
negli anni a venire, anche in funzione dei nuovi piani di rilancio e resilienza
e di una politica economica più improntata ai principi della transizione
ecologica, sapremo offrire risposte adeguate agli ambiziosi target”.
Il Ministro della Transizione ecologica
Roberto Cingolani ha incontrato l’inviato per il clima degli Stati Uniti, John
Kerry. Molti i temi sul tavolo delle due delegazioni: i negoziati della Cop26 e
gli eventi italiani, la Youth4climate e la pre-Cop, il G20 clima e energia, il piano internazionale e gli impegni nei contesti
multilaterali, il Piano nazionale di ripresa e resilienza italiano, e le misure
dedicate alla de-carbonizzazione.
“Abbiamo avuto l’onore di avere con noi Kerry – osserva Cingolani – con il
nuovo corso degli Usa per la difesa dell’ambiente. Abbiamo parlato di scenari
visionari, ma anche del presente e degli impegni che ci aspettano nei prossimi
mesi in relazione a G20, Cop26. Abbiamo un’agenda molto fitta e questo credo
fermamente sia l’inizio di una collaborazione poderosa tra l’Italia, l’Europa e
gli Stati Uniti”.
Il confronto – viene spiegato – era stato “fortemente auspicato” da Kerry
che sin dall’inizio del suo mandato ha voluto avere relazioni con i Paesi più
attivi sul fronte dell’azione climatica, a partire dall’Italia. La sua
“missione” si inquadra all’interno di una “campagna che l’inviato speciale sta
portando avanti in tutto il mondo a favore dell’azione climatica”.
Un incontro con Cingolani che per Kerry è “stato molto costruttivo: tutte e
due ci troviamo d’accordo sull’urgenza di muoversi rapidamente da qui fino agli
incontri di Glasgow a novembre, portando i Paesi al tavolo delle trattative per
cercare di fare di più”.
“Quella che stiamo affrontando – rileva Kerry – è una crisi planetaria e
bisogna fare presto. Vogliamo che i cittadini, sia in Italia, che in Europa,
come negli Stati Uniti, comprendano che questa non è una scelta tra prosperità
e un’economia che funziona o meno, ma è un’opportunità enorme; e i ministri,
come quello della Transizione ecologica, hanno il compito di ‘trasportare’ il
Paese verso un futuro nuovo, migliore e più sicuro, con più posti di lavoro”.
E’ in questo modo – dice l’ex vicepresidente Usa – che “possiamo allontanare il
rischio di un disastro climatico. Quindi siamo fiduciosi, insieme riusciremo a
portare avanti un’opera di persuasione dei nostri colleghi in tutto il mondo;
ci saranno numerose occasioni a Glasgow per intraprendere un percorso e
mantenere l’innalzamento della temperatura terrestre entro gli 1,5 gradi”.
L’obiettivo comune che ci poniamo è di “mantenere entro 1,5 gradi”
l’aumento medio delle temperature globali. Questo significa che “ogni Stato
dovrà fare la sua parte e continuare a ridurre le emissioni in atmosfera” nel
corso di “questa decade”; infatti – afferma Kerry – “non è abbastanza dire che
lo faranno entro il 2050”.
Sia Kerry che Cingolani credono che serva “una strategia a tutto campo e
non una soluzione singola” per “risolvere questa crisi; è un approccio multiplo
che include diverse risorse come carburanti, fonti energetiche e in particolare
richiede di negoziare con l’industria pesante, una componente molto complicata
ma estremamente importante”.